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Anpi bergamo

“Richiami al fascismo e rabbia: la tenuta sociale del Paese è a rischio”

Ne parliamo con Mauro Magistrati, presidente della sezione locale dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia

“Non parlerei di allarme fascista, ma di elementi di fascismo in sospensione”. Così Mauro Magistrati, presidente dell’Anpi Bergamo, si esprime sui rischi di una “deriva autoritaria” dopo la vittoria del centro destra a guida Fratelli d’Italia alle elezioni politiche.

Guardando alla stretta attualità, inoltre, riscontra “rischi relativi alla tenuta sociale del Paese”, considerando che c’è molto malcontento a causa delle difficoltà economiche e delle crescenti disuguaglianze fra ricchi e poveri.
Lo abbiamo intervistato per saperne di più.

Ci sono rischi di una svolta autoritaria?

La vittoria elettorale della destra e il pieno successo di Fratelli d’Italia sono stati eclatanti ma erano ampiamente prevedibili e, infatti, erano stati previsti da tempo. Da ormai diversi anni l’Anpi sta dicendo che c’è un problema relativo all’area di forze sovraniste che si è sempre più allargata. Lo abbiamo segnalato per la Lega alle elezioni europee del 2019 e per Fratelli d’Italia alle politiche nelle scorse settimane, quindi non è un elemento di novità. È indubbio che ci sia una continuità storica e culturale tra Fratelli d’italia e il Movimento Sociale Italiano, come si evince dall’utilizzo della fiamma tricolore che è alla base del suo simbolo. Fra loro c’è una continuità ideale e di personale politico, considerando che alcuni esponenti hanno mosso i primi passi all’interno di quell’organizzazione. Anziché richiamare l’attenzione sull’allarme fascista, secondo me si dovrebbe parlare di elementi di fascismo in sospensione.

Cosa intende con questa espressione?

Questa espressione indica il richiamo a modalità, parole e riferimenti tipicamente legati al fascismo, lo sdoganamento di determinati atteggiamenti e la messa in discussione di un certo tipo di storia. Per esempio, quando si celebra la marcia su Roma con una cena com’è stato fatto nelle Marche, si rivendica un passato che non è quello della Costituzione e dei valori della Resistenza. Ci si pone al di fuori da quella storia in maniera evidente, non per forza eversiva ma molto chiara: si sta dicendo che i propri riferimenti ideali e storici sono altri, non la Costituzione, la Resistenza e l’antifascismo. Un problema aggiuntivo è costituito dalla crescente astensione dal voto: spaventa che di fronte a una crisi della democrazia si reagisca votando a destra o stando a casa, cioè non andando a votare. Significa che c’è una profonda sfiducia nel parlamento e nella democrazia: ritengo che l’elevato astensionismo sia un segnale dello stato di salute del nostro sistema democratico.

In questo contesto si inserisce la proposta del presidenzialismo da parte delle forze politiche di destra e centrodestra. Cosa ne pensa?

Penso che il presidenzialismo sia l’incarnazione istituzionale dell’uomo solo al comando. L’idea di avere un rapporto diretto fra un capo e il popolo, molto cara alla destra, è anti-parlamentare: presidenzialismo significa anti-parlamentarismo. È preoccupante in un contesto in cui il parlamento risulta sempre più indebolito. L’attuale legge elettorale ne ha svuotato la rappresentanza: l’elettore non può scegliere il candidato e il taglio dei parlamentari l’ha impoverita ulteriormente, anche e soprattutto per quanto riguarda la possibilità di dar voce alle minoranze.

Ma ci stiamo allontanando sempre più dal solco tracciato dalla Costituzione?

È necessario che il popolo della Costituzione, cioè chi si riconosce nella Resistenza e nell’antifascismo, reagisca con fierezza a questi cambiamenti per evitare che si verifichino stravolgimenti. Come sempre, l’Anpi sarà in prima fila per evitare che accadano, proseguendo il suo impegno insieme alle associazioni e a tutti i corpi intermedi che sono ancora in buona parte in vita e che al momento sono smarriti, spaesati rispetto alle traiettorie che si stanno configurando per il nostro Paese. A fare da cornice a tutto questo è una crescente rabbia sociale che preoccupa e spaventa: le persone sono stanche, i lavoratori sono poveri e c’è un rischio di tenuta sociale molto forte. Temo che se non si agisce con politiche che intervengano sulla redistribuzione del reddito e costruiscano un lavoro dignitoso alle persone, prima o poi la rabbia possa esplodere.

Anche nel centrosinistra c’è un grande problema di rappresentanza.

Non entro nel merito delle discussioni riguardanti i vari partiti. Quello che posso dire, da cittadino, è che mi pare che manchi un partito del lavoro, dei lavoratori, che provi a rappresentare quel mondo: in questo momento non c’è e gli operai votano destra. Non è qualcosa di nuovo: la sinistra ha abdicato al ruolo di rappresentare il mondo del lavoro da tempo. Per ricostruire un’area progressista bisognerebbe partire da temi quali il lavoro, le disuguaglianze e la giustizia fiscale, ambientale e sociale. Penso che siano i fondamenti di un programma minimo in grado di rappresentare le istanze del mondo lavorativo

Prima si è espresso in modo critico sul taglio dei parlamentari. Ma non serve per risparmiare?

Quando c’è stato il referendum sul taglio del numero dei parlamentari l’Anpi si è impegnata affinché non passasse perché siamo convinti che non sia quella la spesa dove risparmiare. Per ridurre i costi della politica avremmo fatto altre scelte perché non è detto che se il parlamento costa meno sia per forza qualitativamente composto da persone più preparate. Anzi, potendo eleggere un numero minore di parlamentari, i meccanismi di autopromozione, cooptazione e autogenerazione interna ai partiti sono ancora di più. Mi pare che sia andata così in una situazione in cui i candidati vengono scelti dai segretari di partito. Inoltre, c’è stato un maggior numero di candidati paracadutati nei collegi sicuri, alla faccia delle competenze e del rapporto con il territorio. Prima di tutto, però, va specificata una premessa.

Ci spieghi.

Per funzionare una democrazia ha bisogno di costi. Invece di tagliare il numero dei parlamentari si sarebbero potuti prendere altri provvedimenti come mettere un tetto ai loro stipendi, eliminare le loro diarie, i rimborsi spese e tante altre voci accessorie. In questo modo sarebbe stato possibile salvaguardare maggiormente le minoranze: la nostra Costituzione le tutela non tanto perché abbiano diritto di veto ma perché hanno diritto di esistenza. Per risparmiare sui costi della politica si potrebbero tagliare altri enti e sviluppare una riflessione sui costi delle regioni. Infine, colgo l’occasione per aggiungere un’ulteriore considerazione.

Quale?

L’autonomia differenziata – una proposta di cui si sta sentendo parlare – contrasta con la Costituzione. Disegnerebbe un’Italia a due velocità e accentuerebbe la disgregazione sociale. Insieme al presidenzialismo costituisce un combinato disposto che come Anpi ostacoleremo in tutti i modi. Sono due elementi che ci preoccupano: una revisione della Costituzione in questa direzione ci vedrà fortemente critici e contrari. Questa considerazione vale per l’Anpi ma si estende a tutte le associazioni democratiche che si riconoscono nei valori della Costituzione. La Carta non è un feticcio che non si può modificare, ma non va stravolta: prima di modificarla mi sforzerei di applicarla dato che molti articoli sono ancora disattesi. Bisogna rilanciare lo spirito costituzionale come sentire comune e come cemento che ci rende popolo italiano e popolo del mondo. Per farlo occorre riscoprire le grandi scommesse che sono state alla base della Resistenza, cioè democrazia, libertà, lavoro, giustizia sociale, solidarietà e pace.

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