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1962-2022

Sessant’anni fa la morte di Marilyn Monroe, sex symbol con un’anima in tumulto

Nella notte tra il 4 e il 5 agosto 1962 l’attrice moriva a Los Angeles dopo un’overdose di barbiturici, lasciandoci in eredità la bellezza perenne di una pin-up diventata icona del cinema e modello di femminilità e sessualità

“Hollywood è un posto dove ti pagano mille dollari per un bacio e 50 centesimi per la tua anima. Io lo so, perché ho rifiutato spesso la prima offerta e accettato i 50 centesimi”.

Così Marilyn Monroe raccontava il dualismo, quello tra desiderio erotico pubblico e perenne inadeguatezza personale, che racchiudeva in sé il proprio rapporto con Hollywood e lo Star System, includendo fatalmente anche il proprio vissuto. Il delicato equilibrio di un’attrice che oggi, a sessant’anni dalla morte, tutti riconoscono come un’icona mondiale, del cinema e non solo.

Proprio sessant’anni fa, nella notte tra il 4 e il 5 agosto 1962, nella sua abitazione a Los Angeles, Marilyn Monroe si spegneva, a 36 anni, in seguito ad un’overdose di barbiturici: una morte che, come per tutti i personaggi pubblici divenuti simboli, rimane avvolta in un alone di mistero. Diverse le ipotesi, racchiuse in un unico, beffardo, segno del destino. Marilyn muore a 36 anni, ancora nel pieno della bellezza attraverso la quale Hollywood l’ha presentata al mondo, ma ancora (e forse più) rinchiusa all’interno di una inadeguatezza che non l’ha mai abbandonata. L’incarnazione dell’età d’oro di Hollywood che si ritrova, sola, a fare i conti con la propria tragedia umana. La bionda Marilyn Monroe che si confronta con l’anima della castana Norma Jeane Mortenson, la pin-up che incarna un nuovo modello di femminilità e sessualità, uno standard di perfezione che si fa iconico oggetto del desiderio, una maschera che nasconde però una personalità vulnerabile.

Un dualismo che si è fatto iconico, l’immagine che, ancora oggi, racchiude in sé il significato di sex symbol, un’unione tra femminilità e sessualità che porta ad un candido erotismo: uno standard di perfezione combinato però sempre ad un’aura di innocenza e moralità. Non basta, all’inizio della carriera, lo scandalo delle foto di nudo sul primo numero di Playboy del dicembre 1953 (fatte dalla Monroe qualche anno prima) per intaccare la propria popolarità. Un successo di pubblico per l’attrice, che non combacia però con l’opinione della critica, concorde nell’omaggiarne la femminilità, ma non l’efficacia nella recitazione.

A Marilyn Monroe viene affidato quasi sempre il ruolo della donna oggetto di desiderio, con una sessualità iconica che diventa però identitaria, mostrata in fotogrammi-simbolo, incastonati nell’immaginario collettivo e diventati parte della storia del cinema. Basti pensare a Quando la moglie è in vacanza (regia di Billy Wilder, 1955) e alla scena girata sopra la grata della metropolitana, quando l’aria alza la gonna dell’attrice. Il successo arriva già un paio d’anni prima, con le prove drammatiche in Niagara (regia di Henry Hathaway, 1953) e La magnifica preda (Otto Preminger, 1954) e la commedia Gli uomini preferiscono le bionde (Howard Hawks, 1953), con l’interpretazione del celebre brano “Diamonds Are a Girl’s Best Friend”.

Un trionfo cinematografico che si misura però con una perenne incompiutezza dal punto di vista umano. L’infanzia trascorsa nelle case-famiglia, con una madre mentalmente instabile ed un padre senza identità, tre matrimoni (con James Dougherty, il campione di baseball Joe Di Maggio e il commediografo Arthur Miller) e un vociferato flirt con il Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. Una storia di successi e sbagli, di glamour e tormenti interiori, che l’hanno portata verso un fallimento dal punto di vista umano, fino al tragico epilogo.

La storia di Marilyn Monroe racconta più dello stereotipo della bionda maggiorata, più di quello che il cinema mostrava di lei al grande pubblico. Perché, in Marilyn Monroe (nome d’arte scelto per iniziare la sua carriera di attrice), rimane comunque Norma Jeane Mortenson, la bambina castana nata il primo giugno 1926 a Los Angeles.

Un dualismo infinito, tra pubblico e personale, che accompagna l’icona Marilyn Monroe ancora oggi. A sessant’anni dalla morte, dopo la querelle sul ‘naked dress’ di Marilyn indossato da Kim Kardashian al Met Gala e i 195 milioni di dollari per un suo ritratto firmato Andy Warhol, i cimeli dell’attrice sono ancora molto richiesti da fan e collezionisti.

Durante la prossima Mostra del Cinema di Venezia verrà anche presentato “Blonde”, film diretto da Andrew Dominik, con Ana De Armas nel ruolo di Marilyn. “Ho interpretato Marilyn Monroe, Marilyn Monroe, Marilyn Monroe – dice la protagonista nel trailer del film -. Non ce la faccio a fare un’altra scena da Marilyn Monroe. Esiste solo sullo schermo, fuori sono Norma Jeane”. Una pellicola che, a sessant’anni dalla morte di Marilyn, sembra promettere ancora una volta l’eterno confronto tra il desiderio erotico pubblico e la perenne inadeguatezza personale. Oltre al mito hollywoodiano, nella Monroe rimane l’anima inadeguata e tormentata di Norma Jeane Mortenson. Un dualismo che, da sessant’anni, continua a rivivere appena viene pronunciato il suo nome. Grandi trionfi e debolezze private, l’erotismo della sex symbol e un’anima in tumulto racchiusi semplicemente in un nome: Marilyn.

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