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Bergamo segreta

Il Monastero di San Benedetto, un’oasi di pace a due passi dal Sentierone di Bergamo

Posto all'angolo fra via Sant'Alessandro e via Carlo Botta, l'edificio rappresenta un vero e proprio centro di pace

Bergamo. Varcare il cancello del Monastero di San Benedetto significa lasciarsi alle spalle il caos della città. Posto all’angolo fra via Sant’Alessandro e via Carlo Botta, l’edificio rappresenta un vero e proprio centro di pace dove continuare a coltivare in silenzio e austerità l’esempio del monaco umbro.

Per conoscere le origini del complesso è necessario risalire alla prima metà del XIII secolo, periodo nel quale è già attesta la presenza nell’area del cenobio di Santa Maria Novella, simbolo di accoglienza e di condivisione.

A testimoniare questa vocazione vi è infatti il trasferimento nello stabile cittadino delle religiose provenienti dai monasteri di San Giuliano di Bonate Sotto e San Giorgio di Spino, giunte a Bergamo nel 1351 dopo che le comunità erano state già ufficialmente unite nel 1313.

Benché l’atto risalisse ad alcuni anni prima, le strutture continuarono a rimanere autonome da un punto di vista giuridico per oltre un secolo, come confermato da alcuni atti redatti dalla badessa Anexina de Locatello, chiamata a gestire i tre monasteri.

Monastero di San Benedetto

Nel corso del XV secolo il cenobio di Santa Maria Novella fu al centro di un’ulteriore unione che vide protagonista la comunità di Santa Maria di Valmarina, trasferitasi all’ombra delle Muraine all’inizio del Quattrocento e decisa a condividere le proprie forze con le proprie vicine.

Sancito ufficialmente nel novembre 1487, quest’incontro portò a un rapido incremento della popolazione religiosa che il 18 giugno 1504 arrivò a contare ventotto monache professe, un numero che spinse la comunità ad ampliare la piccola chiesa realizzata nel 1448 e dedicata dal 1451 a San Benedetto.

Dopo aver provveduto a completare nel 1516 un primo intervento di restauro a causa del crollo di una parete, la struttura venne coinvolta in una serie di ulteriori lavori gestiti dall’architetto orobico Pietro Cleri detto Isabello.

Monastero di San Benedetto

Autore dell’opera di sistemazione della cappella interna, affrescata fra il 1510 e il 1515 da Jacopino de’ Scipioni, il tecnico orobico provvide a ristrutturare e riorientare l’edificio posando la prima pietra il 6 maggio 1522.

Il legame fra l’Isabello e le religiose del monastero di San Benedetto era così forte tanto che le stesse nel 1537 decisero di donare al progettista bergamasco un terreno, rientrato in possesso delle monache sette anni dopo complice la scelta del figlio Leonardo di donare in dote alla sorella Maria l’appezzamento in vista del suo ingresso in monastero.

Nonostante il cantiere fosse stato chiuso già nel corso del 1523, la chiesa venne consacrata dal vescovo Vittore Soranzo l’11 settembre 1547 e dedicata alla Vergine Maria Assunta a san Benedetto e ai titolari delle diverse comunità monastiche lì confluite: san Giuliano, santa Margherita e, dal 1575, anche san Fermo.

Lo scorrere inesorabile del tempo non ha cancellato il fascino del complesso monastico di San Benedetto, composto dalla chiesa, da due chiostri, da un cortile e da un grande brolo circondato da mura.

L’ampia facciata su via Sant’Alessandro si caratterizza per la sua compattezza dovuta alle pochissime aperture presenti, consentendo così di vedere soltanto una parte degli edifici che compongono il complesso.

Monastero di San Benedetto

Buona parte della sezione esterna è occupata dalla chiesa stessa, contraddistinta sia lungo il prospetto principale che quello laterale per la divisione degli spazi offerta dalle quattro lesene presenti, decorate da un elemento laterale.

Discorso diverso per i capitelli modanati in laterizio da quali partono un alto cornicione aggettante sul quale a sua volta viene impostata la parte terminale del fronte composta da un secondo cornicione e un timpano triangolare.

Nella parte inferiore compare invece al centro un portale architravato, racchiuso tra le lesene chiamate a reggere un piccolo timpano e destinate ad accompagnare l’accesso agli spazi interni, distribuiti su una pianta centrale dotata di tiburio ottagonale e cupola interna contenente scene della vita benedettina realizzate da Giuseppe Antonio Orelli nel 1756.

All’interno della chiesa è inoltre possibile osservare l’ampio coro, sostenuto da un elegante porticato e chiuso da una transenna lignea che consente alle monache di clausura di seguire dall’alto le celebrazioni.

Di fronte ad esso compare il presbiterio che ospita in un’ancona marmorea una pala realizzata da Giampaolo Cavagna e raffigurante il Miracolo annuale dell’acqua sgorgante dall’arca dei Santi Fermo, Rustico e Procolo, posta all’interno del monastero omonimo.

Dietro l’altare è invece posizionato un dipinto dedicato all’Assunzione affiancato a sua volta da pitture di Giovanni Chizzoletti raffiguranti san Mauro che guarisce gli infermi e il patrono di Bergamo, sant’Alessandro.

La chiesa non è tuttavia l’unico gioiello del monastero, come dimostrato dal chiostro minore, disegnato da Pietro Isabello su pianta rettangolare e utilizzato come spazio riparato per la sosta tra il mondo esterno e la clausura.

Impostato su sei archi a sesto acuto disposti lungo tre lati, lo spazio è sostenuto complessivamente da cinque colonne in arenaria, slanciate da alti piedistalli con dadi decorati da bassorilievi e chiuse da capitelli con volute ioniche e foglie angolari.

Nelle dodici lunette che decorano il chiostro è inoltre possibile osservare gli affreschi realizzati nel 1597 da Cristoforo Baschenis che, attraverso un ciclo pittorico dedicato agli episodi della vita di San Benedetto da Norcia, ripercorre i numerosi compiuti dal fondatore dell’ordine.

Posto all’interno dell’area dedicata alla clausura è invece il chiostro maggiore che si distribuisce su uno spazio più esteso del precedente conservando al centro ampie aiuole e una statua dedicata al monaco umbro.

Riprendendo lo stile rinascimentale del cortile minore, esso presenta otto colonne con capitelli ionici lungo i due lati maggiori e quattro lungo quelli minori a cui vanno aggiunti i pilastri d’angoli, tutti realizzati in pietra arenaria.

Nonostante i numerosi cambiamenti che hanno investito la società orobica negli ultimi secoli, il monastero di San Benedetto ha conservato intatto il proprio ruolo divenendo così una delle istituzioni più importanti per la chiesa orobica.

Fonti

Mario Locatelli, Paolo Da Re, Bergamo nei suoi monasteri. Storia e arte nei cenobi benedettini della Diocesi di Bergamo, Bergamo, Edizioni Il Conventino, 1986

Luigi Pelandi, Attraverso le vie di Bergamo scomparsa, Bergamo, Bolis, 1965

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