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L'intervista

Marina Brunello, la “Regina degli Scacchi” bergamasca

Classe 1994 e nostra concittadina, Marina Brunello è considerata da anni la “Regina degli scacchi” italiana: “Bella la serie Netflix, ma noi non vediamo la scacchiera sui soffitti. Importante la preparazione mentale, ma anche quella fisica”

A Bergamo non c’è spazio solo per la Dea, ma anche per le regine. Già perché in pochi sanno forse che la “Regina degli scacchi” italiana si chiama Marina Brunello, ha 28 anni, è nata e cresciuta a Bergamo, e fin da piccola ha dimostrato di avere molto talento per quel mondo fatto di 64 caselle, ma che richiedono tanto studio, impegno, passione, sacrificio e dedizione.

Diamo qualche dato, giusto per farvi capire: campionessa nazionale a 14 anni e 2 mesi, a 21 prima italiana a diventare Grande Maestra, nel 2019 prima a conquistare anche il titolo di Maestro internazionale (assoluto). Insomma, non da tutti.

Recentemente ha partecipato con la nazionale femminile italiana alle Olimpiadi di Chennai (India), e dopo questo ennesimo traguardo importante della sua carriera, abbiamo deciso di fare con Marina una bella chiacchierata, alla scoperta di uno sport forse ancora troppo sottovalutato e sconosciuto.

Partiamo subito dalla recente competizione che l’ha vista protagonista con la squadra femminile a Chennai. Un 29esimo posto di squadra e presa singolarmente, lei ha ottenuto 4 vittorie, 4 pareggi e 3 sconfitte in 11 match, per un totale di 6 punti ma rispetto alle sue colleghe, lei è stata l’unica a disputare tutti i match senza turno di riposo .Come valuta quindi la sua prestazione e quella collettiva in queste olimpiadi? Si aspettava di più o di meno?

Sicuramente potevamo fare meglio, ma abbiamo avuto un po’ di sfortuna visto che la seconda e terza scacchiera si sono ammalate durante il torneo, quindi non abbiamo potuto schierare la formazione migliore contro qualche squadra più forte sulla carta, ma va bene così.

Lei al momento è la numero 1 italiana, ed è considerata la nostra “Regina degli scacchi”. A tal proposito, ha visto la serie tv Netflix? Le è piaciuta? Cosa invece reputa completamente inventato nella fiction?

La serie tv è fatta bene, anche se mi piaceva di più il libro. Rende abbastanza come è abbastanza la vita di un giocatore di scacchi. Certo, alcune parti sono esagerate, non vediamo la scacchiera sul soffitto. Ovviamente ci sono parti romanzate. In India ci siamo attenuti a giornate serrate: si giocava dal mattino, poi si arrivava la sera stanchi e quindi non c’è mai stato il tempo di girare Chennai. Si vede anche la parte di solitudine nella scena in cui la madre di Beth le chiede cosa sta leggendo: è difficile far capire a qualcuno il contenuto di un libro di scacchi se non ha mai giocato, perché non è un romanzo

Tornando alla vita quotidiana, com’è veramente essere una scacchista? Come ci si prepara per i grandi eventi come le Olimpiadi?

Dipende dagli eventi: nella maggior parte dei casi ci si prepara contro l’avversario perché lo si conosce già prima, ma nel caso delle Olimpiadi dove ti possono capitare 180 Paesi diversi, la preparazione è più contro se stessi.

In generale si studia diverse ore tutti i giorni e poi c’è anche una preparazione fisica, che è importante: si gioca più di 4 ore al giorno e si arriva sempre stanchi. Essere in forma fisicamente aiuta a giocare meglio a scacchi.  È un sport molto mentale, quindi avere soprattutto i nervi saldi e tenere a bada l’emotività è molto importante.

La sua, così come quella di molti GM sembra una vita piena di impegni, studio e fatica. Riesce quindi a ritagliarsi un po’ di tempo per i suoi hobby?

Certamente, quando non siamo focalizzati sul torneo, torniamo persone normali. Esco con gli amici, gioco a calcetto… è come una normale giornata lavorativa e alla fine di essa ho del tempo del libero per me.

Lei fa parte di una famiglia di scacchisti. Ha scelto volontariamente di intraprendere questa strada o sapeva già che in futuro avrebbe seguito le orme di suo fratello Sabino e di sua sorella Roberta?

Entrambe le cose. Sabino ha iniziato per primo, ci teneva a giocare con qualcuno e quindi ci ha insegnato a giocare. Sicuramente è nata come passione trasmessa da mio fratello, ma con il tempo lo sempre vista come una cosa normale. Dopo il liceo la scelta non è stata facilissima, ma dopo la laurea ho scelto io di continuare a giocare a scacchi.

Dall’alto della sua esperienza, rispetto ad altri sport, cosa insegnano di diverso gli scacchi?

Gli scacchi sono uno sport individuale, e quindi anche la componente fortuna non esiste. Quando perdi è colpa tua, quando vinci, è merito tuo. Il senso di responsabilità è uno dei pregi. A uno scacchista viene naturale prevedere le mosse avversarie. Cercare di capire cosa sta per succedere per evitare dei problemi e cogliere delle opportunità.

Un’altra cosa interessante è che noi non abbiamo un tempo specifico per fare una mossa. C’è una gestione del tempo che è un fattore in più. Quando giochi a calcio il tempo è diverso, non lo gestisci tu. Inoltre, c’è un controllo emotivo, di problem solving e non a caso gli scacchi sono insegnati nelle scuole di alcuni paesi.

Negli ultimi anni molti allenatori e calciatori si sono appassionati agli scacchi e hanno cercato di mettere in pratica sul campo i diversi schemi tattici e strategici di questo gioco. Pensa veramente che gli scacchi sotto questo aspetto siano utili e che quindi si possa pensare al rettangolo da gioco come a un’enorme scacchiera?

Secondo me sono molto utili. Per esempio quando gioco a calcetto, i miei amici vedono che io ho una visione diversa del gioco. Soprattutto in difesa riesco a intuire in modo naturale cosa farà l’avversario, dove andrà la palla, e quindi avendo una buona memoria, mi viene naturale analizzare le diverse opzioni. Per un calciatore queste informazioni possono veramente fare comodo.

Ma già nel calcio questo si fa già, anche se in modo diverso: si studiano in anticipo le statistiche, le varie prestazioni dei singoli giocatori, dei prossimi avversari, le dinamiche di squadra, come attaccano, come difendono, gli schemi utilizzati.

Nel 2023 Bergamo sarà capitale della Cultura. Da bergamasca e professionista di questo sport, pensa che la città debba approfittarne per trasmettere la cultura scacchistica? Se sì, in che modo?

Difficile dirlo, però sicuramente si possono fare diverse manifestazioni, aperte al pubblico. Dipende da quando vorranno investire le autorità. Sicuramente il potenziale c’è, ma la scelta purtroppo non spetta a me (ride, ndr).

Progetti per il futuro? Si è già posta degli obiettivi da voler raggiungere?

Il prossimo appuntamento è il campionato europeo femminile ad agosto, sperando di potermi riqualificare per la fase mondiale.

 

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