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L'intervista

“Elogio alla normalità”, il nuovo libro di monsignor Giulio Dellavite che aiuta a riscoprire il divino nella vita di tutti i giorni

Il segretario generale della Diocesi di Bergamo, giornalista e scrittore, racconta della sua ultima opera letteraria divisa tra grandi interrogativi, un abbecedario particolare e spaccati di vita quotidiana

Bergamo. Quando la normalità diventa una ricchezza. O meglio, quando la normalità diventa l’eccezione, tanto da cercarla e inseguirla. Sembra un paradosso, ma è così. Ed è quanto racconta monsignor Giulio Dellavite, segretario generale della Curia di Bergamo, giornalista e scrittore, autore di una serie di libri, di cui l’ultimo, in ordine temporale, si intitola proprio “Elogio alla Normalità”. Ma c’è di più. Dice anche, nel sottotitolo del testo, “riscoprire il divino nella vita di tutti i giorni”. Wow. Mica robetta così. E chi pensa che si tratti dell’ennesimo volume, pesante e pedante, in cui si impartisce al lettore una serie di insegnamenti di vita, oltretutto fatti in maniera rigida e ingessata, si sbaglia davvero.

Il libro corre veloce, come del resto le sue parole e quelle del suo autore, bravo, tra l’altro, che tra una serie di vocaboli praticamente inventati e altri un po’ vintage rispolverati un un abbecedario che ha dell’incredibile e che racchiude termini persino un po’ demodé ma assolutamente carichi di significato, affianca passi del Vangelo a incontri di vita vissuta, andando, appunto, alla ricerca di una normalità di cui si sente una disperata esigenza. E quello che si scopre, durante la narrazione, è che la ricerca della stessa va di pari pari passo con quella della felicità, scovata proprio tra le pieghe delle piccole cose.

Un vortice di emozioni e di pensieri, con il fine di tracciare una vita, interrogare e interrogarsi sul senso della vita. “Elogio alla normalità”, come spiega bene il suo stesso autore, non ha infatti la presunzione né la volontà di mettere nero su bianco la verità, di insegnare qualcosa, di garantire una ricetta preconfezionata e pronta a qualsiasi uso, quanto di sollecitare e solleticare ad una riflessione. Non c’è dunque un finale già scritto, piuttosto titoli di coda che ciascuno potrà stendere al meglio dei suoi pensieri. Ed è anche in questo che la scoperta, o meglio, la riscoperta ha tutto il sapore del divino.

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