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La commemorazione

“Marco, una persona seria, ma con la levità di un bambino”: amici e colleghi dell’UniBg ricordano il prof. Sirtori

Il compagno Ruggero: “Con lui ho vissuto gli undici anni più belli della mia vita. Vi auguro di vivere quello che ho vissuto io con lui perché è qualcosa di davvero miracoloso"

Bergamo. Poliedrico. Flessibile. Serio. Giocoso. Riservato. Sono davvero tante le voci rotte dall’emozione e le parole con cui l’Università di Bergamo ha ricordato nella mattina di martedì Marco Sirtori, docente di letteratura italiana scomparso lo scorso 8 luglio a causa di una rapida malattia all’età di 55 anni. In un’aula colma di colleghi e studenti, ma anche di amici e familiari, in molti hanno preso la parola per lasciare un ricordo di Sirtori, professore con la passione della musica e in particolare del jazz.

A parlare per primo è stato il rettore Sergio Cavalieri, che ha ribadito il dispiacere di non essere riuscito ad organizzare in tempo proprio un momento musicale insieme a lui. “Mi rimane un rimpianto. Per lo scambio degli auguri di Natale avevo pensato di coinvolgere un collega e avevo pensato a lui vista la sua passione per la musica e per il jazz, una passione che poi trasmetteva ai suoi studenti e di cui faceva non solo un’arte ma anche un momento di riflessione e di approfondimento durante le sue lezioni. I tempi erano stretti e alla fine non siamo riusciti ad organizzarlo. Gli dissi ‘Marco, sarà per l’anno prossimo’. Peccato che non è potuto succedere. È un rimpianto perché sarebbe stato un momento gioioso in quella che è una comunità di persone il cui ruolo non è soltanto trasmettere competenze ma è una missione ben più importante che è di plasmare le menti, di rendere gli studenti cittadini del presente e del futuro. Di questo Marco era un emblema. Trasmetteva non solo passione, ma infondeva ai propri studenti il pensiero critico, la capacità di analizzare i fenomeni sotto prospettive anche inedite. Io mi porto a casa questo, la memoria di una persona che ha dato tanto all’Università perché per lui non era un dovere ma era normale”.

La brillante carriera di Sirtori era stata da poco coronata da un grande riconoscimento. Di recente infatti aveva vinto il concorso per diventare Professore Ordinario. “Un altro rimpianto che ho è di non aver avuto la possibilità di congratularmi con lui per la presa di servizio. Aveva vinto da poco il concorso da ordinario, un momento importante per la vita di un accademico. Un ruolo anche di responsabilità, ma che Marco sono sicuro avrebbe interpretato al meglio. Purtroppo la malattia ce l’ha sottratto”.

Rossana Bonadei, direttrice del dipartimento di Lingue, ne evidenzia il percorso di crescita all’Università di Bergamo. “Molti di noi l’hanno avuto come studente, è cresciuto con noi e ha fatto una carriera costellata da una serie di varianti perché aveva tantissimi interessi, Marco era davvero poliedrico, nel modo forte di impegno culturale e di impegno civile. Per noi onorarne la memoria non è solo ricordare un collega che s’e n’è andato, ma un collega un po’ più speciale di altri che ha dato tanto anche all’ateneo. Non ha mai rifiutato una richiesta di aiuto, e gli studenti lo sanno molto bene, anche se era un docente rigoroso e severo. Aveva un consenso raccolto sul campo”.

Raul Calzoni, docente di letteratura tedesca e soprattutto grande amico ripercorre gli ultimi momenti insieme: “Non è facile parlare di Marco, perché per me era innanzitutto un amico, un vero amico, che mi mancherà tantissimo. Pensate, mi ha telefonato il 28 giugno e mi ha chiesto come caricare i programmi per il prossimo anno accademico. Nel pomeriggio però mi ha richiamato, e porterò sempre con me una frase: “Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto in questi anni”. È stata l’ultima frase che mi ha detto. Ora voglio ringraziare lui per l’esempio che ci ha dato. Riusciva a riportare al giusto senso le cose, riusciva a dare equilibrio. Ciao Marco, fai buon viaggio”.

Un altro collega e amico, Luca Bani, professore di letteratura italiana, ne ha tracciato il profilo umano-scientifico. “È importante ricordarlo anche come ricercatore e come studioso, come persona che ha dato tanto all’italianistica e che ha lavorato – e ci è riuscito, secondo me – non soltanto per migliorare una disciplina, quella della letteratura italiana, ma per far crescere in generale il dipartimento di Lingue. La scomparsa di Marco priva l’Università di uno studioso profondo, intelligente e raffinato, che ha esplorato contesti e momenti differenti della letteratura italiana dalle origini al Novecento imprimendo però sempre un taglio interdisciplinare. Ciò che forse meglio lo ha caratterizzato è la poliedricità dei suoi interessi di ricerca. Era un fine conoscitore della letteratura italiana dell’Ottocento e del Novecento. La scomparsa di Marco lascia un vuoto incolmabile nell’Università ma soprattutto in tutti quelli che ne hanno apprezzato le qualità umane prima che professionali”.

Flessibile, serio e riservato. Sono le caratteristiche che Flaminia Nicora, docente di letteratura inglese e prorettrice all’Internazionalizzazione, aggiunge alle descrizioni dei colleghi: “Una parola che certamente è la cifra di Marco è flessibilità, perché era sempre incline a cercare di interpretare il suo lavoro in funzione degli studenti e del corso di laurea. Marco era una persona a cui gli studenti ricorrevano volentieri, perché sapevano di trovare una persona seria, ponderata, che non lasciava correre le cose ma sempre con gentilezza, con la capacità di ascoltare e di prendere il buono dalle cose. Un’altra delle parole che sono una cifra di Marco è la serietà. Era una persona molto seria, così seria da potersi permettere di scherzare, di poter avere la levità dei bambini e con questa levità studiare, giocare. L’ultima parola che vorrei condividere come cifra di Marco è anche però la riservatezza. Marco era molto più incline a condividere le cose belle e gioiose mentre era estremamente riservato su quello che poteva ferirlo o farlo soffrire, qualcosa che teneva per sé come se fosse sconveniente buttare su un altro le pesantezze, i dolori della vita. Lo vedevamo sempre sorridente ma Marco non lo era sempre dentro di lui. Era capace di controllare, di assorbire le cose con una consapevolezza, una maturità e un equilibrio che poche volte ho riconosciuto nelle persone. È stato un privilegio che fosse un amico prima ancora che un collega”.

A chiudere la commemorazione sono state le parole del compagno di Sirtori, Ruggero. “Vi chiedo oltre che di piangerlo di ricordarlo con un sorriso perché è quello che lui avrebbe voluto. Marco era una persona estremamente giocosa e allegra e il suo essere giocherellone emergeva nel tempo, tantissimo, che passava con i nipoti, divertendosi a giocare per ore ed ore come fossero i propri figli. Per quanto mi riguarda mi mancherà molto. Con lui ho vissuto gli undici anni più belli della mia vita. Vi auguro di vivere quello che ho vissuto io con lui perché è qualcosa di davvero miracoloso. Vi auguro di ricordarlo così e di trovare una persona come lui, che ti faccia sentire ogni giorno migliore di quello che sei”.

 

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