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Fondazione donizetti

Massimo Boffelli: “Il Teatro Donizetti? È l’orgoglio dei bergamaschi” video

Il direttore generale Massimo Boffelli confessa: "Mai avrei pensato di diventare direttore di un teatro"

Bergamo. Non capita tutti i giorni di diventare direttore generale di un teatro, tanto meno di lavorare al suo interno quotidianamente. Non era nemmeno nei più remoti pensieri di Massimo Boffelli, oggi direttore generale della Fondazione Teatro Donizetti, di coordinare l’attività amministrativa e finanziaria di una macchina artistica. Ma, come spesso accade sui palcoscenici, la storia ha avuto un cambio di rotta. Boffelli, direttore da ormai diciassette anni, racconta la quotidianità di un mestiere unico.

Quando è iniziata la sua avventura in questo teatro? In cosa consiste il suo lavoro?

Tutto è iniziato il 2 maggio 2005, quando il Teatro Donizetti era ancora sotto la gestione diretta del Comune di Bergamo. Io ero dipendente comunale e assunsi la funzione di direttore della fondazione che svolgo da diciassette anni. Il mio compito è fare in modo che l’organizzazione di tutta l’attività spettacolistica del teatro funzioni al meglio. Quest’ultima, infatti, non si svolge solo sul palcoscenico: c’è una parte importante di amministrazione organizzativa e finanziaria che io coordino insieme ai tre direttori artistici della stagione che proponiamo al nostro pubblico. È un mestiere di organizzazione, cura dei bilanci che sono assolutamente necessari rispetto alle iniziative della Fondazione Teatro Donizetti.

Avrebbe mai immaginato di vivere quotidianamente in un teatro?

Assolutamente no. Ho avuto una formazione economica. Avevo iniziato la mia carriera in ambito aziendale per poi approdare al Comune di Bergamo e, quasi casualmente, arrivare al Teatro Donizetti. Non potrei mai dimenticare la mia prima volta da spettatore in questo luogo: frequentavo il secondo anno del liceo scientifico, mi trovavo in galleria per assistere a “La coscienza di Zeno” con Giulio Bosetti. Ricordare quel momento ora e per me emozionante perché mai avrei pensato di svolgere un ruolo che conferisce un forte contribuito all’attività del teatro.

Che cosa ama di più del suo lavoro?

Lavorare insieme a tante persone e vedere il pubblico in sala. Avere la gratificazione di dare la possibilità a tante persone di poter godere di bei momenti, che si svolgono non solo in sala ma anche in una interlocuzione privata tra il direttore e il pubblico. È un aspetto che mi gratifica tantissimo.

Qual è stato il momento più complesso della sua carriera?

Nell’arco di diciassette anni ci sono stati momenti complessi. Una delle sfide più grandi è stato il recente restauro per il quale c’erano grandi aspettative, soprattutto da parte dell’amministrazione comunale e dei cittadini che spesso sul Sentierone chiedevano notizie sull’andamento dei lavoro – a dimostrazione del forte attaccamento dei bergamaschi al teatro -. Una sfida che – devo ammetterlo – qualche volta non mi ha fatto dormire. Un altro momento difficile, per tutti, è stata la pandemia. Noi abbiamo dovuto sospendere improvvisamente. Non appena è stato possibile ci siamo attivati per far tornare il pubblico in presenza in totale sicurezza, cosa non scontata.

Si è da poco concluso il Donizetti Opera 2022 con oltre dodicimila presenze, un record rispetto alle edizioni passate. Che cosa pensa di questo festival?

Credo che quest’ultima sia stata l’edizione più matura del festival sotto la direzione artistica di Francesco Micheli. Il festival, che ormai ha un taglio internazionale, è un fiore all’occhiello per la nostra città. Un risultato emozionante per tutti noi lavoratori ma non solo. A beneficiarne è stato anche il turismo: del totale dei presenti il 30% è composto da pubblico straniero.

Il 13 dicembre partirà la stagione di prosa che con i suoi quasi cinquemila abbonati è una delle colonne portanti del teatro.

Certo. Diversamente dal Donizetti Opera e da Bergamo Jazz, che hanno una natura più internazionale, la stagione di prosa è la stagione dei bergamaschi, per antonomasia del Teatro Donizetti. Abbiamo avuto un incremento del 15% degli abbonamenti rispetto allo scorso anno, c’è una forte fidelizzazione e identificazione del pubblico in questo teatro e nella stagione.

Che cosa si aspetta per il futuro e per il 2023, anno in cui Bergamo e Brescia saranno capitale della cultura?

Sicuramente un consolidamento delle attività realizzate dalla fondazione sino a questo momento, ma soprattutto uno sviluppo di altre iniziative e un maggior coinvolgimento del pubblico straniero. Questa è una occasione che noi bergamaschi sapremo cogliere e la fondazione sarà protagonista.

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