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Bergamo segreta

La parrocchiale di Covo: storia di una chiesa immersa nella leggenda fra il Colleoni e il teschio di san Lazzaro

Nonostante siano ormai passati oltre quasi sei secoli, a Covo la devozione per san Lazzaro è rimasta ancora intatta così come le curiose vicende che hanno portato condotto il piccolo borgo affacciato sull’Oglio a dotarsi di una reliquia particolarmente contesa

Covo. La storia della chiesa parrocchiale di Covo potrebbe esser stata scritta direttamente da Dan Brown.

L’edificio dedicato ai santi Filippo e Giacomo Apostoli è infatti direttamente legato alle reliquie di san Lazzaro e al condottiero Bartolomeo Colleoni che condusse nel 1444 le spoglie del personaggio evangelico nella borgo della Bassa.

Secondo la tradizione il discepolo resuscitato da Gesù, la sorella Marta, Maria Maddalena e la loro serva Sara sarebbero stati cacciati dalla Palestina e messi su una barca senza remi andando incontro a morte certa.

Un miracolo avrebbe consentito ai naufraghi di giungere incolumi nel sud della Francia e stabilirsi lì dove alla loro morte sarebbero stati sepolti e venerati per decenni, almeno sino all’XI secolo quando la figlia del signore di Marsiglia sposò un conte di Senigallia portandosi in dote le reliquie dei santi Maria Maddalena e Lazzaro.

Come confermato dal cronista francescano Fra’ Salimbene de Adam nel 1283, parte della salma della Maddalena sarebbe stata custodita proprio nella località marchigiana, per la precisione in una chiesa ad essa dedicata e risalente nel XIII secolo; mentre a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, in Provenza, veniva individuato il corpo della donna originaria di Magdala senza una gamba.

Con l’arrivo del Rinascimento l’Italia fu coinvolta da una serie di guerre fra i numerosi stati presenti nella penisola, le stesse che consentirono a Bartolomeo Colleoni di trovarsi un posto nella storia al servizio delle numerose signorie chiamate a combattere.

A condurre nel territorio anconitano il generale di Solza furono i Visconti che, intenzionati ad offrire un appoggio a Alfonso V d’Aragona nello scontro con Renato d’Angiò per il dominio sul Regno di Napoli, decisero di fornire il Colleoni di millecinquecento soldati e del castello di Dorno.

Un bottino decisamente cospicuo che spinse il capitano di ventura a raggiungere Senigallia nel 1444, pronto ad affrontare l’esercito angioino guidato da Niccolò Piccinino e dal suo genero Francesco Sforza.

Nonostante fosse un uomo d’azione, il Colleoni fu costretto a fermarsi per diversi mesi nella località affacciata sull’Adriatico in compagnia del proprio cappellano e confessore Fra’ Bellino Crotti da Romano che, rovistando fra i ruderi della diroccata chiesetta di Santa Maddalena, individuò una cassetta con alcune ossa e un memoriale.

Queste spoglie vennero identificate come quelle di Maria e del fratello Lazzaro e così condotte da Fra’ Bellino Crotti nei territori orobici dominati dal Colleoni.

Fra le località coinvolte non poteva mancare Covo dove, secondo la leggenda, il religioso agostiniano sarebbe stato obbligato a fermarsi contro una sua intenzione in seguito a una serie di fatti miracolosi che vanno dalle campane suonate improvvisamente a festa all’ostinazione dei cavalli a voler proseguire, senza dimenticare come il sacco contenente le reliquie avesse iniziato a pesare eccessivamente per andar avanti.

Il frate avrebbe lasciato così il teschio di san Lazzaro nella chiesa maggiore insieme ad altre reliquie, un fatto così importante da esser raffigurata in una santella eretta nel 1588 apparentemente sarebbe avvenuto il dono.

Il cranio del primo vescovo di Marsiglia venne inizialmente depositato nell’antica chiesa di Santo Stefano prima di esser trasferito nella nuova struttura realizzata nel Quattrocento sulle ceneri di una cappelletta privata appartenente alla famiglia feudataria dei Covi.

Innalzata a parrocchia nel 1470, essa si sviluppava in cinque arcate suddivise da tre arconi chiamate a sostenere il tetto prima di esser nuovamente ampliata a fine secolo e venir consacrata il 5 maggio 1491.

Nel XVIII secolo l’allora parroco don Omobono Capelletti propose ai cittadini di edificare un nuovo edificio che potesse accogliere tutti i fedeli, portando così alla demolizione di numerosi luoghi di culto presenti sul territorio come la chiesa di Santo Stefano, le cui macerie vennero riutilizzate per la nuova costruzione.

I lavori iniziarono l’8 gennaio 1785, mentre il 25 aprile successivo le reliquie di San Lazzaro vennero momentaneamente traslate all’interno degli oratori dei disciplini del Rosario, da poco restaurati per l’occasione e utilizzati per le funzioni domenicali.

Il progetto affidato a Faustino Rodi si concluse nel 1789 complice l’aiuto dei costruttori Francesco Brillo, Luigi e Michele Bianchi, mentre fu necessario attendere il 1805 per udire il suono delle cinque campane volute dalla ditta Crespi.

Nonostante i lavori di ampliamento, nel 1930 il luogo sacro risultava ancora troppo piccolo per ospitare l’intera comunità per cui si provvide a demolire diversi fabbricati adiacenti lasciando così spazio all’attuale piazza e consentendo di realizzare una nuova chiesa con orientamento sud-nord.

I lavori, affidati all’ingegner Giulio Sanga, furono terminati nel 1938 dopo aver cancellato il presbiterio settecentesco e aver fornito l’edificio di una facciata simile a quella disegnata due secoli prima da Rodi.

Il fronte principale rispecchia infatti ancora oggi lo stile palladiano venendo suddiviso in tre parti da quattro colonne dotate di capitelli di ordine dorico e da lesene nella sezione terminante.

Più alta rispetto alle due laterali, la parte centrale anticipa lo sviluppo interno delle tre navate, mentre quella inferiore presenta un grande portale culminante con una lunetta completa di bassorilievo raffigurante la “Resurrezione di Lazzaro”.

Al suo fianco compaiono due delle sette statue che adornano la facciata e che rispecchia per certi versi lo scenario offerto dalla basilica veneziana di San Giorgio.

Accedendo nell’aula principale è possibile notare le tre navate divise da sei colonne per lato culminanti ciascuna con un capitello ionico chiamato a sostenere la trabeazione dalla quale parte la copertura voltata a botte con decorazioni a lacunari ottangunali.

Più avanti invece compare l’ampio tiburio che precede il presbiterio e contiene la cupola illuminata da due oculi posti sopra l’altare della Madonna e decorata da esagoni e quadrati.

La stessa culmina con un’apertura a lanterna, a sua volta utilizzata per illuminare la parte superiore del tiburio.

Anticipato da una piccola balaustra settecentesca, il presbiterio ospita invece l’antico altare proveniente dalla chiesa quattrocentesca e completo di paliotto marmoreo probabilmente realizzato dalla bottega dei Fantoni.

Lì è conservata anche una pala d’altare proveniente dalla chiesa dell’Incoronata e risalente al 1614: in essa è possibile individuare sia un “Cristo Risorto” che una firma “Ferrarius” posta nella cornice dorata del Seicentro.

Ulteriori dipinti sono presenti negli altari laterali creati da Costantino Fazziola e dai fratelli Birsetti nel 1804 con l’obiettivo di ricostruire le are precedenti.

Negli altari a sinistra sono osservabili le tele seicentesche dedicate alla “Predicazione di Lazzaro”, a una “Madonna col Bambino e i santi”, un “San Rocco” de un ex voto.

Nella controfacciata compaiono il quadro di grande dimensione nel quale compare una “Madonna col Bambino e i santi”, mentre nella navata centrale sono osservabili tele più ridotte con l’ “Annunciazione”, la “Madonna del Suffragio”, l’ “Ultima Cena”, “San Luigi Gonzaga” e le antiche tavole della Via Crucis rubate in passato e sostituite da opere bronzee disegnate da Domenico Colpani.

Nonostante siano ormai passati oltre quasi sei secoli, a Covo la devozione per san Lazzaro è rimasta ancora intatta così come le curiose vicende che hanno portato condotto il piccolo borgo affacciato sull’Oglio a dotarsi di una reliquia particolarmente contesa.

Fonti

Gabriele Medolago, Bartolomeo Colleoni e le reliquie della Maddalena e di Lazzaro da Senigallia a Covo e Romano, Cavernago, Coglia, 2019

Anna Pia Giansanti, La Maddalena di Senigallia. Cronaca di un viaggio da leggenda a realtà, Ancona, Mediateca delle Marche, 2011

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