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Alla Gamec mostra in omaggio a Umberto Carrara

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A pochi giorni dall’inaugurazione della mostra dedicata ad Attilio Nani all’ex ateneo di Città Alta, la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo rende omaggio a un altro scultore bergamasco del Novecento: Umberto (Pipi) Carrara (1925-2008).

Dall’8 aprile al 15 maggio, infatti, lo Spazio ParolaImmagine del museo ospita la mostra Pipi Carrara. Sperimentazioni sulla forma – a cura di Maria Cristina Rodeschini e Attilio Pizzigoni – che presenta una selezione della vasta produzione dell’artista, con lavori che coprono un arco temporale dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Duemila.
L’inaugurazione si terrà venerdì 7 aprile alle 18.

Pipi Carrara – chiamato così in famiglia fin da piccolo per distinguerlo dal padre Umberto – condivide con altri scultori bergamaschi l’aver appreso l’arte del modellatore dall’esperienza, acquisita fin da ragazzino nella bottega del padre, che a sua volta aveva continuato e ampliato l’attività di marmista del nonno.

Come sostiene Attilio Pizzigoni nel suo testo in catalogo: “L’abilità di modellatore, il virtuosismo esecutivo, sono stati il suo drammatico limite e, ad un tempo, la sua luminosa grandezza: la consapevolezza di una manualità plastica eccezionale, incapace di trovare al di fuori di sé ogni possibilità di confronto. Ed è stata proprio questa eccezionalità che ha accompagnato Carrara su un sentiero di solitudine, che lo ha condotto a cercare sempre più isolato in se stesso
i modi di una meditazione personale, indifferente ad ogni confronto con le tendenze intellettualistiche della modernità”.
Artista “schivo e riservato”, come lo definisce Mario Botta, Carrara non ama, infatti, che le sue opere vengano esposte al pubblico; rarissime sono le sue apparizioni in mostre personali o collettive, con i giovani artisti del “Gruppo Bergamo”.
Ma egli è un artista energico, instancabile, votato al lavoro. Come conferma Maria Cristina Rodeschini: “Negli scritti di chi si è occupato dello scultore, anche per averlo conosciuto, ricorrono le parole solitudine, silenzio, isolamento, pazienza, termini che potrebbero suggerire una sensazione di sostanziale tristezza, contraddetta invece dalla vitalità
di un operare inarrestabile, che non ha conosciuto soste, perseguito con determinazione nella ciclicità della pratica quotidiana”.
Alla fine degli anni Quaranta frequenta l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo e diventa allievo di Achille Funi, apprendendo il valore dei classici ma avvicinandosi alle ricerche e alle opere della cultura figurativa novecentesca e a quella delle avanguardie storiche, che gli permetteranno di esaltare le proprietà della materia.
Tratto distintivo dell’artista è la continua ricerca di un equilibrio fra le parti, ravvisabile nel dialogo tra pieni e vuoti che dà origine a forme sinuose, geometriche.

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