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L'intervista

Parlare di ambiente sui social, tra consapevolezza e nuove sfide: i consigli di Marta, @laragazzaeco

Educatrice, si occupa di divulgazione attorno al tema della sostenibilità consapevole: "Un percorso graduale - dice - fatto di piccole vittorie, ma anche qualche scivolone"

Marta è un’educatrice e si occupa di divulgazione attorno al tema della sostenibilità consapevole. Forse la seguite già su Instagram come @laragazzaeco, ma in questa intervista avrete di sicuro la
possibilità di conoscerla meglio e trovare tanti spunti di riflessione che riguardano tutti noi.

Ciao Marta! Presentati a quelli che ancora non ti conoscono e raccontaci come è nata la tua pagina @laragazzaeco su Instagram.

Ciao BGY! Sono Marta, ho 29 anni e ho studiato scienze dell’educazione e pedagogia. Le mie domande attorno all’ambiente sono nate proprio durante l’università: studiando a Milano Bicocca, ho iniziato ad organizzare da me la mia vita e mi sono resa conto di quanto le piccole azioni quotidiane avessero un impatto sul pianeta. Inizialmente, anche io utilizzavo molti prodotti usa e getta, un po’ per situazioni impreviste nella vita universitaria, un po’ perché a volte si acquista anche per noia... Fino a che un giorno, davanti a un bicchierino preso alla macchinetta del caffè, mi sono chiesta: bicchierino oggi, bicchierino domani, cosa può provocare tutto questo, specie se moltiplicato per più volte al giorno, per tanti giorni, per migliaia di persone che vengono alla stessa macchinetta? Ho iniziato ad informarmi con alcuni video su YouTube: bisogna sempre prestare attenzione alle fonti che si consultano sui social, ma ci sono canali molto ben strutturati e affidabili. Per esempio, per me è stato fondamentale Trash is for Tossers di Lauren Singer, che si occupa di zero waste, cioè di riduzione drastica dei rifiuti prodotti. Da lì è partita l’idea di creare il mio profilo Instagram @laragazzaeco!

A questo proposito, vorrei mettere in evidenza un aspetto inusuale nel nostro mondo così legato alla visibilità. Nel tuo profilo, tu riesci a veicolare i messaggi che ti stanno a cuore con grande precisione e cura, ma al contempo riesci in questo intento senza “mostrarti”, rispettando il tuo bisogno di riservatezza...

Grazie per queste parole. Sì, sono sempre stata una persona abbastanza riservata, quindi ho voluto intraprendere questo percorso sempre sentendomi a mio agio: ho pensato, iniziamo piano piano e poi vediamo come va. E ho visto che funzionava lo stesso, che il messaggio arrivava anche senza storie parlate o dirette in cui mi mostravo.

 

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Ora entriamo nel vivo dell’argomento. Oltre alle questioni principali che – finalmente – stanno arrivando all’attenzione dei mass media, ci sono delle sfide più nascoste ma altrettanto importanti che tutti dovrebbero conoscere?

Per me ce ne sono tre. Il primo è la giustizia sociale. Il cambiamento climatico è un moltiplicatore della diseguaglianza sociale: ossia, l’aumento delle temperature causa una spaccatura fra le persone ricche, che potranno sviluppare delle strategie per adattarsi al cambiamento, e le persone povere che non avranno gli stessi strumenti né la stessa visibilità per affrontare il problema. Ironia della sorte, il “nord” del mondo è pure il principale responsabile della crisi climatica, mentre il cosiddetto “sud” vi contribuisce solo in minima parte, ma ne subisce le conseguenze più gravi.

Si vede anche nell’Overshoot day, il giorno in cui gli esseri umani terminano le risorse naturali che la Terra mette loro a disposizione per l’intero anno solare. Quest’anno è caduto il 28 luglio, ma a seconda del Paese considerato e dunque del consumo medio di risorse di ciascuno Stato, la data può essere anticipata o posticipata. C’è un sito dedicato a questo: lo potete esplorare qui, mentre su Footprint Calculator potete scoprire il vostro personale overshoot day sulla base dei vostri consumi. Torniamo alle sfide: quali sono le altre due che anticipavi?

La seconda è rivedere la nostra mentalità. Quando si dice “Salviamo la Terra”, dobbiamo ricordare che la Terra si salva da sola: siamo noi che dobbiamo salvarci come specie, per cui dobbiamo rivedere il modello capitalistico basato sul consumo, le mode, le comodità. Secondo i modelli attuali, è molto probabile che, tra pochi anni, la nostra vita sarà fortemente impattata da questi cambiamenti. Anche solo il caldo eccessivo e prolungato di questa estate è solo un assaggio di quello che ci aspetta se non facciamo qualcosa adesso. La terza sfida riguarda gli allevamenti intensivi. Se ne parla pochissimo, ma solo in Europa questi allevamenti costituiscono il 17% delle emissioni di gas serra, e il 70% della superficie agricola europea è destinata a pascoli e creazione di foraggi. Questo comporta un consumo abnorme di acqua e terra che potrebbero essere destinate ad altro. Spesso si sente dire che anche i nostri nonni allevavano gli animali per mangiare la carne, ma in verità in passato il rapporto numero di animali per numero di persone era completamente diverso rispetto ad adesso, dove si sono raggiunti dei record nei numeri di capi animali allevati. Per di più, durante tutta quest’estate si è parlato della carenza idrica: ecco, riflettiamo sul fatto che, per realizzare un solo hamburger, si utilizzano tra i 12 mila e i 15 mila litri di acqua...

 

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Molti giovani lettori di BGY vivono ancora con i genitori e non hanno ancora raggiunto l’indipendenza economica, tuttavia vorrebbero cambiare le loro abitudini quotidiane. Diamo loro qualche consiglio semplice e a costo zero (o quasi) con cui tutti possono cominciare a fare del bene a se stessi e al pianeta, da subito.

Vorrei partire con questa frase bellissima: l’acquisto più sostenibile è quello che eviti di fare. Spesso le pubblicità e i social ci inculcano desideri attorno a prodotti sostenibili, come le borracce o gli spazzolini in bambù, come se senza questi non fossimo abbastanza sostenibili. Non esiste un “corredo del perfetto ecologista”: il percorso verso la sostenibilità è graduale, ed è fatto di piccole vittorie e anche qualche scivolone. Partiamo da ciò che abbiamo in casa e possiamo riutilizzare o riparare. Compriamo di seconda mano, anche vestiti – nell’armadio dei parenti, nei charity shop o scambiando capi con gli amici in un swap party – e oggettistica. Andiamo a piedi, in bici, in autobus. Raccogliamo l’acqua della doccia mentre si scalda e poi usiamola per bagnare i fiori o pulire il WC. E poi facciamo sentire la nostra voce: parlare con gentilezza del problema ambientale a cena con i parenti, in un collettivo, è utile e gratis.

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