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Report 6-12 settembre

Covid, tutti gli indici sono al ribasso e la sottovariante Centaurus non spaventa

I dati della settimana appena conclusa confermano una discesa dei nuovi casi individuati a livello nazionale, anche se Bergamo è in leggera controtendenza: sulla sub-variante ottime notizie da uno studio svedese

Nella settimana epidemiologica 6/12 settembre i nuovi casi a livello nazionale sono stati 109.819 (-15,5% dai 130.043 del periodo precedente); media giornaliera 15.688 (da 18.578).

Scende il rapporto positivi/tamponi medio: dal 12,41 % all’11,39%.

Si registra una ulteriore diminuzione per quanto riguarda il numero dei ricoverati in Terapia Intensiva, che scendono dai 185 della scorsa settimana agli attuali 176. Scende anche il numero dei pazienti in Area Covid, che passa da 4.566 a 3.989.

Sale, invece, il numero dei nuovi ingressi in T.I., che passa da 115 del periodo precedente agli attuali 125.

Prosegue il calo dei decessi: nel periodo osservato sono stati 370 (465 nel precedente).

I tamponi totali sono stati 958.505, in calo rispetto ai 1.019.432 di una settimana fa; il 78,6% dei quali di tipo antigenico rapido.

Scendono gli indici di occupazione, sia nei Reparti Covid, dal 7,1% al 6%, sia nei Reparti di Terapia Intensiva: dall’1,9% all’1,8%.

Sempre in calo il numero dei pazienti in isolamento domiciliare: nel periodo sono stati 458.504 (erano 584.709).

Scende l’Rt: da 0,90 a 0,87.

Calano anche la curva dei contagi: da 0,09 a 0,08 e l’indice di contagio ogni 100 mila abitanti: da 220 a 188.

Lombardia e Bergamo

Anche in Lombardia scendono i nuovi casi: sono stati infatti 16.626 i positivi che, rispetto ai 18.852 della settimana precedente, danno un decremento dell’11,8%.

Ancora in calo il numero dei ricoverati in Area Covid, che passano da 575 a 514; stabile quello dei pazienti in Terapia Intensiva, che passano da 13 a 14.

In rialzo il numero dei nuovi ingressi in T.I.: da 6 a 11.

I suddetti numeri determinano quindi una diminuzione nell’indice relativo all’occupazione dei Reparti Covid che passa dal 5,5% al 5,1%; stabile quello dei Reparti di Terapia Intensiva a 0,7%.

Cresce un poco il numero dei decessi settimanali: da 77 a 80.

Per quanto riguarda gli attualmente positivi, si registra ancora una diminuzione: sono ora 33.559 (erano 40.539 la settimana scorsa); lo stesso anche per quanto riguarda le persone attualmente in isolamento domiciliare, che sono ora 33.031 (erano 39.951).

Cala l’incidenza dei casi ogni 100mila abitanti, che passa da 190 a 168; scende anche l’indice medio settimanale di positività: dal 12,38% all’11,19%.

In controtendenza il numero di nuovi casi nella provincia di Bergamo: nel periodo osservato i positivi sono stati 1.918 (1.850 la settimana scorsa), con un incremento quindi del 3,7%.

Si registra un calo nel numero di pazienti ricoverati nel Reparto Covid nell’ospedale cittadino: da 21 a 19. Tre sono i ricoverati in Terapia Intensiva (2 la scorsa settimana). Sei sono stati i decessi (7 nello scorso periodo).

Sale l’indice di contagio ogni 100 mila abitanti: da 167 a 173.

Situazione

I dati della settimana appena conclusa confermano una discesa dei nuovi casi individuati: superato un rapidissimo rimbalzo epidemico nell’ultima decade di agosto, stiamo attraversando una fase di riduzione del contagio che si sovrappone a quanto già accaduto (con 45 giorni di anticipo) in Portogallo. Tutti gli indicatori sono in ribasso: nuovi casi, ricoveri in area medica, ricoveri in area critica, decessi. Cala anche il rapporto “positivi/tamponi totali”, ed è un segnale molto importante perché si verifica nonostante la continua diminuzione dei test eseguiti. Unico dato negativo risulta da un appiattimento generalizzato negli ultimi giorni di tutti questi indici. Attendiamo i numeri di settimana prossima per meglio inquadrare la situazione.

Come abbiamo ricordato nelle scorse settimane, affronteremo il prossimo periodo autunno-inverno avendo, per la prima volta da inizio pandemia, la quasi totalità della popolazione in grado di opporre una qualche forma di resistenza nei confronti del Sars-CoV-2: faranno purtroppo eccezione i fragili, che per la particolare condizione del loro sistema immunitario continuano ad avere profili di rischio particolarmente elevati. Tutti gli altri, o perché vaccinati o perché guariti dall’infezione, hanno sviluppato una memoria immunitaria in grado di riconoscere il virus e di mitigarne gli effetti clinici. Proprio per questo motivo non saremmo stupiti se le prossime ondate fossero più rapide, ma meno imponenti che in passato. E soprattutto con un impatto meno importante sul sistema ospedaliero.

Le condizioni basilari affinché questo si verifichi sono due: 1) La mancata comparsa, in futuro, di nuove varianti in grado di superare le difese immunitarie. 2) Una continua e massiccia adesione alla campagna di somministrazione del vaccino: cosa che continuiamo a raccomandare per il futuro, insieme all’uso delle mascherine Ffp2, ai fini di una maggiore protezione personale.

La variante Centaurus

Sulle nuove varianti arrivano buone notizie dal Karolinska Institutet (Svezia) con una recente pubblicazione su “Lancet infectious diseases”: la tanto chiacchierata sub-variante Centaurus, il cui nome scientifico è BA.2.75, non appare in grado di sfuggire agli anticorpi sviluppati contro Omicron 5. In altri termini è molto simile a Omicron 5, che abbiamo recentemente affrontato anche in Italia mitigandone le ricadute cliniche grazie al vecchio vaccino basato sul ceppo originario di Wuhan. Secondo lo studio svedese, una eventuale ondata da BA.2.75 potrebbe quindi avere gli stessi effetti di quelli, già noti e sperimentati, della recente ondata di Omicron 5. E i nuovi vaccini, adattati a Omicron, dovrebbero dare una ulteriore spinta alla nostra capacità di risposta contro il Sars-CoV-2.

Per questo prima di lanciare inutili e prematuri allarmi, oltre a quello su Centaurus, sarebbe meglio prendere atto che siamo in una nuova fase dell’epidemia, proprio per la diffusa memoria immunitaria che moltissimi soggetti hanno acquisito in questi anni e con l’augurio di incrementarla con le prossime dosi.

L’attenzione va posta sul verificare la reale suscettibilità della popolazione alle nuove varianti che potranno emergere in futuro.

Al tempo stesso dovremo mantenere nervi saldi e rigore scientifico: le epidemie non finiscono perché siamo stanchi o ci rifiutiamo di considerarne gli effetti. Ma tutti i virus, e questo gioca a nostro favore, tendono ad adattarsi all’organismo ospite per trovare un punto di equilibrio.

Accadrà, prima o poi, anche con il Sars-CoV-2.

Nel mondo

I casi totali nel mondo da inizio pandemia sono 610 milioni. Di questi, 95 milioni si sono verificati negli Stati Uniti, con 1.050.000 decessi; 44.500.000 sono i casi registrati in India (528.000 vittime); 34.900.000 in Francia (155.000 vittime); 34.500.000 in Brasile (685.000 vittime). Seguono la Germania (32,5milioni – 148.000), la Corea del Sud (24 milioni – 27.500) e il Regno Unito (23,8 milioni – 206.000). All’ottavo posto l’Italia che precede Giappone, Russia, Turchia e Spagna.

I decessi legati al Covid sono in totale 6.500.000.

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