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Il grande ex

Da erede del Papu Gomez a capitano del Monza: Pessina ritrova l’Atalanta

Dopo la partenza del Papu sembrava il giocatore designato a raccoglierne l'eredità, invece la sua cessione in estate ha chiuso anticipatamente un capitolo che sembrava destinato a durare a lungo

Il mese di dicembre 2020 ha chiuso un’era all’Atalanta, un’era destinata a rimaner nella leggenda pur con un finale inaspettato: la rottura tra Gian Piero Gasperini e il Papu Gomez segnava l’inizio di una nuova fase, senza colui che era stato il faro della squadra nelle stagioni precedenti, il simbolo dell’ascesa nerazzurra fino alla Champions League.

Nello stesso periodo stava emergendo il talento di colui che nei piani tecnici ne sarebbe diventato l’erede. Matteo Pessina aveva già impressionato nelle qualificazioni ai gironi di Europa League nell’estate 2018, successivamente all’anno trascorso in prestito allo Spezia in Serie B (9 gol). Era il periodo in cui per l’Atalanta vendere era normalità, in cui ricavare plusvalenze di peso era l’obiettivo primario della dirigenza. Non era raro sentire in giro che il classe 1997 fosse “uno da prendere prima che esplodesse”.

L’annata 2019/20 è stata poi una grande conferma: Gasp lo ha mandato dal suo allievo Ivan Juric all’Hellas Verona, lui è entrato in pianta stabile nell’undici titolare, giocando quasi sempre nei due dietro la punta. Dopo 35 presenze, 7 reti ed una continuità ritrovata, il ritorno a Bergamo da coprotagonista sembrava scontato.

“Aveva già delle ottime capacità, ma l’anno di Verona è stato determinante. È un giocatore molto duttile, può giocare a centrocampo o più avanzato. È stato fatto un lavoro di qualità”, aveva sottolineato Gasperini.

In effetti così è stato. Anzi, è andata pure meglio di quanto poteva credere: l’epurazione del Papu gli ha aperto spazi che forse non pensava di poter avere. Titolare ad Anfield contro il Liverpool, titolare contro l’Ajax alla Johann Cruyff Arena. Due vittorie su due che valgono gli ottavi di finale contro il Real Madrid. In entrambe le partite è ancora titolare.

Una certezza. Caratteristiche diverse dal Papu, ma stessa effettività. E pensare che fino a qualche mese prima del mercato si parlava di possibile cessione, poi la permanenza, la centralità. Una svolta totale, premiata con la chiamata in nazionale nella rosa di Mancini e poi l’inserimento nel gruppo dei 26, anche grazie al forfait di Sensi. Sappiamo tutti come è andata a finire.

Toccato il punto più alto, dal nativo di Monza ci si aspettava una conferma che in realtà non è mai del tutto arrivata. Il suo coinvolgimento nelle rotazioni è stato simile, ma l’impatto tecnico è diminuito vistosamente, condizionato anche dagli errori tecnici e dalle difficoltà generali della squadra, che ha dovuto fare a meno di Zapata.

La sua centralità negli schemi è andata calando, il suo apporto molto basso. In più occasioni è facile ricordare Gasperini furioso per errori tecnici e decisionali del suo numero 32 a partita in corso. È calato, così come tutta la squadra.

Quando il mercato ha presentato l’opportunità di trasferirsi al Monza, nessuna delle parti in causa se l’è lasciata sfuggire. Per Matteo un ritorno a casa, nella città in cui è nato e nella squadra in cui è cresciuto. Per i brianzoli un nuovo capitano su cui aprire un ciclo, per l’Atalanta una possibilità di monetizzare (anche se una buona percentuale è andata al Milan) mettendo a referto l’ennesima plusvalenza — solo nel caso il Monza si salvi: per ora i punti sono zero.

Dopo due mesi dai saluti, Pessina e l’Atalanta si ritrovano da avversari: pensando a ciò che è stato, anche solo per poco, ma anche a ciò che poteva esser una storia più lunga insieme.

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