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L'intervista

“Dai 15 volontari della prima edizione ai 4mila di oggi, quanto è cresciuta BergamoScienza”

Nel mezzo vent’anni di divulgazione scientifica a portata di tutti. Ne parliamo con il presidente del Comitato Scientifico della rassegna, Mario Salvi

Bergamo. “All’edizione del primo anno, vent’anni fa, c’erano circa quindi volontari. Ora ne contiamo quasi quattromila ad ogni edizione”. Da quindici a quattromila c’è una storia di vent’anni di divulgazione scientifica a portata di tutti. Questa è la storia di BergamoScienza, il primo festival di divulgazione scientifica nato in Italia, che torna dal 29 settembre al 16 ottobre al Piazzale degli Alpini di Bergamo e taglia il traguardo della ventesima edizione.

“Questo festival ha coinvolto quasi cinque generazioni di studenti – racconta Mario Salvi, presidente del Comitato Scientifico di BergamoScienza -. Loro sono il futuro della rassegna”. Ad oggi il festival conta ben 32 Premi Nobel ospitati, vanta circa 2,4 milioni di presenze in 19 edizioni, realizzate anche grazie all’aiuto di quasi 40.000 volontari e oltre 400 scuole protagoniste.

Dottor Salvi, vent’anni di BergamoScienza sono un grande traguardo. Come festeggerete?

Come abbiamo sempre fatto: con un festival della durata di due settimane, una vera maratona. Anche quest’anno non rinunceremo alla multidisciplinarietà dei contenuti e delle materie trattate, dalla medicina, all’astronomia, alla biologia e molto altro. La volontà è e rimarrà quella di un festival aperto a tutti i campi scientifici e in grado di parlare a tutte le generazioni, dagli studenti agli adulti.

Come tutti i festival, anche BergamoScienza vive grazie a volontari e volontarie, spesso giovanissimi. Qual è il loro ruolo per voi fondatori?

Sono il futuro. Vent’anni fa erano una quindicina. Ora sono circa quattromila ad ogni edizione. Giovani e adulti a cui noi dobbiamo moltissimo. E non parlo solo delle settimane del festival: molti di loro lavorano tutto l’anno per rendere possibili gli eventi del programma. Attraverso BergamoScienza sono passate quasi cinque generazioni di studenti, una considerazione di fatto che mi emoziona. È anche per questo che i volontari sono i veri protagonisti della rassegna.

E quest’anno torneranno in piazza anche gli studenti. Cosa avete in programma per loro?

Dopo lo stop dovuto alla pandemia, torna sabato primo ottobre e domenica due ottobre l’appuntamento con la “Scuola in Piazza”, vera e propria fiera scientifica. Coinvolgeremo i ragazzi e le ragazze di trentacinque istituti scolastici di Bergamo e provincia che saranno protagonisti di exhibit ed esperimenti.

Torniamo indietro di vent’anni: come è nato BergamoScienza?

A Bergamo esisteva già da qualche anno sinapsi, associazione culturale che proponeva degli eventi innovativi. Organizzavamo conferenze con importanti relatori in vari ambiti, economico, filosofico, scientifico. Io e Gianvito Martino, ora residente dell’Associazione BergamoScienza, e Alessandro Bettonagli, l’attuale direttore artistico, ci eravamo resi conto che gli incontri di stampo scientifico riscuotevano enorme successo. Per cui abbiamo pensato che si potesse pensare più in grande: volevamo dar vita a un festival. Così, con l’aiuto di Raffaella Ravasio e Umberto Corrado e il sostegno di Andrea Moltrasio, è partita l’avventura. Noi siamo i sei fondatori, insieme a soci istituzionali che si sono uniti al progetto: Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bergamo, Confindustria Bergamo, Università degli Studi di Bergamo, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, UBI Banca.

Cosa ricorda della prima edizione?

Organizzammo un weekend con tre conferenze e una mostra. Parlarono Robert Gallo, un medico statunitense, noto soprattutto per aver scoperto l’origine retrovirale dell’AIDS, l’antropologo Luca Cavalli-Sforza e il Premio Nobel per la Chimica Kary Mullis. Ricordo che la conferenza con Mullis si teneva a sant’Agostino. Eravamo preoccupati di non riuscire a riempire la sala con trecento posti a sedere. La sopresa invece fu grandissima: arrivarono tantissime persone, molte delle quali dovettero assistere in piedi e non fuori dal portone. Ne aspettavamo circa cinquanta: arrivarono in cinquecento.

Perché la scienza rimane un fattore di aggregazione per le persone secondo lei? Che cosa c’è all’origine del successo di BergamoScienza?

Uno dei motivi per cui è nato il festival è che avvertivamo la necessità di comunicare la scienza in modo diverso. Ai tempi, soprattutto in Italia, la divulgazione scientifica era diventata una cosa assolutamente non popolare, salvo poche eccezioni come l’attività di Piero Angela. Questo era un problema perché la scienza è nella vita di tutti i giorni, non nelle provette di laboratorio. La gente aveva bisogno di questo e a distanza di venti anni ne ha bisogno ancora. Soprattutto alla luce della recente esperienza pandemica, in cui la comunicazione scientifica è stata contraddittoria e non significativa, spesso minata dai “tuttologi” in televisione. Da qui il metodo innovativo della rassegna: far raccontare in modo semplice e diretto la scienza da chi la pratica ogni giorno.

Ha un ricordo che porta nel cuore di queste due decadi?

Ne ho tantissimi. Essere organizzatori di BergamoScienza significa stringere rapporti spesse volte confidenziali con grandissimi scienziati. Come il Premio Nobel per la Medicina nel 2006 Craig Cameron Mello, che quest’anno tornerà al festival (14 ottobre). Mello ha ricevuto il prestigioso riconoscimento per aver scoperto, insieme al collega Andrew Fire, il meccanismo RNA interference: i due scienziati hanno dimostrato che l’RNA, responsabile della codifica e della decodifica, della regolazione e dell’espressione dei geni può, attraverso un meccanismo naturale, silenziare i geni responsabili della produzione delle proteine pericolose, alla base di alcune malattie genetiche debilitanti. Ricordo quella volta che a cena ci raccontò di questa scoperta e di ciò che stava studiando, del fatto che aveva dato vita ad una società di ricercatori ispirandosi all’unica donna tra gli Argonauti: Atalanta. Ovviamente ci venne da ridere, perché il nome “Atalanta” noi bergamaschi lo conosciamo benissimo. Alla fine, ci chiese venti magliette della squadra di calcio da poter far indossare a tutto il suo team in occasione dell’inaugurazione della società. E poi non dimenticherò mai la giornata passata con John Nesh e con il suo “altro”, di cui mi parlò durante il nostro lungo incontro.

Quali progetti avete per i prossimi venti anni di Bergamoscienza?

Avere una nuova generazione di persone alla guida del festival e dell’associazione. Per noi fondatori sta arrivando il momento di diventare spettatori e lasciare BergamoScienza nelle mani dei più giovani.

Qui tutte le info sulla XX edizione di BergamoScienza: https://www.bergamoscienza.it/it/festival-corrente/xx-edizione-bergamoscienza-2022

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