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L'inchiesta

Aborto: in Bergamasca 553 interventi in 6 mesi, 1 su 2 con la pillola. A chiederlo donne over 30

Aumentano, seppur lentamente, le interruzioni volontarie di gravidanza per via farmacologica, effettuate nel 77% dei casi all'Asst di Seriate. Ancora lontane Bergamo (28%) e Treviglio (13%)

Quasi tre interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) al giorno: sono 553 quelle gestite nei primi sei mesi dell’anno negli ospedali pubblici dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dell’Asst Bergamo Est di Seriate e Ovest di Treviglio. Al Papa Giovanni, in particolare, se ne contano 236: il 70% di quelle registrate nell’intero arco del 2021. Un numero – in attesa che termini l’anno solare per un confronto più completo – in controtendenza con quanto avviene a livello lombardo e nazionale, dove le Ivg continuano a scendere: per una maggiore consapevolezza sulla contraccezione e, in parte, per l’aumento delle vendite dei contraccettivi di emergenza, le cosiddette “pillola del giorno dopo” e “pillola dei 5 giorni dopo”.

Se negli Usa la sentenza con la quale la Corte Suprema ha abolito il diritto all’aborto è destinata a far discutere, in Italia – a 44 anni dall’adozione della Legge 194 – il pieno accesso all’Ivg resta ancora da garantire (la quota di obiettori è in lieve calo, ma le percentuali restano alte e in provincia di Bergamo dovrebbero toccare il 75%). Le ragioni sono note: abortire, spesso, significa trovarsi di fronte a medici o strutture che respingono le donne che non vogliono portare a termine una gravidanza indesiderata; donne magari già alle prese con una pressione psicologica tutt’altro che facile da sostenere.

Il 65% di quelle che si rivolgono ai medici dell’Asst Papa Giovanni sono italiane, con una età media di poco superiore ai 30 anni. A tutte loro, fino alla nona settimana di gravidanza, viene proposta la via farmacologica (la pillola abortiva Ru486), senza ricorrere alla procedura chirurgica. “Un approccio – spiegano dall’ospedale cittadino – che riduce l’impatto e la traumaticità sull’utero con conseguenti minori rischi sulle gravidanze successive. Chi si sottopone a questa via – specificano – può avere un ridotto trauma psicologico, anche se solo limitatamente agli aspetti legati all’intervento”. Così sono state gestite 68 Ivg nei primi sei mesi del 2022 (il 28%) e 103 in tutto il 2021 (30%). Numeri forse non altissimi, ma in sensibile aumento rispetto alle 73 del 2020. Altro dato: sui 29 medici della ginecologia e ostetricia, sono 7 quelli non obiettori: in pratica 1 su 4, seppur in crescita di due unità rispetto allo scorso anno. “Un rapporto – sottolineano dal Papa Giovanni – che permette di rispettare il dettato della Legge 194”.

 

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Nel primo semestre del 2022, l’Asst Bergamo Est di Seriate ha invece gestito 248 interventi, in proiezione più o meno in linea con i 512 del 2021. Il 58% delle donne che si sono rivolte ai presidi che praticano l’Ivg è di nazionalità italiana, con una età media di 30 anni e 8 mesi. Sul totale del 2022, sono ben 193 quelle che hanno scelto la via farmacologica (il 77%), 336 nel 2021 (65%). Va detto che su 35 dirigenti anestesisti, 29 non sono obiettori. Numeri che però calano tra i ginecologi: 8 su 30.

Nelle strutture dell’Asst Bergamo Ovest di Treviglio nei primi sei mesi dell’anno si contano 69 interruzioni volontarie di gravidanza (di cui 9 farmacologiche, il 13%). Erano 184 nel 2021 (37 farmacologiche, il 20%) e 203 nel 2020 (62 farmacologiche, 30%). Dati che indicano un trend in calo. Prendendo in esame il solo 2022, anche qui la richiesta vede un maggiore incidenza tra le donne italiane (58% dei casi) rispetto a quelle straniere (42%). Sono invece 4 i dirigenti medici ginecologi non obiettori che prestano servizio a Treviglio e Romano, 9 tra i dirigenti medici anestesisti (l’azienda ha preferito comunicare il dato ‘secco’, senza rapportarlo al totale dei medici).

Secondo il dottor Claudio Crescini, vicepresidente dell’associazione degli ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani, i dati provinciali sull’aborto farmacologico “non sono ottimali perché vi è ancora un ampio ricorso al ricovero ospedaliero con intervento chirurgico, ma la tendenza è in miglioramento in linea con le raccomandazioni dell’Istituto Superiore di Sanità e l’Oms” (se è vero che nei primi sei mesi dell’anno la Ru486 è stata usata nel 48% dei casi, lo è altrettanto che su questa percentuale influiscono gli alti numeri registrati dall’Asst Bergamo Est di Seriate).

“La provincia di Bergamo, rispetto ad altre, soprattutto del meridione – osserva Crescini – non presenta particolari difficoltà nel rispondere a questa richiesta da parte delle donne. Il numero di medici e di personale non obiettore di coscienza, sebbene limitato numericamente, è sufficiente per rispondere alla richiesta attuale. Ma qualche problema – avverte – potrebbe forse sorgere nel prossimo futuro, se non verrà affrontata in modo efficace e determinato la fuga dagli ospedali pubblici di molti professionisti e l’insufficienza  dei nuovi ingressi”.

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