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Verso il 25 settembre

Studenti fuori sede e diritto di voto: 5 milioni di potenziali astensionisti

Spostamenti dispendiosi a livello di tempo e denaro, che in molti casi sfociano nella rinuncia involontaria di recarsi alle urne

Alle elezioni del 25 settembre quasi 5 milioni di persone dovranno spostarsi dalla città in cui abitano per poter votare. Sono i fuorisede, una categoria di studenti e lavoratori che vivono in una città diversa da quella in cui hanno la residenza.

L’Italia è tra gli unici paesi europei (insieme solamente a Malta e Cipro) dove non esiste una legge che permetta ai fuori sede di votare dalla città in cui studiano o lavorano abitualmente. Questo si traduce in spostamenti dispendiosi a livello di tempo e denaro, che in molti casi sfociano nella rinuncia involontaria al voto.

Le elezioni 2022 si svolgeranno in un periodo particolarmente impegnativo per gli universitari a causa delle sessioni straordinarie di esami e lauree. Ma l’impedimento più rilevante sono i prezzi dei mezzi pubblici. Per fare un esempio, la tratta Torino-Catania in aereo può arrivare a costare 130 euro, mentre sulle rotaie il ticket Milano-Lecce parte da un minimo di 148 euro.

Le agevolazioni economiche sono solo parziali: da Bologna è partito un appello, lanciato dai giovani del circolo Arci ‘RitmoLento’ per chiedere il trasporto gratuito per tornare a casa in occasione delle elezioni ma purtroppo non ha avuto particolare risonanza.

Il comitato civico Iovotofuorisede si batte per il tema dal 2008 ed è sostenuto anche dall’Unione degli Universitari che ha lanciato l’hashtag #vogliamovotarefuorisede, diventato virale sui social.

Il problema è stato esaminato a Roma in un report presentato nell’aprile 2022 che riconosce come “questi cittadini siano potenzialmente ascrivibili all’universo degli astensionisti involontari”.

Il governo si era detto quindi disponibile ad un compromesso: il 25 luglio ci sarebbe dovuta essere la discussione parlamentare per l’approvazione del diritto di voto ai fuori sede. Se non fosse che la caduta del governo ha fatto passare la questione in secondo piano.

Esattamente due mesi dopo quella che avrebbe potuto essere la svolta per i fuorisede, questi si troveranno di nuovo su treni e aerei per esercitare quello che dovrebbe essere un diritto. La Costituzione, all’articolo 48, sancisce infatti che il diritto di voto non può essere limitato.

Come se non bastasse, c’è un paradosso: per chi si trova all’estero è più semplice, si può votare per corrispondenza. Le schede elettorali vengono inviate agli elettori aventi diritto che si trovino temporaneamente all’estero oppure siano iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), i quali le rispediscono per posta dopo aver votato da casa.

Dunque, è più probabile che voti una persona che si trova in Belgio o in Spagna, piuttosto di una che si trova a Bologna ma ha la residenza a Catania.

Sono emerse diverse iniziative per cambiare la situazione attuale. L’associazione no profit The good lobby ha presentato un ricorso contro lo Stato affinché la Corte costituzionale dichiari incostituzionale l’attuale legge elettorale.

I leader di +Europa Emma Bonino e Riccardo Magi hanno presentato un’interrogazione al governo per chiedere di intervenire e hanno lanciato una raccolta firme a cui chiunque può contribuire.

Alla fine di luglio Maria Cristina Pisani, Presidente del Consiglio nazionale dei giovani, si era dichiarata ottimista sostenendo che ci fossero ancora i tempi per trovare una soluzione. Ma i giorni passano, ci avviciniamo alla fine di agosto, e non c’è nulla che faccia sperare in un mutamento concreto delle condizioni.

L’assenza di una legge per agevolare il voto dei fuori sede danneggia soprattutto la fascia dei giovani, che in questo modo non riescono a far sentire la propria voce: un diritto che dovrebbe essere alla base della democrazia gli è negato.

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