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L'intervista

L’8 settembre 1943: “Fu il giorno della scelta e nacque la Resistenza, anche in Bergamasca”

Ne parliamo con lo storico Mario Pelliccioli, collaboratore dell’Anpi e delle Acli

L’8 settembre è una ricorrenza molto importante per la storia italiana. Questa data ricorda quando, nel 1943, gli Italiani apprendono l’annuncio dell’armistizio, firmato cinque giorni prima a Cassibile (Siracusa), segnando uno spartiacque per l’Italia.

Finisce l’alleanza con la Germania nazista e contestualmente iniziano gli ultimi venti – difficilissimi – mesi di guerra, segnati da stragi, bombardamenti e rappresaglie, fino ad arrivare al 25 aprile 1945, data simbolo della Liberazione dell’Italia, della conclusione del fascismo e della fine della seconda guerra mondiale. Abbiamo intervistato lo storico Mario Pelliccioli, collaboratore dell’Anpi e delle Acli, chiedendogli di ripercorrere cosa accadde.

Cosa è successo l’8 settembre 1943?

Per capire quello che accade l’8 settembre 1943 ed essere consapevoli del significato, della portata e del valore di questa data, non bisogna dimenticare che quaranta giorni prima, il 25 luglio, era caduto il governo Mussolini e che il re aveva incaricato il maresciallo Badoglio di formare il nuovo governo. E’ un governo che continua la guerra a fianco della Germania nonostante i disastri dell’esercito su tutti i fronti e le gravi conseguenze dello scontro bellico per la popolazione; la guerra continua, nonostante il dissenso verso il conflitto sia sempre più diffuso; è un dissenso presente e diffuso anche negli altri comandi, al punto che il 3 settembre il governo Badoglio firma l’armistizio di Cassibile con gli Alleati; è quello che generalmente viene chiamato “armistizio breve”, che sarà seguito da un successivo accordo, siglato il 29 settembre, che viene definito “armistizio lungo”.

Cos’è successo dopo la firma dell’armistizio di Cassibile?

L’armistizio prevede la resa incondizionata dell’Italia. Dopo averlo firmato, il maresciallo Badoglio non ne comunica subito il contenuto; gli Alleati fanno pressione affinché sia reso pubblico, ma Badoglio tergiversa ed è incerto sul da farsi forse timoroso di come lo avrebbero accolto gli altri comandi. A quel punto gli anglo-americani intensificano i bombardamenti, finché, alle 18.30 dell’8 settembre 1943 il generale Dwight Eisenhower legge il proclama ai microfoni di Radio Algeri. A distanza di poco più di un’ora, il maresciallo Badoglio annuncia l’armistizio dalle frequenze dell’Eiar, la radio di Stato. Il testo del proclama è noto e, dandogli una prima lettura, ci si rende subito conto che è ambiguo, soprattutto per quanto riguarda l’atteggiamento da tenere verso gli ex alleati Tedeschi. Tutti i vertici militari scappano dalla capitale; il maresciallo Badoglio, re Vittorio Emanuele III e suo figlio Umberto fuggono dirigendosi verso Pescara per poi recarsi a Brindisi. C’è una confusione enorme, perché le clausole dell’armistizio non sono chiare, ma anche perché dalla maggior parte delle persone l’armistizio viene interpretato come l’indicazione della fine della guerra. I Tedeschi preparano la loro ritorsione con l’operazione Achse, che prevede l’occupazione militare di tutta la penisola. Oltre 800 mila soldati italiani sono catturati dall’esercito tedesco e destinati ai diversi lager presenti in Europa con la qualifica di Internati Militari Italiani.

A quel punto cos’è accaduto?

L’Italia si trova nell’incertezza assoluta. Si forma il Regno del Sud, definizione utilizzata convenzionalmente dagli storici per indicare che è continuazione del Regno d’Italia, fino al giugno ’44, quando avviene la liberazione di Roma; in realtà è un governo sotto controllo degli Alleati. A nord, invece, la calata dei tedeschi corrisponde alla formazione della Repubblica Sociale Italiana, chiamata anche Repubblica di Salò, che ha a capo Mussolini ma è controllata militarmente e amministrativamente dai Tedeschi. L’8 settembre 1943 è una data molto importante, che segna un passaggio storico fondamentale per la storia dell’Italia, al punto che alcuni storici chiedono che diventi festa nazionale.

Qual è il suo significato?

Per gli Italiani è il momento della scelta. Ogni cittadino è obbligato a decidere se andare contro le istituzioni e le leggi che sono in vigore oppure collaborare con i nazifascisti. Per comprendere la portata di questo passaggio, è fondamentale considerare la situazione in cui si trova l’Italia: proviamo a pensare, ad esempio, cosa significa per un giovane fare una scelta come questa. Non è una scelta facile: a chi potrebbe chiedere un consiglio? Con chi potrebbe confrontarsi? Di chi potrebbe fidarsi? Ma c’è anche un altro aspetto da non sottovalutare: i giovani non sono preparati a compiere una scelta del genere, a prendere una decisione autonoma, perché sono cresciuti nella società fascista, sono stati istruiti dalla scuola fascista e sono stati educati non come cittadini ma come fascisti; il fascismo chiede loro solo obbedienza e vieta di parlare di politica. Per questo motivo la Resistenza e l’antifascismo diventano la vera scuola di democrazia e autonomia.

Cosa accadde a Bergamo l’8 settembre 1943?

Dopo il 25 luglio (il giorno in cui cade il governo Mussolini, ndr) non si muove molto a Bergamo: solo un gruppo di comunisti del partito clandestino, guidati da Ettore Tulli, vengono allo scoperto. Il 9 settembre, cioè il giorno dopo l’annuncio dell’armistizio di Cassibile, E. Tulli e i suoi compagni si dirigono in prefettura e reclamano la consegna delle armi, intenzionati a far fronte all’occupazione della città ormai prevista da parte dei Tedeschi. Di fatto, non c’è alcuna organizzazione e nessuna risposta armata all’occupazione: i Tedeschi entrano in città il 10 settembre tra le 15 e le 16; l’’operazione coinvolge circa un migliaio di soldati, che vengono da Brescia ed entrano nel capoluogo orobico senza incontrare resistenze. Non ci sono morti; le caserme vengono abbandonate dai comandanti e i soldati fuggono: nell’arco di pochi giorni i Tedeschi si sistemano sul territorio scegliendo i luoghi che ritengono strategicamente più importanti. L’11 settembre il comandante tedesco Neumann obbliga a consegnare le armi e incontra le autorità locali. Alcuni edifici, come l’ex carcere di sant’Agata, sono già occupati dal 10 settembre, ma gradualmente i tedeschi si assestano sul territorio.

Quali luoghi scelsero?

Per citare alcuni esempi, l’attuale istituto Vittorio Emanuele viene adibito a deposito militare e i locali sopra l’odierno Balzer diventano gli uffici del lavoro, mentre un edificio di fronte all’ex cinema San Marco, in viale Vittorio Emanuele, diventa sede del comando delle SS e il palazzo Sozzi, che attualmente ospita i professori del seminario, viene destinato a sede del comando. Ma vi sono anche edifici adibiti a carceri, come il convitto di via Pignolo (oggi sede universitaria) e una parte del monastero Matris Domini. L’8 settembre è il momento della scelta, e si può affermare che è il giorno in cui comincia la Resistenza, anche nella Bergamasca.

Come iniziò?

A Bergamo in quegli anni funziona un campo di prigionia; si trova alla Grumellina, nella zona di Grumello al Piano e vi sono internati 4 mila prigionieri di guerra che i tedeschi hanno catturato sul fronte orientale. L’8 settembre ’43, mentre la custodia del campo è affidato ai fascisti, questi prigionieri scappano e si distribuiscono in tutto il territorio della provincia. Attorno alla loro fuga si costruisce un’articolata rete di aiuto fatta da uomini e tante donne. Il supporto dato a questi militari diventa il primo atto della Resistenza nella nostra provincia. Nelle persone che li aiutano c’è la consapevolezza che bisogna proteggere questi prigionieri dalla violenza nazifascista. E’ ormai evidente che l’obbedienza alla legge non può più essere la giustificazione del proprio comportamento ed è necessario imparare a misurare le proprie scelte, a valutare le proprie azioni al cospetto della propria coscienza, sapendo che la legalità non è affatto sinonimo di giustizia: se si vuole salvare un uomo bisogna anche sapersi mettere fuori dalla legge. A Bergamo nascono due grandi organizzazioni che aiutano questi fuoriusciti: una è legata al Partito d’Azione, a Giustizia e Libertà ed ha come guida gli operai della Dalmine (una delle sue figure principali è Ernesto Frigerio); l’’altra è la rete cattolica, che coinvolgeva laici e sacerdoti, come ad esempio i giovani dell’oratorio dell’Immacolata, don Antonio Seghezzi, don Agostino Vismara, Betty Ambiveri e don Bepo Vavassori.

Per concludere, una chiarimento: sull’8 settembre 1943 da tempo è in corso un dibattito perché da parte di alcuni scrittori e osservatori viene considerato il giorno della “morte della patria” (definizione che è diventata anche il titolo di un libro di E. Galli Della Loggia); sostengono questa idea, perché in quel giorno si è verificata un’implosione, lo scoppio dell’intero apparato statale che era stato costruito a partire dal Risorgimento (sul quale il fascismo aveva costruito una grossa crosta di retorica). Molti storici si oppongono a questa affermazione, perché ritengono che l’8 settembre sia il momento in cui nasce una nuova Patria, che è da costruire con senso di responsabilità; la Resistenza e poi la Costituzione fanno rinascere il sentimento nazionale italiano. E’ la riflessione che spesso proponeva l’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: c’era una nuova Italia da costruire e ciò è stato possibile farlo solo con la Resistenza, i cui valori si riversati nella Costituzione.

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