L'intervento

Don Milani, l’uso cosciente della parola come strumento di libertà e fraternità

Barbiana resta la metafora di come è possibile partendo dai margini aprire la strada alla piena cittadinanza attraverso l’uso indignato, critico, dialogante e cosciente della parola , perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo ancora oggi ci insegna don Lorenzo Milani

Il mio approccio all’insegnamento e alla testimonianza cristiana di don Milani risale agli anni ’70 del secolo scorso quando ebbi la fortuna di conoscere e frequentare Maresco Ballini  uno dei primi amici di Don Lorenzo che era allora assieme a Meraviglia uno dei dirigenti nazionali del sindacato dei lavoratori tessili della Cisl in cui militavo come operaio della Reggiani tessile.

La figura di questo prete mi affascinò e assieme ad altri miei  amici e compaesani decidemmo di dedicarli il nostro Circolo Acli di Scanzorosciate.

Don Milani, con Simon Weil, Dorothy Day, Mounier hanno avuto una grande influenza sul mio pensiero e sul mio essere sindacalista. Sicuramente non sono stato all’altezza del loro insegnamento e della loro testimonianza, ma hanno sempre rappresentato delle luci che rischiaravano il mio cammino. 

C’è in Don Milani un una visione che mi ha profondamente conquistato e che secondo il mio modesto parere vale anche per il nostro oggi ed è l’uso cosciente della parola.

Nei tempi che attraversiamo l’uso cosciente della parola ha un grande valore soprattutto se consideriamo come oggi le parole sono stravolte, mal utilizzate e colte volte servono per discriminare e trasformare in nemico chi ha parole e pensieri diversi. Il dire con sincerità senza pretese di verità che aiuti a svelare la mistificazione del cosiddetto “politicamente corretto” e a renderci liberi nella ricerca della verità e nell’uso consapevole del linguaggio e del rivolgerci ad altri. È l’unico modo che può permetterci e aiutarci a discernere tra i tanti e spesso confusi messaggi che ci piovono addosso e di dare espressione alle istanze profonde del nostro cuore e della nostra mente. L’uso della parola, del discutere, del confrontarsi del dialogare e dell’avanzare con onestà e sincerità pensieri critici, può turbare ma si inserisce in un processo di liberazione personale e sociale che tende alla piena umanizzazione e alla ricerca dell’uguaglianza.

Il concetto di uguaglianza non può più essere racchiuso, come abbiamo fatto troppe volte nella militanza sindacale, solo sui paradigmi economicisti o giuridici ma deve assumere una dimensione più trascendentale a partire dalla condivisione della comune umanità. Molte volte abbiamo pensato che dovevamo avere una attenzione verso l’altro, ma questa distinzione tende comunque a farci percepire l’altro come un essere distinto mentre dobbiamo riconoscerci in ciò che che ci rende uguali la fraternità e le attese di giustizia che molti attendono. Di quella piena umanizzazione che rivendichiamo per ogni persona su questa terra, accanto al pane, alla casa, al lavoro, alla famiglia, fa parte anche il possesso della parola come “strumento di libertà e di fraternità”, ma anche la capacità di comprendere con pienezza i margini senza ambire al centro.

Barbiana è stato un luogo marginale, buono al più  per l’esilio, ma ‘l’aver accettato, come fece don Lorenzo di vivere fino in fondo  in questa marginalità cogliendone i bisogni di chi l’abitava ne ha mutato il ruolo e ci ha dimostrato che le vere rivoluzioni non sono quelle che conquistano il  “palazzo d’inverno” che per trasformare la realtà sociale e pretendendo di creare l’uomo nuovo, ma che le trasformazioni sociali, politiche e culturali si realizzano se la vita e il come vivono  le donne e gli uomini sono il nostro punto di riferimento e se con umiltà si cerca di incarnarsi nella realtà, soprattutto quando le vite sono  collocate ai margini.  per avviare percorsi di consapevolezza di liberazione umana. Il valore della quotidianità ci aiuta a tenere i piedi per terra e a orientarci.

Ho imparato a guardare a Barbiana non come un luogo dei doverosi pellegrinaggi, ma  come una metafora in grado di collocarci nel reale di oggi. 

Molte volte penso che per capire il futuro che ci aspetta dobbiamo affinare lo sguardo sulle condizioni di vita delle persone migranti, cogliere le loro pene e le loro speranze che oggi vediamo frustrate da chi li riduce a semplice questione numerica (sappiamo che i numeri non soffrono), e che pertanto sono troppi e che vanno marginalizzati , un modo per affermare, direttamente e con i comportamenti , presunte superiorità

Barbiana resta la metafora di come è possibile partendo dai margini aprire la strada alla piena cittadinanza attraverso l’uso indignato, critico, dialogante e cosciente della parola , perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo ancora oggi ci insegna don Lorenzo Milani.

*Savino Pezzotta, bergamasco, sindacalista e politico italiano, è stato segretario nazionale della Cisl.

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