• Abbonati
Bergamo segreta

Palazzo del Podestà, viaggio al centro del potere cittadino

Risalente con buona probabilità alla fine del XII secolo, l'edificio rappresenta un ponte fra la città medievale e quella rinascimentale complice la posizione strategica che consente di dominare l'intero centro storico di Città Alta

Il viso di un filosofo, la mano di un intellettuale, lo stemma di una famiglia nobile. Tutto ciò è quanto rimane degli affreschi che un tempo decoravano Palazzo del Podestà.

Risalente con buona probabilità alla fine del XII secolo, l’edificio rappresenta un ponte fra la città medievale e quella rinascimentale complice la posizione strategica che consente di dominare l’intero centro storico di Città Alta.

Costruita sulle ceneri dell’antica domus appartenente ai Bragagnoli, la struttura venne voluta dai Suardi che dovettero presto cedere il passo al Comune di Bergamo a causa delle aspre lotte che coinvolsero le famiglie orobiche fra le quali l’antica casata ghibellina, sconfitta e costretta a cedere la proprietà degli spazi.

L’istituzione pubblica decise così di insediarvi la residenza del podestà creando così un vero e proprio centro amministrativo conosciuto come “Hospitium potestatis” affiancato dalla “Turris Nova” (oggi comunemente nota come “Campanone” e all’epoca luogo di detenzione) nonché dotato di botteghe e di una cisterna.

Il palazzo iniziò a cambiare volto già a partire dal 1296 quando alcuni danneggiamenti spinsero il podestà Borolo di Castelletto a intervenire nel 1320 compiendo una prima ricostruzione e ampliando peraltro i propri spazi con tanto di realizzare di un nuovo ingresso nei pressi del cortile della Curia.

Un vero terremoto scoppiò tuttavia nel 1360 quando la struttura venne coinvolta da un devastante incendio che distrusse buona parte della stessa e costrinse il primo cittadino a trasferirsi in una vicina casa all’interno della vicinia di Antescolis, alle spalle del Fontanone Visconteo.

Già sede di alcuni uffici comunali, l’immobile ospitò il supremo magistrato sino al 1374 quando gli ambienti dell’Hospitium furono finalmente ristrutturati tornando così alle passate funzioni.

Parte delle strutture non vennero ricostruite, tuttavia a cavallo fra il Trecento e il Quattrocento l’edificio visse un ampliamento che portò all’acquisizione di terreni appartenenti al Vescovado e all’importanza riconosciuta alla “Porta curie d. Potestatis” rivolta verso il palazzo dell’episcopato.

Nella medesima fase storica alcuni terreni adiacenti vennero ceduti ai Suardi che eressero il fabbricato noto come “palazzo ex Zentelino Suardo”, ceduto da quest’ultimo ai fratelli Giacomo, Felisio e Giovanni Avogadro e abitato a partire dal 1434 dal podestà.

L’arrivo dei Veneziani a Bergamo comportò infatti il trasloco del proprio rappresentante nei locali affacciati su Piazza Vecchia (realizzata soltanto da alcuni decenni) e il pagamento di un affitto annuo di sessanta ducati inizialmente destinata alla sola casata bergamasca.

La decisione da parte dei fratelli Avogadro di dividere le proprietà portò a partire dal 1443 all’inserimento anche del Consorzio della Misericordia Maggiore, destinata a raccogliere la parte lasciata in eredità da Giacomo, scomparso proprio in quell’anno.

L’ingresso della Serenissima portò anche a un riassetto dell’intero centro istituzionale che si spostò letteralmente dall’allora Piazza San Vincenzo (oggi Piazza Duomo) all’attuale Piazza Vecchia sulla quale venne aperto un ingresso e inserito lo scalone esterno salone che conduce al Palazzo della Ragione.

Il piano terreno dell’edificio divenne la Camera fiscale, sede del camerlengo, del podestà e del capitano: insieme formavano il potere giudicante con il giudice alla Ragione chiamato ad occuparsi delle pratiche civili e il giudice al Maleficio impiegato in questioni di materia criminale.

Il Palazzo del Podestà subì un’ulteriore grave ferita nel 1770 quando un ampio incendio rovinò ancora la primitiva costruzione aprendo una fase di decadenza culminata con il crollo della Repubblica di Venezia e l’arrivo a Bergamo dei francesi.

Con l’istituzione della Repubblica Cisalpina guidata da Napoleone Bonaparte, l’area venne adibita come sede della Corte di Giustizia e del Tribunale provinciale che rimase lì sino al trasferimento in Piazza Dante avvenuto alla fine del XIX secolo.

Le sale dello stabile rimasero così per la prima volta della sua storia vuote, almeno sino al 1926 quando vennero prontamente occupate dal Museo di Scienze Naturali che conservò le sue collezioni in Piazza Vecchia per oltre trent’anni.

Negli ultimi decenni Palazzo del Podestà ha più volte cambiato destinazione d’uso prima di tornare ad ospitare un’istituzione culturale nel 2012 quando venne creato il Museo del Cinquecento, chiamato a raccontare la storia della città sotto il Leone di San Marco e consentire ai visitatori di immergersi negli scavi archeologici riguardanti l’epoca romana.

Nonostante le numerose modifiche subite nel corso dei secoli, la struttura appare ancora oggi inconfondibile grazie alla pianta rettangolare irregolare a corpo doppio e alla muratura in pietra e mattoni intonacata che contraddistinguono la facciata principale.

Nella parte inferiore compaiono pilastri in conci di pietra squadrati a faccia vista lavorata a punta o martellinata e colonne in mattoni pieni intonacati, mentre le fasce superiori sono punteggiate da aperture in pietra arenaria così come lo scalone.

La copertura appare infine a padiglione, con una piccola parte a falda, contornata da legno e coperta in gran parte da coppi.

Ciò che attira maggiormente i curiosi sono senza dubbio gli affreschi che un tempo adornavano il prospetto principale e oggi esposti nel vicino Palazzo della Ragione all’interno della Sala delle Capriate.

Alte più di due metri, le sette immagini vennero realizzate dal Bramante nel biennio 1477-1478 raffigurando una serie di antichi saggi protetti da un’architettura destinata a richiamare quella reale.

Un ulteriore ciclo decorativo era visibile all’interno del Salone dei Giuristi posto al secondo piano della dimora e addossato al lato meridionale del Campanone.

Inserito nel progetto di demolizione del Palazzo della Ragione a favore della realizzazione della nuova Cattedrale progettata dal Filarete, lo spazio fu coinvolto all’interno degli scontri fra Comune e Curia Vescovile che portarono alla cancellazione del piano iniziale e all’edificazione del salone soltanto nel 1502.

Più tardi sono invece gli affreschi disegnati da Giovan Battista Guarinoni d’Averara nel 1517 e nei quali erano riprodotte alcune scene di storia sacra capeggiate al centro da una raffigurazione della Trinità.

Lo scorrere inesorabile del tempo ha cancellato anche questi piccoli gioielli d’arte rinascimentale, tuttavia il certosino lavoro di restauro compiuto durante il secolo scorso ha permesso di restituire la luce ad alcuni frammenti e allo stemma dei Visconti, accompagnato da due aquile araldiche.

Fonti
Maria Teresa Brolis, Claudio Finzi, Francesco Macario, Paolo Pinti, Gianpaolo G. Scharf, La Signoria e il valore. Guerra e territorio nell’Italia al tempo del Colleoni, Rimini, Il cerchio, 2003
Gianmario Petrò, Dalla Piazza di San Vincenzo alla Piazza Nuova. I luoghi delle istituzioni tra l’età comunale e l’inizio della dominazione veneziana attraverso le carte dell’archivio notarile di Bergamo, Bergamo, Sestante, 2008
Tancredi Torri, Piazza Vecchia in Bergamo, Bergamo, Bolis, 1964

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
Più informazioni
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI