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Bergamo segreta

Un’eredità per Martinengo: Bartolomeo Colleoni e l’ex monastero di Santa Chiara

Nonostante abbia cambiato più volte volto nella prima storia, rimane un simbolo della presenza colleoniana a Martinengo, un’esistenza che ha lasciato il segno sull’intera pianura bergamasca

La storia dell’ex monastero di santa Chiara si lega in maniera inossidabile con quella di Martinengo e di Bartolomeo Colleoni.

Alla base della nascita di questo cenobio vi è infatti il potere instaurato dal condottiero orobico nel centro della Bassa Bergamasca, ma soprattutto un voto espresso dalla moglie Tisbe Martinengo, morta nel 1471.

Chiamato a rispondere al cospetto di Dio rispetto alla promessa fatta dalla consorte, Colleoni decise di mettersi all’opera prontamente chiedendo a papa Paolo III l’autorizzazione per la realizzazione un convento maschile e uno femminile in località Cantone Spineto.

Un permesso per il quale il Santo Padre non oppose alcuna resistenza aprendo così la strada all’acquisizione dei terreni e all’apertura del cantiere, avvenuta nel 1474, un anno esatto prima della scomparsa del generale originario di Solza.

Quaranta giorni prima della sua dipartita del suo fondatore, i monasteri ricevettero da papa Sisto V la concessione di grazie e indulgenze confermando come le due strutture fossero attive con la dedica rispettivamente a santa Chiara per gli spazi occupati dall’Ordine delle Clarisse, e alla Beata Vergine Incoronata per i frati francescani minori.

Nonostante il grande impegno profuso, Bartolomeo Colleoni non ebbe modo di veder le comunità al completo tant’è che a Santa Chiara le monache di clausura provenienti dal cenobio di Rosate soltanto nel 1479.

monastero di santa chiara martinengo

Soppresso nel 1810 in seguito all’applicazione delle leggi napoleoniche, il monastero cambiò destinazione d’uso divenendo nel 1822 sede del celebre Collegio-convitto rimasto attivo sino agli anni Trenta del Novecento capace di ospitare durante il Risorgimento numerosi simpatizzanti per la causa nazionale.

Con l’arrivo del Fascismo lo stabile venne posto sotto la lente d’ingrandimento del Consiglio Comunale di Martinengo che iniziò a valutare l’utilizzo dei suoi spazi per gli usi più disparati, sfruttando l’aula interna della chiesa come palestra e scuola di ginnastica.

Nelle intenzioni delle autorità cittadine vi era anche quella di abbattere il muro che un tempo separava le sezioni pubblica e claustrale della chiesa ormai sconsacrata e trasformarla in un ampio salone-teatro.

La forte opposizione espressa dai martinenghesi fece tornare sui propri passi i politici fascisti che nel 1936 preferirono creare all’interno del luogo sacro un sacrario per i caduti della Prima Guerra Mondiale a cui si aggiunsero in seguito i nomi dei morti della Seconda.

In quell’occasione si decise di metter mano anche al cortile antistante sostituendo il muro a strada con cinque alti archi stile regime e trasferendo lì il monumento scultoreo realizzato da Giuseppe Siccardi.

Nel secondo Dopoguerra i locali dell’ex monastero di Santa Chiara vennero recuperati dal Comune diventando sede di una scuola, della biblioteca, dell’Archivio Storico Comunale e di associazioni culturali come il Gruppo Folcloristico “Bartolomeo Colleoni”.

Nonostante lo scorrere inesorabile del tempo, ciò che colpisce è il clima che si incontra entrando nel chiostro principale attorniato da ampie logge disposte su due livelli ad archi con pilastri in muratura.

Ricostruito nel XVII secolo, quest’ultimo possedeva in passato un orto chiuso su tre lati da un alto muro in ciottolato, mentre lungo il quarto compariva una loggia con archi a tutto sesto con archi a tutto sesto e colonnine in arenaria.

Sopra il chiostro compare invece il campanile, realizzato in muratura con muri perimetrali in pietra e contraddistinto dalla cuspide conica, copia di quella presente nel monastero dell’Incoronata.

La chiesa è strutturata invece su un un’unica suddivisa a sua volta in due aule, la prima dedicata ai fedeli e usata oggi come Sacrario dei Caduti, mentre la seconda era riservata alle monache che potevano assistere alle funzioni da alcune grate poste ricavate dietro l’altare.

Nella prima sezione è possibile spicca oggi la pala d’altare disegnata nel 1936 da Girolamo Poloni e raffigurante un Cristo coronato di spine intento a sostenere un soldato ferito a morte.

monastero di santa chiara martinengo

Circondato da angeli, il militare rappresenta il simbolo della sofferenza e delle morti causate dalla guerra al cui ricordo era destinata l’aula.

In passato l’altare realizzato nel 1698 da Bartolomeo Manni ospitava tuttavia la pala disegnata da Francesco Paglia e chiamata a mostrare l’Immacolata in gloria in compagnia dei santi Francesco d’Assisi, Chiara, Caterina e Bernardino.

Le modifiche apportate durante il Novecento portarono al trasloco dell’opera del pittore bresciano nella sala delle conferenze della biblioteca dove tutt’oggi è ancora custodita.

A fianco compaiono ancora degli stralci di affreschi risalenti al Quattrocento e attribuiti al Maestro di Martinengo, pittore di entità ignota che si occupò della decorazione dell’intera chiesa realizzando una serie di stampo francescano.

Nel primo riguardo a sinistra dell’altare maggiore compare “San Francesco che dà l’abito a Santa Chiara nella chiesa della Porziuncola” nella quale la monaca umbra tiene la candela accesa, mentre il patrono d’Italia le offre l’abito.

A destra compaiono invece due frati assistenti e l’altare sul quale spicca in maniera vistosa il biondo della ciocca dei capelli recisi della santa, mentre a sinistra, inginocchiate con le mani giunte e la testa coperta da un velo bianco, appare Tisbe Martinengo con accanto tre delle figlie probabilmente quelle già decedute.

La presenza del mecenate è visibile anche nella figura in piedi a fianco di Tisbe e riferibile a Bartolomeo Colleoni, dotato di berretta da capitano in testa e raffigurato in età giovanile.

Ciò che colpisce maggiormente sono l’intensità e la vitalità degli sguardi dei personaggi legati alla casata Colleoni che guardano devotamente i due santi, mentre la fondatrice delle Clarisse appare invece distratta e fuori campo.

Sull’altro lato dell’altare compare un episodio della vita di Chiara tramandato dal libro dei Fioretti e che vide la religiosa umbra accogliere la visita di papa Innocenzo IX, giunto ad Assisi per potersi confrontare direttamente da lei.

Nella scena il pontefice chiede a Chiara di benedire i pani preparati per la mensa e, dopo che il gesto viene compiuto, si nota come sulle pagnotte compaia l’impressione della croce.

Anche in questo caso il Santo Padre e le monache che l’accompagnano osservano con sguardo stupefatto il miracolo compiuto dalla santa, mentre il contrasto fra la candida tovaglia e i panini fioriti risaltano maggiormente il segno di Cristo.

All’interno dell’aula monastica a farla da padrona sono le scene della vita di Gesù fra le quali spiccano l’“Annunciazione” e la “Discesa della Croce” che fanno da contorno alla “Crocefissione” che occupa la maggioranza dello spazio.

Come tipico dell’ambito francescano, viene messa in risalto sia il dolore umano della Vergine Maria, sofferente sotto la croce e svenuta nella deposizione del corpo di Cristo; ma anche la decisione di abbandonarsi totalmente a Gesù lasciando tutti i beni terreni come dimostrato da “San Gerolamo Penitente”, disegnato nel lato destro della parete.

Ad operare ancora una volta fu il Maestro di Martinengo che, ispirandosi al Mantegna, raffigurò da una parte “San Francesco stigmatizzato”, dall’altra i “Santi Bernardino, Antonio e Giovanni Battista” (di cui si vedono soltanto le teste sciupate a causa degli interventi di apertura delle porte che hanno distrutto il dipinto).

Nonostante l’ex monastero di Santa Chiara abbia cambiato più volte volto nella prima storia, esso rimane un simbolo della presenza colleoniana a Martinengo, un’esistenza che ha lasciato il segno sull’intera pianura bergamasca.

Fonti

Gabriele Medolago, Guida ai percorsi colleoneschi nella Bergamasca, Terno d’Isola, PromoIsola, Comunità Isola Bergamasca, 2010

Francesco Pavoncelli, Guida storico-artistica di Martinengo, Martinengo, Comune e Pro Loco di Martinengo, 2003

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