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Psicoterapia in adolescenza: un sostegno per il cambiamento

La metafora delle due montagne ideata da Russ Harris, psicologo tra i massimi esperti dell’ACT, un approccio psicologico appartenente alla “terza generazione” della terapia cognitivo-comportamentale, è l’immagine perfetta per mostrare ad un adolescente cosa vuol dire decidere di seguire un percorso di psicoterapia

Sai che molte persone arrivano in terapia credendo che il terapeuta sia una sorta di essere illuminato, che ha risolto tutti i suoi problemi, e ha messo tutto a posto, ma in realtà non è così.
È più come se tu stessi scalando la tua montagna là in fondo e io stessi scalando la mia montagna quaggiù. E da dove sono io, sulla mia montagna, posso vedere cose sulla tua montagna che tu non puoi vedere, come una valanga che sta per cadere, o un sentiero alternativo che puoi imboccare o che non stai utilizzando la tua piccozza in modo efficace.
Ma ti prego di non credere che io abbia raggiunto la cima della mia montagna e mi sia seduto e rilassato, a prendermela con calma. Il fatto è che io sto ancora scalando, sto ancora facendo errori e sto ancora imparando da questi.
E alla fine, siamo tutti uguali. Siamo tutti scalando la nostra montagna fino al giorno in cui moriremo.
Ma il bello è che tu puoi migliorare sempre più nello scalare e imparare sempre più ad apprezzare il viaggio. E questo è il lavoro che faremo qui”.

La metafora delle due montagne ideata da Russ Harris, psicologo tra i massimi esperti dell’ACT, un approccio psicologico appartenente alla “terza generazione” della terapia cognitivo-comportamentale, è l’immagine perfetta per mostrare ad un adolescente cosa vuol dire decidere di seguire un percorso di psicoterapia.

L’obiettivo è la crescita (non solo la cura), obiettivo che l’adolescente ha fisiologicamente a cuore, e che non lo farà sentire come un soggetto “rotto”, “da riparare”, ma come un essere umano di fronte al meraviglioso compito di “evolvere”, “crescere”. La flessibilità psicologica che persegue l’ACT è frutto di un processo in cui il terapeuta “allena” la persona a sviluppare un nuovo atteggiamento nei confronti della propria esperienza interna e lo fa attraverso tecniche e processi specifici quali la mindfulness, metafore, storie ed esercizi esperienziali.

I bambini e gli adolescenti hanno una modalità di pensiero meno “letterale” rispetto a quella degli adulti; pertanto, l’utilizzo di metafore ed attività di tipo esperienziale all’interno del contesto della terapia possono favorire in loro l’acquisizione di concetti astratti attraverso l’esperienza diretta. Inoltre, il contesto esperienziale allontana nell’adolescente il timore o il pregiudizio di trovarsi di fronte ad un adulto che vuole impartirgli lezioni di vita e che lo vuole “sistemare”, lo fa uscire da una posizione passiva di ascoltatore e lo pone in un processo attivo in cui adolescente ed adulto “sperimentano” insieme.

La mindfulness ovvero la capacità di prestare attenzione a ciò che si fa con gentilezza e curiosità può essere un angolo da esplorare proprio nel territorio nuovo e stupefacente del diventare adulti. Un modo per conoscersi meglio e vivere con più consapevolezza metamorfosi e passaggi importanti. Una strada per osservare sensazioni e pensieri senza pensare è giusto o sbagliato.

Le metafore, cosi come le storie e gli esercizi esperienziali, hanno invece il compito di guidare l’adolescente ad assumere, attivamente, un nuovo punto di vista rispetto agli eventi e alle circostanze che generano disagio , siano essi appartenenti all’esperienza interna (emozioni, sensazioni, pensieri) o esterna (eventi, oggetti, relazioni).

Una delle metafore più usate in ambito clinico per aiutare l’adolescente a “prendere le distanze” dal contenuto letterale del pensiero è quella dell’autobus:

“Immagina di essere l’autista di un autobus, su cui viaggiano diversi passeggeri. Questi passeggeri sono i tuoi pensieri, emozioni, sensazioni, ricordi. Alcuni di questi sono brutti e spaventosi, vestiti da teppisti, e con dei minacciosi coltelli a serramanico. Cosa accadrebbe se i passeggeri “brutti”, che si sono messi a sedere in fondo all’autobus, iniziassero a minacciarti, a intimarti di andare da una parte piuttosto che dall’altra e a gridare che se non fai ciò che dicono verranno lì da te? Potresti metterti a litigare con loro, per cercare di farli scendere. Per far questo dovresti bloccare l’autobus, questo significherebbe smettere di andare nella direzione desiderata, e doversi fermare solo per cercare di discutere e di scacciare i passeggeri molesti. Il problema è che si tratta di individui estremamente determinati, che non hanno nessuna intenzione di scendere dall’autobus. Alla fine si potrebbe arrivare a una sorta di compromesso, in cui loro se ne stanno seduti in fondo, in modo che tu non sia obbligato ad averli davanti agli occhi, ma in cambio sei costretto ad andare nella direzione che vogliono loro. E nel giro di poco tempo non c’è neanche più necessità che ti dicano esplicitamente dove girare e quali strade evitare: lo sai già, ancor prima che parlino o gridino, e così anticipi automaticamente le eventuali proteste e ti dirigi direttamente dove sai che i passeggeri molesti pretendono tu vada. Anzi, con il passare del tempo puoi quasi convincerti che quella è esattamente la direzione che volevi prendere, che sì, era proprio lì che desideravi andare. Sai in cosa consiste il potere che questi individui hanno su di te? Beh, è basato esclusivamente sulla seguente minaccia: se non fai come ti ordiniamo noi, veniamo lì e ti costringiamo a guardarci. In realtà non c’è molto più di questo. Anche se è vero che quando ti si parano dinanzi appaiono molto minacciosi e sembra che possano fare chissà cosa, con i loro coltelli e il loro aspetto da teppisti. Ed è proprio per evitare che si avvicinino troppo che arrivi a fare quel patto estremamente svantaggioso per te, in cui ti muovi solo nelle direzioni imposte da loro, illudendoti magari con il passare del tempo che siano tue scelte. Tu sei l’autista dell’autobus, ma finisci per cederne il controllo patteggiando segretamente con quegli odiosi passeggeri. Sai qual è il paradosso? Che per cercare di tenere sotto controllo la situazione, in realtà hai perso totalmente il controllo del mezzo. Vale la pena notare, però, che anche se quei loschi individui asseriscono di poterti distruggere se non vai dove ti intimano di dirigerti, questo non è mai successo nella realtà. Il potere che hanno è quello che tu conferisci loro credendo al valore di verità delle loro minacce. La verità è che sei tu l’autista di quell’autobus. E il tempo trascorso nel vano tentativo di liberarsi di quegli odiosi passeggeri è tempo perso nel cammino verso gli obiettivi di vita desiderati”.

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