Le grandi personalità restano sempre tali, andando ben oltre il confine della vita terrena. Nell’ambito calcistico, il caso di Giacinto Facchetti è uno dei più simbolici di sempre, essendo l’ex capitano nerazzurro uno degli uomini più emblematici della società di via Durini da giocatore prima e da dirigente poi.
Nativo di Treviglio, città della provincia di Bergamo, il ‘Facco’, così come lo chiamavano i suoi compagni di squadra, passò alla storia come uno dei più grandi capitani di sempre non solo dell’Inter ma anche della nazionale italiana. La sua carriera calcistica, nella quale come squadra di club ci fu solamente l’Inter, parla per lui in modo chiaro e preciso, nel merito di una storia stupenda di un ragazzo venuto dal basso che ha trionfato lavorando, come riporta il sito Storie di Calcio.
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Una veloce ascesa
Il suo esordio con la maglia dell’Inter a soli 19 anni sotto la guida di Helenio Herrera non fu dei migliori, ma lo stesso allenatore sudamericano notò in lui qualcosa di diverso e decise di puntare molto su quel ragazzo alto e dal passo svelto. Inizialmente attaccante, per via delle sua abilità col piede sinistro e del suo sviluppato senso tattico, Facchetti venne spostato nel ruolo di terzino sinistro dove avrebbe fatto la storia dell’Inter e della nazionale. L’intuizione fu proprio di Herrera, che cercava in lui un laterale sinistro capace di allungare la falcata in qualsiasi momento e creare, quindi, una superiorità numerica in attacco nel momento in cui c’era più bisogno. La mossa fu talmente astuta e riuscita che da quel momento il Facco non abbandonò più quella posizione. L’ex capitano nerazzurro si impose come campione europeo all’età di 26 anni. Non a caso, da come si evince dall’infografica di Betway sulle personalità vincenti dello sport, l’età media dei grandi vincenti va dai 21 ai 30 anni e un altro dato che li accomuna è che molti sono nati sotto il segno del cancro, proprio come Facchetti.
Proprio quest’anno il Facco è stato inserito France Football nella lista dei top 100 di tutta la storia. Stiamo parlando soprattutto di un difensore capace di andare in gol ben 59 volte con la maglia dell’Inter. Una sua doppietta alla Juventus qualche anno dopo certificò le sue abilità realizzative, sebbene alla lunga furono sfruttate le sue qualità fisiche in difesa come colpitore di testa e anche come fondista abile a galoppare sull’out sinistro e a interpretare molto bene sia la fase difensiva sia quella offensiva.
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In azzurro
Il Facco fu da subito uno dei più interessanti prospetti del calcio italiano e in nazionale divenne immediatamente un elemento fisso nell’undici iniziale. Nonostante avesse vissuto la triste esperienza del mondiale del 1966, quando l’Italia perse incredibilmente contro la Corea del Nord, Facchetti partecipò non solo a una finale degli europei nel 1968 ma anche a una dei mondiali. La vittoria nel 1968 in Italia fu particolare: nella semifinale di Napoli contro l’Unione Sovietica in quel di Napoli l0 0 a 0 finale impose il lancio della monetina. All’epoca, infatti, non erano previsti i rigori e i capitani di ogni squadra erano i designati a giocarsi tutto solo con la sorte. In quell’occasione, però, i suoi compagni di squadra erano in buone mani. Come ha riconosciuto tempo dopo Sandro Mazzola, Facchetti era molto fortunato ai giochi di carte: “Appena abbiamo visto che andava verso il centro del campo eravamo sicuro che saremmo andati in finale” confessa l’ex numero 8 dell’Inter, che con Facchetti ha condiviso lo spogliatoio sia in nerazzurro sia in nazionale. Fu Facchetti ad alzare al cielo l’unico Europeo oggi conquistato dall’Italia il 10 giugno 1968 a Roma dopo che il pareggio per 1 a 1 di due giorni prima aveva imposto di rigiocare il match. Il 2 a 0 finale con gol di Riva e Anastasi restò nella storia. Due anni dopo Facchetti fu anche protagonista di un mondiale in azzurro indimenticabile, dove al suo fianco giocavano vari fenomeni come Domenghini, Riva, Rivera, Mazzola, Albertosi, Cera e Boninsegna. Dopo un’incredibile semifinale vinta 4 a 3 contro la Germania, gli azzurri cedettero di schianto in finale contro il Brasile perdendo 4 a 1. L’onore era però salvo, e capitan Facchetti fu all’altezza della circostanza.
Da sempre grande uomo di calcio, fu sempre amato da tutti, interisti e non. L’archetipo del terzino sinistro di matrice italiana resterà per sempre nella storia.
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