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A martinengo

Ubriaco, aggredisce (di nuovo) i carabinieri e il giudice lo perdona: “Stia di più con i suoi figli”

Si è concluso con la convalida dell'arresto senza alcuna misura cautelare e una paterna ramanzina il processo a M. A., alla sua quarta imputazione in cinque mesi per lo stesso reato

Bergamo. “È l’ultima volta che la perdono. E invece di uscire, la sera, stia di più con i suoi figli”.  Si è concluso con una ramanzina quasi paterna del giudice Roberto Palermo il processo per direttissima che venerdì vedeva imputato M. A., 43enne, nato in Marocco, per resistenza a pubblico ufficiale, alla sua quarta imputazione in cinque mesi per lo stesso reato.

L’ultimo episodio giovedì sera, a Martinengo. L’uomo, alterato da qualche bicchiere di troppo, ha iniziato a disturbare alcuni clienti fuori da un bar. Offese pesanti e atteggiamento aggressivo il suo, tanto che uno dei presenti ha chiamato i carabinieri.

Sul posto è arrivata una pattuglia dalla vicina stazione dell’Arma. I due militari hanno chiesto i documenti all’uomo, regolare in Italia, che si è rifiutato e ha detto loro: “Chiedeteli ai vostri colleghi di Romano, che mi conoscono bene”.

Al nuovo tentativo dei due, il 43enne, carpentiere per un’impresa edile di Brescia, si è agitato ancora di più tanto da costringerli ad ammanettarlo. Mentre veniva condotto sull’auto di servizio, poi, il marocchino ha rifilato alcuni calci a uno dei carabinieri, che ha riportato escoriazioni con cinque giorni di prognosi.

Una volta a bordo della vettura, M. A. ha iniziato a scalciare anche contro i finestrini, nella speranza forse di poter uscire. In caserma a Treviglio l’uomo è stato identificato e dal tabellario è emerso che era già stato segnalato una volta lo scorso marzo e due volte a maggio per lo stesso motivo, sempre nella zona della Bassa. Inoltre la Questura di Bergamo aveva emesso nei suoi confronti un decreto di divieto di ingresso in un locale di Romano, dove il marocchino abita con un amico dopo il divorzio dalla moglie (con quattro figli) a Bonate Sopra, e su di lui pende anche un obbligo di firma serale nella caserma romanese.

“Chiedo scusa, mi dispiace tanto. Non lo farò più”, le parole dell’imputato (con un accento bergamasco piuttosto marcato) in aula con indosso la maglia di Hakimi del Paris Saint-Germain.

“Sì ma capisce che non può sempre passarla liscia. Non è la prima volta che è a processo. Invece di uscire, la sera stia di più a casa con i suoi figli e vedrà che commetterà meno reati”, il richiamo del giudice Palermo.

L’udienza si è conclusa con la convalida dell’arresto ma senza alcuna misura cautelare (il pm aveva chiesto l’obbligo di dimora a Romano), il processo aggiornato al prossimo novembre e un altro rimprovero: “Però guardi che è l’ultima volta”.

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