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La mostra

La Gamec celebra Christian Frosi e il suo “ghosting artistico”

Fino al 25 settembre 2022 è possibile visitare l’esposizione dedicata all'artista milanese che dal 2012 ha deciso di sospendere la sua presenza dalle scene

Fino al 25 settembre 2022 è possibile visitare l’esposizione nello Spazio Zero della GAMeC di Bergamo, dedicata a ripercorrere i dieci anni di attività di Christian Frosi, artista milanese che dal 2012 ha deciso di sospendere la sua presenza dalla scena artistica.

Il 2022 segna il decimo anno di assenza dell’artista nella storia dell’arte: l’intento della GAMeC è proprio quello di ricordare, salvaguardare, interrogarsi e cercare di comprendere al meglio il suo percorso artistico.La mostra, curata da Nicola Ricciardi, è da intendersi come antologica in quanto raccoglie trenta opere disposte in ordine cronologico attraverso un white cube che le esalta nel migliore dei modi.

Attraversando sala dopo sala lo spettatore è in grado di percepire il percorso di mutamenti dei concetti su cui Frosi lavora lungo tutta la sua attività. Ma se con il passare del tempo alcune modifiche sono evidenti, come la richiesta di partecipazione al pubblico visibile in ‘naso molletta alluminio naso’ del 2014, ultima opera realizzata dall’artista, in generale si possono individuare tematiche ricorrenti in molti lavori per cercare di dare una semplice chiave di lettura alle opere esposte.

Fil rouge, non troppo pacato, è il lavoro sul concetto di instabilità declinato però con molteplici visioni: l’iconica ‘Foam’, una delle tre opere presentate per la prima personale nella galleria milanese Zero… nel 2003, consiste in una nuvola di schiuma che pervade l’ambiente interno della galleria nella sua interezza e oltrepassa la quarta parete, attraversando la finestra dell’edificio, uscendo in strada e arrivando nella vita del quotidiano.

Frosi lavora spesso con materiali di uso comune privandoli della loro funzione originale e modificandoli, ne è un esempio ‘New Title Riso e ‘Succo di Frutta’ presentato per la terza personale nella galleria Zero nel 2009, in cui il debito ai ready-made rettificati Duchampiani è evidente.

Ai materiali è però spesso lasciata una dose di libertà: come lo stesso Frosi sostiene “Mi piace l’idea di mantenere nelle forme una sottile, violenta libertà”.

La schiuma di ‘Foam’, così come la sabbia di ‘Duna’ del 2007, è incontrollata dall’artista e per sua natura incontrollabile perché attraverso l’elemento della causalità essa assume forme mutevoli. Foam e Duna sono due opere senza conclusione prestabilita, opere aperte che non hanno definizioni stabili nel tempo e nello spazio.

L’instabilità è quindi declinata da Frosi attraverso il lavoro sui materiali ma anche, a partire dal 2006, lavorando sulla fisicità dei materiali. La precarietà è data spesso da Frosi attraverso il posizionamento di oggetti in equilibrio, creando situazioni uncomfort anche per lo spettatore che spera, per esempio, di oltrepassare indenne la biforcazione di legno che regge un paio di scarpe posizionato al di sopra della chiave di volta di un passaggio, senza che esse cadano. L’opera presenta bene la dialettica tra movimento in potenza rappresentato dalle scarpe quale emblema di deambulazione umana e un’azione negata a causa dell’irraggiungibilità fisica dell’oggetto calzatura.

Si tratta di un’opera, quest’ultima descritta, che non può lasciare lo spettatore senza domande, lo può lasciare attonito, spaesato, ma non privo di curiosità. Ed è questo stesso sentimento di ricerca di risposte che circonda la figura di Frosi. Perché ha deciso di interrompere la sua attività in un momento così felice della sua carriera? Può un artista smettere di essere artista? Questi sono alcuni enigmi senza risposta che, usciti dall’esposizione, ogni spettatore ha l’esigenza di sciogliere.

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