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Il concerto

What a Night fotogallery

La band è al completo, otto belve assetate di sangue. Si fanno chiamare Druso Vampires e nessuno di loro ha intenzione di scendere dal palco senza aver mietuto il giusto numero di vittime

Giovedì sera 1° giugno. Domani è la festa della Repubblica, ergo, patrioti o meno, oggi tutti fuori a fare tardi.
La sala è piena, il brusio è forte, la musica in sottofondo sfuma, parte il tema dei Guerrieri della notte, pulsazione di basso, batteria tastiere e chitarre.
Entra la band e comincia a funkeggiare su un groove in mi maggiore settima.
Sono in sette sul palco. Sguardi di intesa tra loro e apparente indifferenza verso il pubblico.

Il pedale in mi prosegue per un paio di minuti, finché un altro suono s’intromette. Ma non arriva dal palco, viene da fuori, in fondo alla sala. Un rombo di motore. Una moto cromatissima si fa strada in mezzo al pubblico. In sella, un centauro muscoloso, tatuato e imperturbabile. Dietro di lui una strana figura coi capelli corti e gli occhiali. Sembra un impiegato che fa gli straordinari al sabato.

Qualcuno è disorientato, interviene il buttafuori a far segno di spostarsi, perché la moto non si fermerà se non a bordo palco.
Il ciclista frena, l’occhialuto scende, accende una sigaretta e con calma sale sul palco facendo zig zag tra i musicisti. Poi si avvicina al microfono e canta Sex & Drugs & Rock & Roll di Ian Dury.
Dal secondo pezzo in poi, la delicatissima Tin Man degli America, il microfono passa definitivamente nelle possenti mani del vero mattatore della serata: David Drusin, classe 1973. Un metro e novanta di carisma, stile e magnetismo.

Un incrocio tra Brian Ferry e Jim Morrison. E quella voce da crooner che passa con disinvoltura dalla carezza alla manata in faccia.
A questo punto, la band è al completo, otto belve assetate di sangue. Si fanno chiamare Druso Vampires e nessuno di loro ha intenzione di scendere dal palco senza aver mietuto il giusto numero di vittime.

Ecco perché non si tratta della solita cover band, bensì di una vera e propria all star band in cui tutti possono fare tutto, ma nessuno fa nulla senza un cenno del boss.
E siccome ogni boss che si rispetti ha il suo uomo di fiducia che fa le sue veci e tiene in riga la truppa, qui il ruolo del “clonemeister” è superbamente svolto dal bassista (Zappa la sapeva lunga), il quale si conferma non solo un musicista strabiliante, ma pure un ottimo bandleader.

Inutile dilungarsi sul repertorio della band e sugli highlights del concerto, è sufficiente ricordare che la band non è nata per scherzo, ma per celebrare nel modo più adeguato il migliore locale di live music (e non solo) dell’attuale panorama orobico (e non solo).

La speranza è che questi Vampiri riappaiano presto – si vocifera di una data ad Acapulco – perché, a quanto pare, agli appassionati di musica piace tanto farsi morsicare.

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