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Il caso

Palomino positivo e sospeso per doping: cosa rischia il difensore nerazzurro

L'argentino non ha superato un controllo a sorpresa effettuato a inizio mese, durante il quale sono state trovate tracce di Clostebol, uno steroide anabolizzante presente soprattutto in alcune pomate cicatrizzanti

Un fulmine a ciel sereno. La positività di Josè Luis Palomino al Clostebol Metabolita, rilevata durante un controllo antidoping svolto a sorpresa da Nado Italia a inizio mese, lascia in eredità all’Atalanta una situazione delicatissima.

L’argentino è stato immediatamente sospeso in via cautelare dal Tribunale Nazionale Antidoping, che ha accolto l’istanza proposta dalla Procura Nazionale Antidoping: il Clostebol, infatti, non può essere assunto né in competizione né fuori competizione e appare nella lista delle sostanze e dei metodi proibiti della Wada, un documento identificato come standard internazionale e che viene aggiornato annualmente.

Il Clostebol è uno steroide anabolizzante derivato dal testosterone, presente soprattutto in alcune pomate cicatrizzanti come il Trofodermin: è la stessa sostanza che nel 2017 costò un anno di squalifica a Fabio Lucioni, allora capitano del Benevento, e nel 2019 costrinse allo stop l’atleta paralimpica bergamasca Martina Caironi, alla quale furono poi condonati 8 mesi di squalifica. 

Nado Italia accusa Palomino di aver violato due articoli del codice sportivo antidoping nazionale: il 2.1, relativo alla “Presenza di una sostanza proibita o dei suoi metaboliti o markers nel campione biologico di un Atleta”, e il 2.2, “Uso o Tentato Uso da parte di un Atleta di una sostanza o di un metodo proibiti”.

Per entrambi viene richiamato il principio della “responsabilità oggettiva” dell’atleta per la presenza  nel proprio organismo di qualsiasi sostanza vietata, “indipendentemente dalla modalità con la quale vi sia arrivata o dall’intenzionalità di ingannare”: per questo non è necessario che gli organismi antidoping dimostrino “il dolo, la colpa, la negligenza o l’uso consapevole da parte dell’Atleta”.

Ma cosa rischia ora il difensore argentino? 

Sempre norme sportive antidoping alla mano, anche una squalifica di quattro anni “se la violazione delle norme antidoping non riguarda una Sostanza Specificata o Metodo Specificato, salvo il caso in cui l’Atleta o l’altra Persona siano in grado di dimostrare che la violazione non sia intenzionale”; oppure “se la violazione delle norme antidoping riguarda una Sostanza Specificata o Metodo Specificato e NADO Italia sia in grado di dimostrare che la violazione è intenzionale”.

Qualora invece l’atleta “dimostri in un singolo caso di non avere colpa o negligenza, il periodo di squalifica teoricamente applicabile è eliminato”.

Il periodo di squalifica può anche essere ridotto: “Qualora una violazione delle norme antidoping riguardi una sostanza specificata (diversa da una Sostanza di abuso) o un Metodo specificato e l’Atleta o altra Persona siano in grado di dimostrare l’assenza di colpa o negligenza grave, il periodo di squalifica corrisponde a un richiamo con nota di biasimo e nessun periodo di squalifica (misura minima) o due (2) anni di squalifica (misura massima), a seconda del grado di colpa dell’Atleta o dell’altra Persona”.

Il difensore ha tre giorni per chiedere le controanalisi e chiarire, prima di tutto a sé stesso, come sia potuto accadere: non è escluso che si possa essere trattato anche di un caso di contaminazione involontaria, magari da contatto con medicinali utilizzati dalla compagna, dalla figlia o da altre persone a lui vicine.

La sua situazione è comunque delicata: qualora la presenza della sostanza proibita venisse confermata, Palomino andrebbe incontro al giudizio del Tribunale Nazionale Antidoping, con udienza a campionato già iniziato: dimostrare la buona fede sull’utilizzo, eventuale, di medicinali che contengano Clostebol sarebbe fondamentale quantomeno per ridurre il periodo di squalifica, per il quale, però, incideranno parecchio anche eventuali responsabilità di terzi, come ad esempio un medico.

 

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