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Verso le regionali

Pd, Francesca Riccardi: “Sulla sanità non si deve speculare. È un diritto di tutti”

Avvocato, impegnata da sempre nel partito per Bergamo, consigliera comunale e ora candidata al Pirellone: "Il primo approccio con la politica fu quando, a 4 anni, Nilde Iotti mi diede un bacio e mi lasciò lo stampo del rossetto sulla mano. Lo presi, anni dopo, come un segno del destino"

Bergamo. Lei ha tutto il fare di chi ha ben in mente dove vuole arrivare. E se il mantra di essere moglie, madre e eccetera e eccetera sembra essere solo di dominio del centrodestra, in realtà, quando lei si racconta, capisci che è solo una mera etichetta di appartenenza. Lei chi? Francesca Riccardi, avvocato esperto di diritto al lavoro, moglie e madre, appunto, di Adriano e Lucrezia, consigliere comunale a Bergamo in forza al Partito Democratico, e ora anche candidata alle elezioni regionali del 12 e del 13 febbraio per la Lombardia.

Una decisione pensata e voluta, frutto e forse anche compimento di un percorso durato anni, costruito da e sul territorio. La passione per la politica, del resto, nasce da lontano e tra le mura di casa, con un papà da sempre impegnato su questo fronte: “Il primo ricordo che ho è di quando ero bambina. Avrò avuto al massimo 4 anni, e non mi ricordo nemmeno bene in che contesto mi trovavo. Solo solo che Nilde Iotti ci incontra ed essendo io la più piccola, lei mi avvicina e mi dà un bacio sulla mano, lasciandomi il segno del rossetto e si scusa per questo. Questo è un ricordo bellissimo e per certi versi anche profetico”.

“La mia è una candidatura simbolo di una scelta unitaria, perché il mio nome è stato fatto dai circoli, 7 per la precisione, che hanno fatto il nome. Si tratta di un riconoscimento politico, del lavoro che ho svolto e cominciato nel mio circolo cittadino, il 4, proprio nel momento della fondazione del partito, nel 2004. Ma la mia disponibilità in Comune è arrivata solo dopo anni, nel 2014. Sono stata in direzione provinciale e regionale e ho continuato a tenere in parallelo l’attività di consigliera, eletta dai cittadini, e ci tengo a dirlo, con l’impegno per il partito. E mi piace anche ricordare che, nella seconda elezione, sempre con la doppia preferenza, ho raddoppiato il numero dei miei elettori, segno che evidentemente, qualcosa di buono ho fatto. Tutti i consiglieri e tutti gli assessori del Pd hanno così deciso di sostenere questa scelta: io presto un volto a nome di tutti. Dal punto di vista personale è una sfida grandissima, anche perché il momento non è facile per il Pd. Ci giochiamo tutto con il nostro nome e il nostro cognome”.

Nella sua cena di presentazione, anche il Sindaco Gori ha invitato gli altri candidati a sostenere la sua candidatura, anche perché una donna, espressione della città e del Pd, potrebbe per la prima volta approdare in Regione.

“Innanzitutto, Giorgio Gori è un amico e mi faccio anche vanto di questo. Oltre al fatto che ho il suo appoggio politico, il che mi carica di orgoglio e di responsabilità. E questo perché abbiamo percorso un pezzo di strada insieme, otto anni, e quindi è il frutto di una consapevolezza, di quella del lavoro che sono stata in grado di fare. Non è una investitura, ci tengo a dirlo, ma l’espressione di una fiducia maturata nel campo. Non è l’establishment che cala dall’alto un nome, ma una volontà concreta che porta nel mio nome, l’espressione di un gruppo, quello del mio partito”.

E che consigli le ha dato?

“In primis mi ha trasmesso una grande volontà di impegnarmi al massimo e al meglio perché possiamo farcela, sia per le idee sia per le competenze acquisite. Poi, i consigli sono quelli di lavorare molto, essere sempre sul pezzo, anche perché alla fine l’elettore si fida di te e poi, giustamente, cerca in te anche la responsabilità del fare, sia di quello promesso che di quello svolto. Senza dimenticare che Gori ha una visione sempre complessiva delle situazioni: il suo sguardo è sì posato sulle grandi opere, ma anche sui dettagli, perché sono assolutamente altrettanto importanti. Ed è quello che cerco di fare in questa sfida: parlare di macro temi, come sanità e trasporti, come di buoni dotazione scuola o molto altro. Su questo, ad esempio, c’è molto da fare, dando la possibilità anche ai piccoli esercenti di poterli accettare”.

Crede che i cittadini lombardi siano pronti, dopo 28 anni, ad un cambiamento?

“Credo che i cittadini abbiano ben presente che si vota per la Lombardia e non per altro. È da almeno un paio di tornate elettorali che questo non si verifica. Ed è voto disgiunto, non un voto al Governo Meloni, ma un voto da dare alla Regione. Io penso che questo sia un dato di fatto nella testa di molti e che siano molti gli scontenti, che il popolo di chi non si è dimenticato i disastri fatti sia ampio. La pandemia non è colpa di Fontana o di Gallera, ma di come sia stata gestita sì. Sia sul medio che sul lungo termine, direi che le responsabilità sono chiare. Il virus è arrivato, e la sua violenza anche, ma subito subito il fenomeno andava governato diversamente e si poteva fare. Comprendo anche che avendo una struttura mal organizzata da anni, era ancora più complicato. E oltretutto sono figure che si ripresentano alle elezioni e di questo i cittadini devono essere consapevoli, soprattutto perché la maggior parte di ciò che attiene alla nostra vita quotidiana dipende dal lavoro in Regione. È un po’ come avviene per le amministrative”.

Queste elezioni dovrebbero quindi avere lo stesso carattere delle amministrative? È un voto di fiducia?

“Alcune liste civiche hanno una loro bontà perché raggruppano persone che non si riconoscono nei partiti. Di contro, però, il senso del far parte di un movimento è diverso. Lo capisco quando si parla delle amministrazioni locali, ma quando il livello inizia ad alzarsi, ho delle perplessità. Se tu sei iscritto ad un partito, come fai a rappresentare un’idea di cinismo così spinta. Quindi, come operazione trasparenza nelle Regionali, anche no. Il consenso va cercato e portato, nei leciti modi, ma il dire sì a prescindere alle liste civiche in ambiti più ampi non mi vede pienamente d’accordo”.

Tema fondante del fare politica in Regione è quello della sanità. Spesso si portano ad esempio, in merito, sia il modello Emilia Romagna e Veneto. Due Governi con due marche diverse. Cosa significa questo?

“Il Veneto non ha fatto male, ma ha certamente avuto delle difficoltà dovute ad un’idea di sanità diversa dalla nostra. Nella nostra Lombardia, il centrodestra non crede in una sanità accessibile a tutti. Il modello Veneto è riuscito in parte a far sì che la gestione pubblica sia più presente, ma non è certo quello della Toscana. Quello che il Pd ha in mente di fare è una cosa diversa: fatto salvo che ci sono delle eccellenze nella sanità privata, che vanno garantite, la programmazione va fatta dal pubblico e non possiamo permettere che il pubblico gestisca le prestazione oneroso e il private quelle remunerative. Non c’è sana concorrenza, perché esiste solo quando si parte dallo stesso livello. L’esempio più calzante è quello dei 200 metri, perché la differenza è macroscopica. Tutti devono poter prenotare un esame diagnostico aspettando un anno o dovendo scegliere di pagarla. E i lombardi devono decidere se vogliono avere una sanità per tutti o per pochi eletti”.

E sulla medicina di territorio?

“Giorgetti l’aveva detto. In un convegno pubblico si è chiesto “chi andava più dal medico di base”. Le date di nascita dei professionisti attuali, in essere, sono piuttosto eloquenti. I dati sono lì da vedere. Se non investi in formazione, in borse di studio, se non consenti ai giovani laureati di vedere in maniera attrattiva e remunerativa la professione, è chiaro che non incentivi e sostiene la medicina del territorio. Non devo andare in pronto soccorso perché non ho il medico di base, non devo chiedere ad un luminare di eseguire un intervento importante perché non sono riuscita a fare un’ecografia un anno prima: il rapporto tra medici di base e popolazione, a Bergamo, è tra i più bassi. È una cosa sconvolgente. Una provincia ricca, in ogni aspetto, si merita di essere all’ultimo posto? Non credo. Il nostro programma prevede l’investimento, e in questo senso i comuni, come la nostra città, aiutano i medici a trovare gli spazi. Anche Regione può intervenire, anche sburocratizzando il lavoro. Lo stesso vale per il tema delle liste d’attesa. Al netto del fatto che un cittadino si possa permettere una risonanza magnetica in privato, sulla sanità non si deve speculare. È una cosa immorale. È una cosa non degna di un Paese che può e deve stare in Europa”.

Il centrodestra propone l’abolizione del test d’ingresso alla facoltà di medicina. Lei cosa ne pensa?

“Credo sia una forma tampone, ma la programmazione non può esaurirsi una sola misura. Bisogna pensare ad una serie di interventi che passino da maggior finanziamenti e da molto altro”.

Quando lei ha presentato la sua candidatura, ha centrato molto del suo discorso sul concetto di sanità urbana. Cosa intendeva di preciso?

“Al netto del fatto che in Lombardia va cambiato il concetto di cura, si deve anche intervenire su quello di prevenzione. I vari studi fatti, infatti, hanno evidenziato che molte malattie sono generate direttamente o indirettamente dall’inquinamento. E l’idea della salute urbana prevede proprio la possibilità di puntare su una mobilità dolce, con sempre più piste ciclabili a disposizione, anche e soprattutto dove ci sono già delle aree a disposizione. Senza dimenticare le corsie ciclabili, per far sì che si possa anche puntare ad un cambio di mentalità. Investimenti importanti che mirino ad ampliare le zone 30, per consentire ai cittadini di vivere la città in maniera differente, imparando ad abbandonare sempre di più le macchine pensando di andare a piedi o in bicicletta. Ma non costringendo il cittadino a fare una cosa scomoda o infelice, al contrario, mettendolo nella condizione di scegliere una possibilità diversa, ma altrettanto a portata di mano. È chiaro che, in questo senso, con un lavoro a lungo respiro, ci sia una revisione e una rivisitazione del piano urbanistico. E in questo, ad esempio, parlando di trasporto pubblico locale, l’obiettivo è garantire i mezzi gratuiti o calmierati agli studenti con un Isee inferiore ai 30mila euro”.

Un tema connesso anche con quello del consumo di suolo. 

Pianificazione regionale del consumo di suolo. Non è possibile, in mondo sempre più interconnesso, di lasciare ad ogni comune la gestione del suo pezzetto. E anche perché la regia serve per creare un’armonia d’insieme, per non caricare gli amministratori di scelte difficili, mettendoli in competizione tra di loro per spartirsi delle risorse, e anche per preservare il territorio, salvaguardare l’agricoltura e favorire un circolo virtuoso che incentivi anche le coltivazioni a Km0 per aiutare i cittadini a godere di un’alimentazione più sana, anche e soprattutto nelle mense scolastiche. E non mi riferisco solo al cibo biologico. Dobbiamo ragionare nella consapevolezza che non esistono soluzioni a portata di click, facili o immediate. Ma che esiste un lavoro di squadra che va portato avanti nel tempo”.

Il cambiamento è possibile. Io e il mio partito ci crediamo, perché vogliamo una nuova Lombardia che non vada a velocità differenti, che non sia la Regione delle eccellenze, ma dell’eccellenza, vicina e ricca dei servizi a tutti e non solo a chi se lo può permettere, garantendo così un nuovo modo di vivere. Vogliamo una nuova Lombardia”.

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