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Franco cortesi, esponente storico della dc

“Non torneremo al fascismo, l’Italia è cambiata rispetto a quegli anni”

Parla l'ex assessore al Comune di Bergamo ed ex presidente del Parco dei Colli: "Pericolo di una svolta autoritaria? Ipotesi lontana"

“Non torneremo al fascismo: oggi la situazione storica e culturale dell’Italia è diversa da quella che c’era in quegli anni”. Così Franco Cortesi, già assessore al Comune di Bergamo ed ex presidente del Parco dei Colli, storico esponente della Democrazia Cristiana, si esprime sui rischi di una “deriva autoritaria” dopo la vittoria del centro destra a guida Fratelli d’Italia alle elezioni politiche.

C’è il rischio di una svolta autoritaria secondo lei?

Non ritorneremo al fascismo, che è un passato che non deve più tornare. Credo che sia stato un fenomeno legato a specifici fattori storici come sono state la rivoluzione comunista in Russia e la situazione dell’Europa dopo la prima guerra mondiale, alcuni fattori storici che hanno creato il fenomeno Mussolini e ciò che ne è derivato. Oggi il contesto storico e culturale italiano è molto cambiato, quindi mi pare lontana l’ipotesi di ritorno al passato.

E com’è la situazione oggi?

Da anziano cittadino che si è impegnato in politica, con la Democrazia Cristiana, nei primi anni della repubblica, il mio rimpianto è che la politica sia stata ridotta a mera economia, mera protezione di diritti più o meno reali, senza cogliere la complessità delle scelte politiche. Osservo che i settant’anni di progresso in Europa, di stabilità e crescita economica che abbiamo vissuto sono dovuti alle scelte politiche fatte da uomini come De Gasperi, Adenauer, De Gaulle e Churchill che hanno creato le condizioni politiche per realizzare quell’Europa che finora abbiamo visto e goduto. Bisogna trovare nuovi leader che siano in grado di vedere il mondo di oggi alla luce dei problemi attuali, che sono di ordine globale. I nazionalismi, cioè la scelta di chiudersi dentro le frontiere non è certamente d’aiuto per capire e risolvere problematiche di portata mondiale.

In passato, in alcune fasi, sembrava poter nascere una collaborazione tra la DC e l’MSI. Cosa si ricorda di quel passaggio?

Ci sono stati momenti in cui una parte della DC vedeva possibile una collaborazione con il MSI, Ricordo le amministrative di Roma del dopoguerra e il governo Tambroni, ma contro queste tendenze De Gasperi e tutta la DC hanno preso una posizione decisa e la collaborazione fra questi due partiti non ha avuto successo. La responsabilità democratica della DC e il rispetto della Costituzione, il rispetto per il parlamento e per libere elezioni sono sempre stati totali e assoluti.

Vede analogie tra l’MSI e Fratelli d’Italia?

Sono realtà diverse. L’MSI era legato ai reduci della Repubblica Sociale Italiana, la Repubblica di Salò. L’onorevole Tremaglia, per esempio, veniva da quell’esperienza con una passione politica che in qualche misura lo rendeva partecipe del gioco democratico. Tremaglia è stato ministro col governo Berlusconi: non è vero che non è mai stato parte dell’esecutivo. Nei governi Berlusconi la stessa Meloni era ministro delle attività giovanili. Non è un improvviso capovolgimento. Fratelli d’Italia, invece, mi pare meno legato ai ricordi della Repubblica Sociale.

Per concludere, quali sono le priorità secondo lei?

L’Europa e i diritti civili e democratici. Siccome alcuni esponenti della maggioranza dicono di cambiare la Costituzione ma non hanno i numeri per farlo da soli. Inoltre, va considerato che si tratta di una maggioranza ben presente in parlamento ma minoritaria nel Paese perché c’è stato molto astensionismo.

E cosa pensa del presidenzialismo?

Ho avuto un’esperienza giovanile in Cile e fin da allora ho sempre pensato che la Repubblica presidenziale possa essere una soluzione anche per il nostro Paese, soprattutto dopo che i due partiti storici che l’hanno creata – DC e PCI – che rappresentavano due terzi dell’elettorato italiano non ci sono più, quindi sono venuti meno i presupposti sulla quale è nata la Costituzione. Esistono diverse tipologie di presidenzialismo, dal modello americano al semi-presidenzialismo alla francese: tutto sta nello stabilire poteri e contropoteri che evitino derive autoritarie. I primi articoli della Costituzione non sono modificabili, si può valutare la possibilità di cambiare la forma di governo: è giusto analizzare ipotesi diverse, con legge elettorale assolutamente fuori logica, basata su coalizioni che di fatto non esistevano più da tempo, come si nota dall’anacronistico riferimento al centrosinistra e al centrodestra.

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