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Bergamo Film Meeting: proiezioni per oltre 150 lungometraggi, documentari e corti

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Il Bergamo Film Meeting si appresta ad accendere la 36ª edizione che si svolgerà dal 10 al 18 marzo.

L’inaugurazione, come avviene per i più importanti festival, si apre venerdì 9 marzo alle 18.30 a Palazzo della Ragione, in Città Alta, con la mostra personale di quel genio di Jonas Mekas. Alle 21 poi, in Basilica di Santa Maria Maggiore, sarà proiettato “L’ultima risata” (1924, 90’) di Friedrich Wilhelm Murnau, accompagnato dal vivo con l’organo dal Maestro Gerardo Chimini.

Si apre così la kermesse che in 9 giorni di proiezioni conta più di 150 film tra lungometraggi, documentari e corti. Con 2 anteprime, 2 mostre e 3 workshop, 2 incontri a Brescia, 2 incontri a Milano e 1 a Verona. Tre i masterclass, un fantamaratona, due pubblicazioni, nove strisce quotidiane a fumetti, quattro live painting, e poi ancora eventi speciali, percorsi di visione per le scuole e i giovanissimi oltre a moltissime altre iniziative.

Presenze ad oggi confermate: Barbara Albert, Lorenzo Ambrosino, Simone Bachini, Stig Björkman, Stéphane Brizé, Špela Čadež, Caroline Courtin, Anna Eborn, Vincenzo Filosa, Marine Francen, Thomas Fürhapter, Jan Erik Holst, Anna Jadowska, Daniel Kokotajlo, Sebastian Mekas, Lotte Mik-Meyer, Vittoria Moretta, Mabel Morri, Pavel Nový, Diego Pascal Panarello, Adrian Sitaru, Fabio Tonetto, Liv Ullmann, Mattia Venturi, Egle Vertelyte, Eliza Zdru.

Non chiediamo la luna
Anche vivere tranquilli non fa parte del nostro DNA. Immaginate un festival che, un mese prima dell’inizio, si trova costretto a raccogliere le sue cose – materiali di archivio, faldoni, armadi, scrivanie, scaffalature ecc. – e andare altrove, senza telefoni, internet, ma soprattutto senza quella tranquillità e concentrazione necessarie per portare a Bergamo più di 150 film, editare due volumi, organizzare una macchina alla quale lavorano, in questo periodo, una trentina di persone. C’è di che disperarsi e perdere la testa.

Eppure è successo: Bergamo Film Meeting ha dovuto lasciare la sede di via Pignolo dopo nove anni, senza avere un posto dove andare. Il provvidenziale intervento della Provincia di Bergamo ci ha dato, per il momento – ma speriamo che si possa trovare un accordo per una permanenza più lunga –, una sede provvisoria, ma non nascondiamo che il disagio è stato grande. Senza scoraggiarci, come è nostro costume, abbiamo costruito anche questa edizione. Resta il fatto che non riusciamo a capire perché una manifestazione di così grande importanza a livello nazionale e internazionale si trovi in questa situazione a dir poco disagiata: confessiamo una certa amarezza, ma nutriamo la speranza che ci sia da parte di qualche istituzione o ente la sensibilità verso un’attività che tanto prestigio ha dato e sta dando alla città di Bergamo.

Ci sono anche le buone notizie, però e fortunatamente. Il Comune di Bergamo ha da poco deliberato il testo di una convenzione che prevede un sostegno a Bergamo Film Meeting per un periodo di tre anni. È la prima volta che questo avviene e ci riempie di grande soddisfazione. Una decisione di questo genere è importante per più motivi: dà una continuità al festival e all’associazione che lo organizza ed è un riconoscimento importante perché vuol dire che l’istituzione crede nel lavoro culturale che stiamo facendo.

Inoltre, è un buon viatico che può valere anche nei confronti di altri enti pubblici e privati come esempio o comunque come dimostrazione che il festival è adottato dalla città. In pratica, per noi è un investimento in credibilità che può venire utile in future strategie di ampliamento delle proposte e di generale incremento delle nostre iniziative.
Ma veniamo all’edizione di quest’anno, ricca di proposte e di ospiti, come sempre attenta alle tendenze che caratterizzano la produzione cinematografica europea. Cominciamo dalle due proposte “contemporanee”: 7 film nella sezione Mostra Concorso e 15 film nella sezione Visti da Vicino, tutte opere inedite in Italia.

Entrambe le sezioni sono competitive con premi in denaro che vanno alla produzione e che costituiscono un incentivo per future realizzazioni e per la promozione del cinema di qualità. Il premio per il miglior film del Concorso è sovvenzionato da UBI Banca, mentre quello dei Visti da Vicino è sostenuto dalla CGIL Bergamo. I premi sono assegnati dal pubblico tramite schede di votazione – che non richiedono penne o matite, ma un semplice strappo in corrispondenza del numero/giudizio scelto – distribuite prima della proiezione (e delle rispettive repliche) e ritirate al termine della stessa. L’impegno di CGIL Bergamo quest’anno raddoppia e oltre al premio attribuito dalla giuria popolare, sempre per la sezione Visti da Vicino, assegnerà un premio al miglior documentario che affronta le tematiche del mondo del lavoro, scelto da una giuria composta dai propri delegati sindacali.

La retrospettiva di quest’anno è dedicata a una figura cardine del cinema contemporaneo, attrice, regista, scrittrice: Liv Ullmann è la protagonista di Bergamo Film Meeting 2018. Lanciata da Ingmar Bergman nel 1964 con il film Persona, ma già con una intensa carriera di attrice teatrale e cinematografica, Liv Ullmann lavora con il maestro svedese in altri nove film e con diversi altri registi, tra cui Jan Troell, Anthony Harvey, Richard Attenborough, Mario Monicelli, Mauro Bolognini, Sven Nykvist.

In lei Bergman trova l’interprete ideale per raccontare il sottosuolo della psiche umana, l’universo dei sentimenti e delle passioni. Ullmann offre il suo volto, il suo sguardo, la sua fisicità, dando corpo a personaggi forti e indimenticabili, entro una delle esperienze artistiche e cinematografiche più significative della modernità. Ma l’attrice norvegese, che sarà a Bergamo durante la seconda parte del festival, è anche scrittrice – due libri pubblicati, Cambiare e Scelte, tradotti anche in italiano, dove racconta di sé e delle sue vicende professionali – e soprattutto regista.
Cinque lungometraggi diretti, dove fa tesoro della lezione bergmaniana e però rivela una sapienza registica rara, nonché grandi capacità nel dirigere gli attori. Sono storie di donne, di coraggio, di libertà: due sono tratte da sceneggiature di Bergman che Ullmann adatta alla sua sensibilità, gli altri traggono origine da testi di importanti scrittori nordici.
Anche quest’anno la sezione Europe Now! – un’indagine su questo continente malconcio e agitato da lacerazioni sempre più drammatiche – presenta tre autori tra i più rappresentativi della produzione europea degli ultimi anni. Barbara Albert è figura di rilievo della cinematografia austriaca; sceneggiatrice e produttrice, oltre che regista, si rivela autrice particolarmente attenta alla generazione cresciuta alla fine dei due blocchi, alle tensioni delle periferie e alle disillusioni che pervadono le generazioni più giovani.

Il francese Stéphane Brizé si è rivelato sulla scena internazionale con due film, La lois du marché (La legge del mercato, 2015) e Une vie (Una vita, 2016), distribuiti anche in Italia: i temi del suo cinema sono quelli del lavoro, della disoccupazione, le relazioni di potere all’interno dei rapporti famigliari. Chiude la fila il rumeno Adrian Sitaru, che racconta il suo paese, i conflitti che lo attraversano, con sguardo sempre lucido e disincantato. Non si tira indietro neppure di fronte a temi difficili come l’incesto e la prostituzione giovanile, ma sempre consapevole della complessità del mondo di oggi e della necessità di osservarne, senza paura, le profonde contraddizioni.

In occasione dei cinquant’anni anni della Primavera di Praga, la sezione intitolata I ribelli del ’68. La nuova onda del cinema cecoslovacco propone 7 film realizzati tra il 1965 e il 1970 da autori che hanno fatto la storia del cinema ceco come Jiří Menzel, Jaromil Jireš, Juraj Herz, Ján Kádár e Elmar Klos, tra i più significativi rappresentanti di una corrente cinematografica cresciuta in opposizione alla politica di regime e desiderosa di vivere quell’onda di libertà che all’epoca toccò diverse espressioni artistiche.

Il focus sull’animazione è dedicato a Špela Čadež, animatrice, regista e produttrice slovena, alla quale il Festival dedica la personale completa, pluripremiata e riconosciuta dai più importanti festival internazionali, dal Sundance a Clermont Ferrand, che predilige la tecnica della puppet animation.

Con Incontri: Cinema e arte contemporanea si consolida la collaborazione con The Blank Contemporary Art.
Quest’anno ospitiamo un protagonista indiscusso della scena internazionale: Jonas Mekas (Lituania, 1922), poeta, artista e regista, fondatore del New American Cinema Group e creatore dell’Anthology Film Archive. A lui è dedicata la mostra Jonas Mekas – Personale che si tiene nei rinnovati spazi del Palazzo della Ragione in Bergamo Alta, messi a disposizione dal Comune di Bergamo.

E per finire ci sono le proposte in collaborazione con Bergamo Jazz e la sonorizzazione dal vivo in Auditorium del divertentissimo film di Lubitsch Die Austernprinzessin (La principessa delle ostriche, 1919); con GAMeCinema, intersecando la rassegna di cinema cecoslovacco; con l’Accademia Carrara di Bergamo, incrociando la mostra dedicata a Raffaello nella proiezione del provocatorio Sebastiane (1976) di Derek Jarman e Paul Humfress; con la Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti per la finestra The Best of CILECT Prize. E poi, ancora: l’ormai tradizionale appuntamento con la Fantamaratona, le proposte di Kino Club per il pubblico dei giovanissimi, con il sostegno di UniAcque, la presentazione dei due cortometraggi vincitori del Premio Giulio Questi 2017, gli immancabili classici e il nuovo Progetto International Media Mixer proposto da Lab 80 film – Archivio Cinescatti in collaborazione con Chicago Film Archives.

Inoltre, grazie alla collaborazione con la Fondazione MIA – Congregazione Misericordia Maggiore Bergamo, il tradizionale appuntamento del venerdì che precede l’apertura ufficiale si tiene nella Basilica di Santa Maria Maggiore, sempre a Bergamo Alta, dove, per la prima volta viene presentato un film musicato dal vivo con l’organo: il titolo è Der letzte Mann (L’ultima risata, 1924), uno dei capolavori di Friedrich Wilhelm Murnau.
Ci teniamo a segnalare l’accordo siglato con Lab 80 film per la distribuzione di due film di Adrian Sitaru, Ilegitim (Illegittimo, 2016) e Fixeur (id., 2016) che dopo il festival usciranno nelle sale di tutto il territorio nazionale: si tratta di una prima operazione che speriamo si possa ripetere anche in futuro e che risponde perfettamente all’esigenza di Bergamo Film Meeting di porsi come soggetto attivo nella diffusione del cinema di qualità.

Per concludere, ricordiamo che l’attività dell’Associazione è continua per tutto l’anno con diverse iniziative che sarebbe troppo lungo elencare e, come facciamo ogni volta che se ne presenta l’occasione, rinnoviamo l’invito alla campagna Support BFM, rivolta a chiunque volesse dare il suo contributo affinché l’Associazione possa rafforzare la sua struttura e favorire l’offerta di «un altro anno di grande cinema», in compagnia del pubblico, che ci aspettiamo sempre più ampio e fedele.
Chiudiamo questa introduzione con un arrivederci per il prossimo anno nella speranza di avere finalmente trovato una casa, dove ricostruire un ambiente di lavoro stabile, dove appendere dei quadri, dove poterci sentire rispettati, dove potersi sedere a una scrivania e accogliere gli ospiti, senza l’ingombro di scatoloni che non osiamo svuotare per non doverli riempire di nuovo e richiuderli tra qualche mese. Non chiediamo la luna. Vorremmo presto poter brindare esclamando: lunga vita a Bergamo Film Meeting! Possibilmente non in strada.

MOSTRA CONCORSO
Come sempre riservata ai nuovi autori, la competizione internazionale presenta 7 lungometraggi, inediti in Italia, che si caratterizzano per l’originalità linguistica e narrativa con cui affrontano i temi della contemporaneità. I lungometraggi selezionati concorrono al Premio Bergamo Film Meeting, assegnato ai tre migliori film della sezione sulla base delle preferenze espresse dal pubblico.

Al film vincitore andrà il Premio Bergamo Film Meeting – Ubi Banca del valore di 5.000 euro, istituito come sostegno rivolto alle produzioni che investono nei giovani autori, nel cinema indipendente e di qualità.

Mobile Homes
di Vladimir de Fontenay, Canada, Francia 2017, 105’ – opera seconda AIT
Nelle città dimenticate lungo il confine americano Ali, una giovane madre, si sposta da un motel all’altro con il suo bambino di otto anni e il fidanzato buono a nulla. Una famiglia improvvisata che vive alla giornata, tra piccoli espedienti e illegalità: le cene “mangia e scappa”, i combattimenti clandestini dei galli, fino a usare il bambino per spacciare stupefacenti in squallidi locali. Insieme sognano un futuro stabile e una casa vera, ma vivono pericolosamente. Fino al giorno in cui una comunità di case mobili sembra offrire ad Ali una possibile alternativa. Ma lei, ancora una volta, dovrà scegliere tra il suo desiderio di libertà e la responsabilità dell’essere madre.

Le semeur/The Sower
di Marine Francen, Francia, Belgio 2017, 98’ – opera prima AIT
1852, Basse Alpi francesi. Un villaggio viene crudelmente deprivato di tutti gli uomini a causa della repressione che segue la rivolta repubblicana contro Luigi Napoleone Bonaparte. Violette e le altre donne cercano di resistere facendo un patto: se verrà un uomo, sarà di tutte. Dall’opera L’homme semence di Violette Ailhaud, un film perturbante che gioca con la sessualità e il desiderio. Un eccellente cast al femminile e tonalità pittoriche alla Renoir danno corpo agli aridi paesaggi delle Cévennes. Solida padronanza tecnica e grande sensibilità artistica per l’opera prima di Marine Francen, già assistente di Haneke e Assayas.

Dzikie róże/Wild Roses
di Anna Jadowska, Polonia 2017, 89’ AIT
Dopo essere stata ricoverata, Ewa torna a casa dai suoi bambini. Suo marito Andrzej lavora all’estero, ma al rientro viene a sapere, dalle voci che circolano, della relazione tra la moglie e un ragazzo poco più che adolescente. Lei, però, nasconde un segreto ancora più grande. L’intimo conflitto morale di una donna, madre e moglie, all’interno di una piccola comunità conservatrice e il peso insopportabile del senso di colpa. Un film di solida fattura, dallo stile asciutto, perfettamente a fuoco, con un finale teso ed emozionante. Quinto lungometraggio per Anna Jadowska. Formidabile l’interpretazione di Marta Nieradkiewicz (Ewa).

Apostasy
di Daniel Kokotajlo, Gran Bretagna 2017, 96’ – opera prima AIT
Alex e Luisa con la madre Ivanna sono devote testimoni di Geova. Alex segue le orme della madre ed è disposta a ogni sacrificio; Luisa inizia a mettere in discussione i principi di fede e viene allontanata dalla congregazione. Ad attenderle, una prova straziante. Notevole opera prima: un’intensa riflessione sulla complessa natura della fede, della famiglia, del dovere e dell’amore raccontata da chi, quel mondo, l’ha davvero conosciuto (Kokotajlo è un ex testimone di Geova). Un film potente, immediato, profondamente autentico, che dolorosamente scava nell’anima. Rigoroso e dogmatico. Con Siobhan Finneran (Downton Abbey, Happy Valley, The Selfish Giant).

Bába z ledu/Ice Mother
di Bohdan Sláma, Repubblica Ceca, Slovacchia, Francia 2017, 105’ AIT
Rimasta vedova, Hana vive sola nella grande casa dove una volta alla settimana le fanno visita i due figli con le loro famiglie, di cui lei si prende amorevolmente cura. Un giorno salva dalle acque ghiacciate del fiume Broňa, un attempato nuotatore un po’ stravagante e la sua vita prende un’inaspettata piega romantica. Una commedia impeccabile che è anche un commovente ritratto delle complicazioni che possono sorgere all’interno di una famiglia, quando non si riesce a comunicare in modo franco. Bohdan Sláma (Una cosa chiamata felicità, 2005), al suo quinto lungometraggio, si conferma uno dei migliori talenti del cinema ceco contemporaneo.

Iscelitel/Secret Ingredient
di Gjorce Stavreski, Macedonia, Grecia 2017, 104’ – opera prima AIT
Skopje, Macedonia. Con l’economia in recessione e lo stipendio in ritardo di mesi, Vele lotta ogni giorno per poter comprare le medicine al padre malato di cancro. Quando casualmente trova un pacchetto di marijuana, lo ruba per fare una torta sperando di alleviargli i dolori. La voce sui poteri miracolosi del “guaritore” si diffonde, con imprevedibili conseguenze. Una commedia godibilissima, ricca di azione e umorismo dal sapore balcanico, che sottotraccia parla di tensioni familiari irrisolte, dei pericoli della superstizione e del potere terapeutico dell’amore. Un ruolo, quello di Vele (irresistibile loser dal cuore tenero), che piacerebbe a Mastandrea.

Stebuklas/Miracle
di Eglė Vertelytė, Lituania, Bulgaria, Polonia 2017, 91’ – opera prima AIT
È il 1992 e la Lituania vive il passaggio dal comunismo al capitalismo. La piccola fattoria di maiali gestita da Irena versa in gravi difficoltà quando un affascinante americano di origini lituane, Bernardas, arriva promettendo di salvare l’impresa. Le sue intenzioni, però, potrebbero non essere del tutto innocenti. Un film a cui stanno a cuore i temi dell’appartenenza e dell’identità, con un bello scarto sul determinismo. Una commedia un po’ svitata e melanconica con attori perfettamente in parte e dall’aria familiare, anche se Egle non è Kati Outinen (musa di Kaurismäki) e Bernardas non è Donald Trump.
AIT: Anteprima Italiana.

VISTI DA VICINO
Quindici film documentari nei quali lo sguardo curioso e attento del regista si addentra senza remore nel vivo della realtà, dimostrandosi capace di cogliere e sintetizzare il visibile e l’invisibile, di raccontare un tema, un luogo, un personaggio “da vicino”, con intensità e partecipazione. Sono produzioni indipendenti provenienti dal panorama internazionale, tutte inedite in Italia. Due i premi previsti: il Premio Miglior Documentario CGIL Bergamo – Sezione Visti da Vicino, del valore di 2.000 euro, sarà assegnato in base alle preferenze espresse dal pubblico, come riconoscimento alle produzioni cinematografiche indipendenti; e il Premio della Giuria CGIL, del valore di 1.000 euro, riservato al film che meglio affronta i temi legati al mondo del lavoro, verrà attribuito dai delegati sindacali di CGIL Bergamo al regista del miglior documentario in concorso.

Leçon de foi/A Lesson in Faith
di Chloé Andries, Aline Capelle, Francia, Belgio 2017, 67’ AIT
Duecento bambini sono gli allievi di un collegio cattolico nel Nord della Francia. «Ho trascorso la mia infanzia lì in collegio. Vent’anni dopo torno a esplorare una serie di paradossi e sollevo alcune domande sull’educazione religiosa, la libertà, l’amore e la paura».

Sans bruit, les figurants du desert/Noiseless, Desert Extras
di Collectif MML (Michał Mądracki, Maciej Mądracki, Gilles Lepore), Polonia, Francia 2017, 64’ AIT
Alle porte del deserto, nel Sud del Marocco, c’è la piccola città di Ouarzazate, dove il cinema e la cultura del luogo condividono una storia comune da più di un secolo. Le comparse che recitano nei film realizzati nel deserto ora hanno una voce e parlano a nome della propria personalità.

Lida
di Anna Eborn, Svezia, Danimarca 2017, 89’ AIT
Lida ha ottantun’anni e vive in una colonia svedese nell’Ucraina dell’Est. Mentre lei e la sorella minore Maria erano in un campo di lavoro in Siberia negli anni ’50, Lida diede alla luce suo figlio Arvid. Un film che parla del ciclo del tempo e di una comunità con un linguaggio unico che sta scomparendo.

Die dritte Option/The Third Option
di Thomas Fürhapter, Francia, Svizzera 2017, 80’ AIT
Chi decide cosa è normale? In questo complesso film-saggio, Thomas Fürhapter approfondisce questa domanda. «Mi sembra che il punto centrale sia che la disabilità è considerata una deviazione negativa dal concetto di norma, un attributo, una narrativa creata in modo sconnesso».

Cheer Up
di Christy Garland, Finlandia, Canada 2016, 76’ AIT
Miia, l’ambiziosa allenatrice della peggior squadra di cheerleader della Finlandia, è stanca di perdere; Aino e Patricia devono affrontare le dolorose battaglie delle loro vite di adolescenti. Per loro scoprire chi sono, qual è il loro posto nel mondo e cosa significhi “famiglia” è più importante di qualunque trofeo.

En præsident vender tilbage – Efter kuppet i Madagaskar/Return of a President: After the Coup in Madagascar
di Lotte Mik-Meyer, Danimarca, Francia, Madagascar, Sud Africa, Botswana 2017, 79’ AIT
La regista danese Lotte Mik-Meyer documenta la battaglia del Presidente Ravalomanana per la democrazia in Madagascar nel corso di cinque anni, con un accesso privilegiato al gioco del potere diplomatico (e a Ravalomanana stesso).

Mzis Qalaqi/City of the Sun
di Rati Oneli, Georgia, Paesi Bassi, Qatar, USA 2017, 104’ AIT
Le vite, i sogni e i destini di personaggi straordinari si dispiegano tra le rovine di una città mineraria semiabbandonata. «City of the Sun è una testimonianza degli estremi umani: il nostro desiderio di un’architettura monumentale e di una distruzione radicale».

The Strange Sound of Happiness
di Diego Pascal Panarello, Italia, Germania 2017, 89’ AIT
Dopo vent’anni Diego, un musicista fallito, torna in Sicilia. In sogno ha la visione di un “marranzano”. Inizia così un viaggio di redenzione, dalle coste della Sicilia alle pianure ghiacciate della Yakutia in Siberia, dove lo scacciapensieri è uno strumento spirituale e un simbolo nazionale.

Retour à Forbach/Back to Forbach
di Sauder Régis, Francia 2017, 78’ AIT
Dopo trent’anni, il regista torna a Forbach, sua città natale, per capire le ragioni del successo del Front National da quelle parti. Interpellando i coetanei che sono rimasti a Forbach, si interroga sulla sua fuga e su come ciascuno riesca a trovare un posto in cui resistere e creare.

Moi drug Boris Nemtsov/My Friend Boris Nemtsov
di Zosya Rodkevich, Estonia 2016, 70’ AIT
Un intimo ritratto del leader dell’opposizione russa Boris Nemtsov, assassinato nei pressi del Cremlino nel febbraio 2015. Questa è la storia di un incarico giornalistico trasformatosi in una autentica amicizia.

Almost Heaven
di Carol Salter, Gran Bretagna 2017, 72’ AIT
Lontana da casa e terrorizzata dai fantasmi, la diciassettenne Ying Ling sta imparando a diventare un’addetta mortuaria di una delle più grandi aziende di pompe funebri della Cina. Un ritratto tenero e pieno di vita di una vivace giovane donna che si affaccia sul mondo degli adulti.

Lindy Lou, Juror Number 2
di Florent Vassault, Francia 2016, 85’ AIT
Lindy Lou inizia un viaggio attraverso il Mississipi alla ricerca degli altri undici giurati con cui aveva condannato a morte un uomo, vent’anni prima. Lindy, una donna del Sud conservatrice e religiosa, affronta questo argomento, spesso politicizzato, con umorismo, mente aperta e sincera curiosità.

Las distancias/The Distances
di Nemanja Vojinović, Serbia 2017, 72’ AIT
La storia di Indira, un’immigrata cubana in America: un viaggio della speranza alla ricerca di una vita migliore. Ma anche le conseguenze che la sua emigrazione implica per la sua famiglia.

The Last Fight
di Victor Vroegindeweij, Paesi Bassi 2017, 76’ AIT
Marloes Coenen, una delle migliori combattenti del mondo di Mixed Martial Arts (MMA), dà tutta se stessa, ancora una volta, per vincere il suo ultimo combattimento. Anche se deve pagare il prezzo più alto…

Frații Manakia – Jurnalul unei lungi priviri înapoi/The Manakia Brothers: Diary of a Long Look Back
di Eliza Zdru, Romania 2017, 90’ AIT
Alla scoperta delle origini di una vecchia fotografia, attraverso un lungo percorso on the road nei Balcani. Il viaggio finisce per diventare un’introspezione sulle prime immagini della regione firmate da due famosi fotografia rumeni, Milton e Ianaki Manakia.
AIT: Anteprima Italiana

EUROPE, NOW!
Sostenuto anche nel 2018 dall’Unione Europea grazie al sottoprogramma MEDIA di Europa Creativa, il Festival riserva uno sguardo particolare al cinema del nostro continente anche attraverso la sezione Europe, Now!, che propone le personali complete di tre registi emergenti: l’austriaca Barbara Albert, il francese Stéphane Brizé e il rumeno Adrian Sitaru.

Barbara Albert
Figura di rilievo del nuovo cinema austriaco, sia come regista che come sceneggiatrice e produttrice, Barbara Albert è autrice che nelle sue opere incarna la problematicità del tempo presente, osservato con profonda attenzione per lo smarrimento della gioventù europea cresciuta alla fine dei due blocchi.
Nata a Vienna nel 1970, la regista appartiene a una generazione che ha dato linfa e personalità alla cinematografia austriaca, rendendola finalmente capace di esprimere una visione problematica e alternativa al retaggio della società piccolo-borghese prosperata nel dopoguerra. Dopo gli studi alla Vienna Film Academy, Barbara Albert si fa notare nei festival internazionali con una serie di cortometraggi e soprattutto con il mediometraggio Somewhere Else, girato a Sarajevo nel 1996, in cui, attraverso il ritratto di quattro giovani donne sopravvissute alla guerra, già dimostra la sua spiccata capacità di esprimere il contrasto tra Storia e Umanità che si incarna nel destino est europeo. Dopo aver firmato nel 1998 assieme a Micheal Grimm e Reinhard Jud Slidin’ – Alles Bunt und Wunderbar, una trilogia a episodi dedicata alla vita notturna della gioventù viennese, Barbara Albert esordisce nel lungometraggio con Nordrand (1999), in cui, sullo sfondo di un quartiere
popolare della periferia viennese, compone il ritratto di una generazione deprivata di aspettative.

Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia (dove procura a Nina Proll il Premio Mastroianni per l’attrice emergente), il film impone la regista sulla scena internazionale e la spinge su un cammino di ulteriore consapevolezza generazionale, che si concretizza nella decisione di fondare assieme a Jessica Hausner, Antonin Svoboda e Martin Gschlacht la Coop99, una società di produzione che ancora oggi resta un punto di riferimento per il migliore giovane cinema dell’Europa centrale.

La sua costante attenzione per l’intreccio di destini e responsabilità condivisi da personaggi sospesi tra leggerezza esistenziale e annichilimento sociale prende forma nella sua opera seconda, Böse Zellen (Free Radicals, 2003), con la quale va in Concorso a Locarno, mentre nel 2006 torna in Concorso a Venezia con Fallen (Falling), sguardo al femminile su attese tradite e speranze residue, scritto sulla pelle di cinque amiche che si ritrovano immancabilmente cambiate dopo anni di lontananza.
La stessa attenzione per il destino dell’Europa orientale come scenario delle contraddizioni storiche e attuali del continente, che l’ha portata a produrre due film della regista bosniaca Jasmila Zbanic (Il segreto di Esma, Orso d’Oro a Berlino 2006, e Il sentiero, 2010), la spingono a realizzare nel 2012 Die Lebenden, in cui una giovane austriaca di origini rumene che vive a Berlino scopre il passato nazista del nonno. Ancora un personaggio femminile sospeso sulla complessa elaborazione della propria identità è al centro del suo primo film in costume, Mademoiselle Paradis (2017), ritratto di una pianista e compositrice cieca vissuta in Austria alla fine del Settecento.

La regista sarà ospite del Festival dal 15 al 17 marzo.
Barbara Albert giovedì 15, alle ore 19.00 incontrerà il pubblico del Festival presso il BFM Bookshop (Piazza della Libertà). Venerdì 16, alle 14.30 terrà una masterclass a Brescia presso la Laba – Libera Accademia di Belle Arti (via Don Giacomo Vender, 66), mentre alle 21.00, sempre a Brescia, presenterà il film Mademoiselle Paradis al Cinema Nuovo Eden (via Nino Bixio, 9).

I FILM
Nachtschwalben/Nightjars
Austria 1993, 7’
Due ragazze, in discoteca, danno libero sfogo alla loro rabbia. Nessuno le ferma.

Die Frucht deines Leibes/The Fruit of Thy Womb
Austria 1996, 27’
Natasha, una bambina di sette anni, si è creata un mondo tutto suo, influenzato dalle sue impressioni sulla sessualità e sulla religione. È un universo di immagini e simboli, principalmente cattolici, popolato da mostri spaventosi e bambini devoti che volano.

Somewhere Else
Austria 1997, 60’
Quattro giovani di Sarajevo tra i diciannove e i ventisette anni, sopravvissuti alla guerra, raccontano le loro esperienze: essere “somewhere else” è il desiderio di molti. Il film di Barbara Albert sa stupire, andando oltre le immagini riportate dai media.

Sonnenflecken/Sunspots
Austria 1998, 25’
Due giovani donne e una bambina. Cosa si aspettano dalla vita? «Tra duecento anni le persone vivranno su Marte, o forse no». Tutto è possibile, perso com’è nello spazio… Si può ancora sperare in un colpo di fortuna? Sogni, aspettative, lavoro, frustrazione e musica, che permette di ballare al di sopra di tutto.

Tagada [ep. di Slidin’ – Alles Bunt und Wunderbar]
Austria 1998, 30’
La vita notturna a Vienna in tre diversi episodi. Al centro di Tagada c’è l’amicizia tra due ragazze. Barbara Albert sa abilmente orchestrare, con notevole introspezione psicologica, ogni cambiamento di tono nell’esperienza delle due giovani, dalla spensieratezza alla malinconica vacuità.

Nordrand/Nordrand – Borgo Nord
Austria, Germania, Svizzera 1999, 103’
1995. I percorsi di Jasmin, Tamara, Senad, Roman e Valentin si incrociano in un quartiere periferico di Vienna. Tra lavoro, relazioni, gravidanze indesiderate ed esperienze rimosse durante la guerra nella ex Jugoslavia, Nordrand racconta semplicemente, senza aggiungere alcun giudizio morale, le speranze e le delusioni di cinque giovani in cerca di un baricentro e di un futuro migliore.

Zur Lage: Österreich in sechs Kapiteln/State of the Nation: Austria in 6 Chapters
di Barbara Albert, Michael Glawogger, Ulrich Seidl, Michael Sturminger, Austria 2002, 85’
Alle elezioni austriache del 1999, l’estrema destra di Jörg Haider fa il pieno di voti e diventa il terzo partito. Incuriositi e allarmati, quattro cineasti conducono un’indagine sullo stato sociale e culturale del Paese. Barbara Albert si concentra sull’universo femminile: otto donne di diversa estrazione raccontano la loro vita, i problemi e le paure, le loro idee politiche, il lavoro, la maternità.

Böse Zellen/Free Radicals
Austria, Germania, Svizzera 2003, 120’
Un aereo precipita. Manu è fra i pochi sopravvissuti. Sei anni dopo la donna, sposata e con una figlia, muore in un incidente. Rimangono il marito, la figlia, i parenti e gli amici e l’intrecciarsi delle loro vite secondo schemi vecchi e nuovi, influenzati da scelte deliberate o cause accidentali. Una rete di relazioni dove la presenza di Manu continua ad aleggiare.

Fallen/Falling
Austria, Germania 2006, 88’
Dopo quattordici anni, cinque amiche si ritrovano al funerale di un loro vecchio professore. È l’occasione per parlare del passato e di ciò che sono diventate, dei sogni naufragati e delle speranze lasciate cadere. In una notte trascorsa insieme, tra sbronze e litigi, si riaprono vecchie ferite e riaffiorano le gelosie di un tempo, ma riemerge anche la vecchia amicizia.

Mars [ep. di Visions of Europe]
Austria 2004, 5’23” (durata complessiva 140’)
Venticinque “visioni” per altrettanti registi, sulla vita attuale e futura del melting pot culturale europeo. Nell’episodio di Barbara Albert, Mars, si intrecciano le storie di Iris, una dattilografa che lavora all’ufficio immigrazione, e un ragazzo africano che sta sostenendo il colloquio per il permesso di soggiorno.

Die Lebenden/The Dead and the Living
Austria, Polonia, Germania 2012, 100’
La giovane Sita, di origine rumena-austriaca, un giorno trova una vecchia foto che ritrae suo nonno in uniforme delle SS. A dispetto dell’opposizione di suo padre, decide di indagare. «Ho preferito prendere in considerazione una serie di domande: dove risiede oggi la nostra responsabilità? Dove inizia il disprezzo per l’umanità? Dove conduce? Chi sono i colpevoli oggi e chi le vittime?» (Barbara Albert).

Mademoiselle Paradis
Austria, Germania 2017, 97’
Nella Vienna settecentesca la giovane cieca Maria Theresia Paradis, detta Resi, è conosciuta per la sua prodigiosa abilità al pianoforte. Un giorno, viene affidata al controverso guaritore Franz Anton Mesmer. Nuovo viaggio di Barbara Albert nella psicologia femminile, qui specchio deformato della società dell’epoca, tra il mondo artificiale della corte e quello sporco della povertà.

Stéphane Brizé
Interprete di un realismo crudo e viscerale, Stéphane Brizé, nato a Rennes nel 1966, debutta nel lungometraggio nel 1999 con Les Bleu des villes, co-sceneggiato assieme a Florence Vignon, sua collaboratrice abituale. Prima ci sono stati due cortometraggi – Bleu dommage (1993) e L’oeil qui traîne (1996) – e un importante apprendistato tra televisione e teatro. Da quest’ultimo, probabilmente, derivano al suo cinema due caratteristiche fondamentali come la centralità dell’attore e la precisione della scrittura, associate fin dai primi film a una messa in scena che sfugge qualsiasi effetto e lavora intensivamente sul tempo, alternando – nel solco di una tradizione molto francese che va da Pialat a Garrel – la dilatazione della scena all’ellissi profonda. A rivelarlo al grande pubblico internazionale sono in particolare gli ultimi due film, La loi du marché (La legge del mercato, 2015) e Une vie (Una vita, 2016), che, per quanto diversi tra di loro – il primo racconta di un uomo in cerca di lavoro nella Parigi di oggi, il secondo è un adattamento del romanzo eponimo di Guy de Maupassant, ambientato in Normandia all’inizio dell’Ottocento – confermano la costante attenzione (molto più che una semplice “curiosità antropologica”) per le storie degli umili. E, al tempo stesso, per le dinamiche sociali, siano esse quelle interne alla famiglia (come per esempio in Quelques heure de printemps, 2012), alle relazioni di coppia (Entre adultes, 2006, quasi uno “studio” sui rapporti sentimentali tra uomo e donna) o al mondo del lavoro. Dinamiche che Brizé analizza soprattutto in quanto “logiche di potere”, nelle quali l’essere umano vive una condizione perennemente conflittuale, in tensione tra diritti e doveri, obblighi e libertà, adeguamento al ruolo e desiderio di sconfinamento.

Il regista sarà ospite del Festival sabato 10 e domenica 11 marzo.
Stéphane Brizé sabato 10, alle ore 19.00 incontrerà il pubblico del Festival presso il BFM Bookshop (Piazza della Libertà).

I FILM
Bleu dommage
Francia 1993, 12′
Un’auto parcheggiata sul ciglio della strada fra i boschi. Una vigilessa inflessibile. Finale a sorpresa. Il cortometraggio d’esordio di Brizé (anche protagonista), ironico, imprevedibile, ghignante, spiazzante.

L’oeeil qui traîne
Francia 1996, 33′
Il ventottenne Didier non sa che fare della propria vita. L’incontro casuale con la sua ex forse gli ridà la serenità. O forse no. È il secondo cortometraggio di Brizé, co-sceneggiato da Florence Vignon (anche attrice), e contiene già molti tratti caratteristici del suo cinema successivo.

Le bleu des villes/Hometown Blue
Francia 1999, 101’
L’incontro con un’amica d’infanzia è per Solange motivo di riflessione: potrà tornare ai suoi ormai abbandonati sogni di diventare cantante? Co-sceneggiato con Florence Vignon (anche protagonista), il primo lungometraggio di Brizé su un’umanità data troppo presto per scontata.

Je ne suis pas là pour être aimé/Not Here to Be Loved
Francia 2005, 93′
Il cinquantenne Jean-Claude è un ufficiale giudiziario rigido e triste: l’incontro con Françoise a un corso di tango forse gli ridona la voglia di sorridere. Un mélo trattenuto e pudico, di seconde possibilità e imposizioni ingrate, interpretato da un cast in stato di grazia.

Entre adultes
Francia 2006, 80′
“Quadri” di coppie più o meno scoppiate, fra coniugi e amanti. Prodotto da Claude Lelouch, il ritratto di un mondo dove i sentimenti – in perfetto stile lelouchiano – la fanno da padroni, una ronde di uomini e donne in balia del loro cuore e della vita stessa.

Mademoiselle Chambon
Francia 2009, 101′
Il muratore Jean, sposato con Anne-Marie, s’innamora ricambiato di Véronique, la maestra del figlio. Due interpreti superlativi, Vincent Lindon e Sandrine Kiberlain, per un melodramma senza sbavature, dove i sentimenti sono più forti di qualunque ragione.

Quelques heures de printemps/A Few Hours of Spring
Francia 2012, 108’
Dopo il carcere, il quarantottenne Alain torna a vivere con la madre, vedova e malata ormai terminale. Ma la loro convivenza non è serena. I magnifici Vincent Lindon e Hélène Vincent (ma c’è anche Emmanuelle Seigner) in un dramma intimista, duro e commovente.

La loi du marché/La legge del mercato
Francia 2015, 93′
Il cinquantunenne Thierry cerca lavoro. Ha una moglie e un figlio disabile che lo amano. Riuscirà a superare umiliazioni e difficoltà? Vincent Lindon ha vinto a Cannes quale miglior attore, per un tour de force sulla dignità umana di intensità quasi insostenibile.

Une vie/Una vita
Francia, Belgio 2016, 119′
Agli inizi del XIX secolo, in Normandia, una ragazza di buona famiglia sposa un visconte egoista e fedifrago. Che le rovinerà la vita. Dal romanzo omonimo di Guy de Maupassant, uno straordinario mélo filmato in 1.33:1, claustrofobico e inevitabile come il destino.

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