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L'attacco

“Vaccini a rilento, pochi tamponi: dopo due anni e mezzo il Covid in Lombardia è ancora emergenza”

Parla Oriana Ruzzini, farmacista e consigliere comunale del Pd a Bergamo

Bergamo. “La Regione annuncia un nuovo piano vaccinale dopo due anni e mezzo, ma di cosa stiamo parlando? Non dovrebbe esserci nulla di nuovo da inventare, perché di esperienza purtroppo ne abbiamo maturata”. Ha il dente avvelenato sulla gestione sanitaria regionale della pandemia Oriana Ruzzini, consigliera comunale del Pd e farmacista a Bergamo.

Mentre la nuova variante Omicron ha fatto impennare di nuovo i contagi (88.221 nuovi casi, 253 morti e tasso di positività al 19.7% i dati di martedì 26 luglio) con vaccini e tamponi la Lombardia, denuncia Ruzzini, sembra ancora allo sbaraglio. E Bergamo vive di riflesso.

A cominciare dalla campagna vaccinale, in particolare per la quarta dose, troppo lenta secondo lei. “Fino a due giorni fa i residenti a Bergamo che volevano prenotare la quarta dose di vaccino trovavano disponibilità solo in provincia e non prima di settembre. Soltanto lunedì il Papa Giovanni ha sbloccato le prenotazioni, con un tempo di attesa di tre o quattro giorni. Quello che era un blocco totale ora va meglio, ma rimane il fatto che l’ospedale è l’unico punto vaccinale in città, insieme ad alcune farmacie, che nel frattempo però hanno ripreso a fare tamponi a tutto spiano”.

Problema tamponato, si potrebbe dire. Non altrettanto, invece, si può fare con la situazione dei test, dove il numero di centri in cui richiederli è a suo dire insufficiente.

“In città il tampone di fine isolamento gratuito si può effettuare solo al Papa Giovanni (molecolare), alla clinica San Francesco e alla Palazzolo, in quest’ultima da meno di una settimana, e in generale con liste d’attesa anche di giorni. Ma dopo sette o più giorni di isolamento non si ha certo voglia di attendere l’esito del molecolare – continua Ruzzini – e così ci si reca in farmacia, dove il tampone rapido però è a pagamento e dove in più ci sono tutti coloro che vogliono togliersi un dubbio perché entrati in contatto con positivi, perché hanno sintomi, oppure perché hanno fatto un test casalingo e devono certificare la positività”.

Su cosa serva, Ruzzini non ha dubbi: “È bene che si proceda, ma bisogna dare la possibilità di farlo velocemente ripristinando i centri vaccinali. Servono altri punti tampone com’erano quello in Piazzale Alpini e al Matteo Rota. E serve un servizio gratuito”.

La Regione, secondo lei, dovrebbe guardare un po’ più in là, oltre i confini. “In altre regioni il metodo è chiaro: tampone gratuito per chi è sintomatico e per sancire la fine dell’isolamento, mentre il tampone rapido in farmacia solo per gli asintomatici. E poi autoregistrazione su piattaforma regionale per le positività rilevate con il tampone domiciliare. In Lombardia invece, a distanza di due anni, nelle farmacie si verifica la costante commistione tra sintomatici, positivi da certificare, pazienti fragili che si recano in farmacia per mille altri motivi”.

Con un risultato: le farmacie, ancora una volta, sono sommerse di lavoro, divise tra attività ordinaria e tamponi. E come se non bastasse, sono sempre alle prese con i problemi legati alle piattaforme di registrazione, spesso in tilt: “Molte persone che avrebbero voluto prenotare la vaccinazione nei mesi scorsi hanno trovato mille impedimenti informatici legati ad un sistema che non riconosce le nuove tessere sanitarie. Anche riguardo i tamponi non va meglio: il Siss, il sistema informatico per la registrazione degli esiti, è costantemente bloccato. Un disastro totale. Noi farmacisti perdiamo un sacco di tempo perché accumuliamo pratiche e dati da inserire delle persone, che poi ricevono in ritardo le comunicazioni. Se si riuscisse almeno a innovare dal punto di vista tecnologico lavoreremmo meglio”.

Un altro nervo scoperto però, forse uno dei più importanti, riguarda gli operatori sanitari, ai quali non è stata ancora data la possibilità di effettuare la quarta dose nonostante la campagna vaccinale sia partita. “Questa volta non si è nemmeno pensato di proporre a noi sanitari la quarta dose. Non dico l’obbligo, ma almeno la proposta. I vertici regionali probabilmente non hanno immaginato che esporre quotidianamente al contagio il personale sanitario, senza coinvolgerlo nella campagna vaccinale, potesse rappresentare un problema di tenuta delle strutture sanitarie, oltre che una mancanza di attenzione fondamentale nei confronti del nostro diritto alla salute”.

Tutte questioni che, alla fine, secondo la consigliera, dimostrano un meccanismo non ancora in grado di mettere a sistema gli sforzi fatti nel corso ormai di quasi tre anni. “L’ondata pandemica estiva ci ha sorpresi, nessuno era pronto psicologicamente ad affrontare di nuovo il virus. Si è stanchi, si ha voglia di vacanze e non di tamponi, vaccini, isolamento. È grave tuttavia che questa stessa impreparazione si riscontri nell’organizzazione sanitaria, dopo due anni e mezzo di pandemia. In una delle regioni più colpite al mondo è ingiustificabile considerare ancora il Covid un’emergenza. Nel momento in cui si vede che il virus rialza la testa bisognerebbe mettere in campo una serie di azioni, perché ormai si è capito che è così, non c’è più l’effetto sorpresa. Dovrebbe essere assodato che si devono avere convenzioni con le farmacie, il personale vaccinato. Non dico il tracciamento, che abbiamo capito essere quasi impossibile, ma il fatto che i centri tampone siano stati smantellati ovunque non è un bene. Capisco che il tempo è poco, ma così è una macchina lenta. E intanto il virus dilaga e ci ritroviamo in condizioni critiche”.

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