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La storia

Morta Osanna Nicoli, compagna di giochi di una bambina ebrea salvata con la famiglia a Dossello fotogallery

Aveva 13 anni quando in una notte indimenticabile si ritrovò con una sconosciuta amichetta: Lidia Gallico, 11 anni, figlia di un medico in fuga con sua moglie da Mantova perché perseguitata dai fascisti. Dopo alcune settimane, arrivò un’altra famiglia di ebrei, pure accolta in casa da Elisabetta e Edoardo Nicoli. Quasi 5 mesi vissuti in clandestinità, poi costretti di nuovo a fuggire in Svizzera per salvarsi

Si è chiusa un’altra pagina storica di un luminoso esempio di accoglienza e solidarietà che si sviluppò da Mantova a Dossello di Albino, raggiungendo poi la Svizzera e concludendosi felicemente di nuovo a casa nel 1945 al termine del secondo conflitto mondiale. A Castel San Pietro, dove si era stabilita nel 1953, anno del suo matrimonio con Bruno Maggi, è morta Osanna Nicoli, figlia di Edoardo ed Elisabetta nata Belotti.

La famiglia Nicoli si rese protagonista nell’autunno del 1943 di una pagina portata alla luce soltanto dopo alcuni decenni, grazie al paziente lavoro di alcuni ricercatori locali. Nella casa ai Ronchi, al civico nr. 56 – che oggi non c’è più – giunse una famigliola di ebrei in fuga da Mantova: Enzo Gallico, medico, con la moglie Tina e la figlia Lidia, di 11 anni. In seguito alle leggi razziali del 1938 e
dopo alcuni “avvertimenti” inequivocabili, decisero di far perdere le tracce e si “eclissarono” a Bergamo.

Pochi giorni dopo l’8 settembre 1943 – mi raccontò in una lunga intervista nel 2018 Lidia Gallico – mio padre ricevette un segnale inequivocabile: una visita notturna imprevista. Io mi riaddormentai subito, l’indomani vidi però mio padre con la testa fasciata. Non c’era tempo da perdere. Lui si nascose in un primo tempo a Castellucchio, dove lo raggiungemmo di lì a poco, perché il cerchio si stringeva. Anche qui, però, i segnali erano inquietanti e ci si mise in viaggio di nuovo, stavolta per la Valle Seriana, dove un cugino milanese del babbo si era già rifugiato. Non
avendo documenti falsi, tentammo la sorte. Prima partì mio padre in pullman, per Brescia, poi su quello successivo io e mamma. Vidi papà piangere, non sapevamo se ci saremmo rivisti. Il viaggio andò bene. Il tempo di riprenderci e su un carretto trainato da un cavallo con bagagli e valigie arrivammo a Dossello, a casa dei Nicoli. Avremmo saputo in seguito che a trovare quella sistemazione era stato il giovane parroco don Angelo Zois”.

Edoardo Nicoli nell’Oltreserio era conosciuto come “il Barbù”, un sicuro antifascista “ma anche un uomo di grande cuore” amava ripetere in ogni incontro Osanna, che fa la compagna preferita di Lidia nel tempo condiviso in clandestinità, in un luogo discosto, ai margini di un bosco, quindi al riparo da passanti e sguardi indiscreti. Osanna, nata il 15 luglio 1930, aveva 13 anni quando arrivarono gli “sconosciuti”.

Le due famiglie, insieme, di colpo diventarono di 10 componenti. Un bel gruppo anche per giocare insieme: oltre a Osanna, c’erano Marina, del 1925; Melchi, del 1935; Ornello del 1937 e Edgardo, del 1940. Si è fatta anche una certa letteratura sopra le righe, che Osanna puntigliosamente voleva e ha voluto fino all’ultimo correggere: “Si è detto e scritto che la nostra casa era una baita. Tutt’altro: era un edificio con muri in sasso e con belle terrazze in legno. Una casa contadina esposta al sole e immersa nel verde, dove si conduceva una vita serena”.

E ricordando con lucida memoria la fine del 1943, ne tesseva la cronaca: “Dopo papà, mamma e figlia Gallico, arrivò di lì ad alcune settimane la famiglia Goldstaub, con Vittorio, il nonno, che era anche cuoco, faceva la pasta, il pane; Il figlio Alberto con la moglie Luciana e i loro 3 figli piccoli, Franco, Giulio e Emma. Giulio è morto, restano solo Franco e Emma. Per salvarsi furono costretti a nascondersi”.
Fu necessario naturalmente ridistribuire gli spazi. Ancora Osanna a descrivere quella sistemazione: “In una grande stanza dormivano Alberto e la moglie con i 3 figli piccoli; nonno Vittorio e i Gallico in due stanzette separate. C’era anche un locale-dispensa, con molte conserve. Forse Vittorio era stato cuoco alla corte dei re, a Torino. Oltre che per mangiare, nel cucinone al piano superiore ci si riuniva tutti alla sera, genitori e figli per giocare a scacchi o a dama. In totale, 16 persone, quasi una contrada e a noi non pareva vero di essere così in tanti, all’improvviso. Non si poteva comprare il pane dal fornaio per gli sfollati. Vittorio ci preparava le lasagne alla bolognese, un cibo per noi sconosciuto. C’erano comunque un pollaio, poi tre mucche e un maiale e non ci è mai mancato da mangiare. Ci chiedevamo anche se sarebbero rimasti sempre con noi o fino a quando. Furono mesi di pericolo troppo grande per loro e per noi, come ha riconosciuto la stessa Lidia Gallico. Ho pianto, preoccupata per la loro vita”.

Nel gennaio 1944, a Edoardo Nicoli arrivò una “voce” pilotata che il cerchio si stava stringendo attorno ai profughi ebrei accolti a casa sua e una certa avvisaglia fu anche la razzia di stoffe di pregio che Alberto Golstaub, aveva immagazzinato in un locale ad Abbazia di Albino. Da qui l’organizzazione in fretta e furia della fuga – che avvenne nottetempo il 23 gennaio 1944 – per sfuggire all’arresto. La famigliola Gallico dovette vendere monili, gioielli per mettere insieme la cifra dell’espatrio (25 mila lire a testa in quell’epoca!) da sborsare al passatore.

Padre, madre e figlia riuscirono a varcare il confine tra Lombardia e Cantone Ticino due giorni dopo, con successiva odissea tra Balerna, dove furono accolti, Bellinzona, quindi Lugano fino al rientro in Italia alla Liberazione. I Goldstaub presero strade diverse e due di loro – Vittorio e la figlia Ernesta Vittorina – morirono purtroppo nei campi di concentramento. Osanna e Edgardo Nicoli si sono rivisti e riabbracciati con Lidia Gallico e Emma Goldstaub in una serata carica di ricordi, emozioni e lacrime nel 2016 quando il Comune di Albino concesse la cittadinanza onoraria ai sopravvissuti delle due famiglie.

I nomi di Emilia Belotti e Edoardo Nicoli, morti rispettivamente nel 1956 e nel 1974, sono stati iscritti nel firmamento dei “Giusti fra le nazioni” e per tale storico riconoscimento ci fu un nuovo incontro il 19 aprile 2019. Lidia Gallico e Emma Goldstaub con Osanna ed Edgardo presero poi parte alla collocazione di una lapide al merito in memoria di don Angelo Zois a Dossello. Di quell’epopea dal 1943 al 1945 restano in vita Lidia Gallico a Mantova e Edgardo Nicoli che oggi vive con la famiglia a Castel San Pietro nel Cantone Ticino dove si stabilirono uno dopo l’altro tutti i 5 figli Nicoli.

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