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I dati sul clima

Bergamo ostaggio del caldo, quasi 4 gradi sopra la media. Da inizio anno -60% di piogge

Andrea Colombo, meteorologo di 3B Meteo: "Situazione senza precedenti. Vi spiego perché il paragone con l'ondata di caldo del 2003 non è corretto"

Bergamo. Da un lato la morsa del caldo: nei primi dieci giorni di luglio oltre 32 gradi di media, con picchi di 34-35° tra domenica 3, lunedì 4 e martedì 5 (e che potrebbero ulteriormente salire a partire da venerdì 15). Ma se il settimo mese dell’anno non è ancora finito – e il confronto col passato non può essere definitivo – il discorso cambia se prendiamo in esame giugno. “Quando la città e il suo hinterland hanno registrato temperature medie massime di 30.5°, contro un valore medio di 26,8° riferibile ai trent’anni precedenti”. Quasi quattro gradi di differenza.

Andrea Colombo, esperto di 3B Meteo, definisce il 2022 una “annata eccezionale” meteorologicamente parlando. “Essenzialmente per la concomitanza di due fattori, termico e pluviometrico”. Tradotto: grande caldo e poca, pochissima pioggia.

A dire il vero, l’estate sembrava aver fatto capolino già a maggio. Qualcosa in più di una semplice sensazione: “Viste le medie massime di 25,3° contro i 22,6° di riferimento – osserva Colombo -. Tre gradi di differenza, poco meno. Ma ne bastano 2,5 per considerare l’anomalia notevole”.

Se i 30,5° di giugno sono inferiori solo a quelli registrati nella rovente ondata di calore del 2003, l’eccezionalità di cui parla Colombo è data dalla contemporanea scarsità di piogge. “Nel 2003 abbiamo fatto i conti con l’estate più calda mai registrata, ma a livello pluviometrico la situazione era differente, perché la primavera e l’inverno avevano favorito precipitazioni sia in pianura che in montagna, con riserve idriche maggiori rispetto a quest’anno”. Se è vero, dunque, che in passato ci si è imbattuti in annate siccitose come quella in corso, il contesto termico era senz’altro più fresco. “O, al contrario, in annate calde come questa – pochissime, sottolinea il meteorologo -, si sono però verificate precipitazioni maggiori”.

Da inizio anno, sulla città sono scesi 250 millimetri di pioggia, quando la media è di 580 mm: “Un deficit pluviometrico estremamente alto”, osserva Colombo. Stesso discorso per le Alpi Orobie: “dove sono caduti 400 millimetri di pioggia, quando la media si aggira attorno ai 900”: all’incirca il 60% in meno delle precipitazioni attese.

Il segnale è chiaro: se il clima sta cambiando, lo sta facendo in peggio. “Questa concomitanza di fattori in passato non si è mai verificata – ribadisce l’esperto di 3B Meteo -. È un campanello d’allarme, ma solo se dovesse ripetersi per 5-6 anni potremmo cominciare a trarre delle conclusioni. Banalmente, negli ultimi vent’anni, durante la stagione fredda, sono capitate con più frequenza singole perturbazioni che hanno portato tanta pioggia in pianura e neve sulle Orobie. Non di rado, dunque, è capitato di ritrovarsi con precipitazione anomale in senso opposto, cosa che in passato non succedeva. Se il trend delle temperature – aggiunge Colombo – è inequivocabilmente destinato al rialzo, il trend della pioggia va verificato nel tempo”.

Quel che è certo – stando alla stretta attualità – è che la situazione è decisamente preoccupante: sia per quanto riguarda l’acqua a uso irriguo, sia per i livelli dei laghi. Quello d’Iseo, per esempio, è arrivato a -21 centimetri sullo zero idrometrico di Sarnico (il limite minimo è -30 cm) con un afflusso d’acqua che si ferma al 23%

“Da mesi stiamo lavorando per salvare almeno il primo raccolto – ha spiegato l’assessore regionale Massimo Sertori -. In quest’ottica, è importantissimo l’ultimo accordo che abbiamo fatto con i gestori idroelettrici: sul bacino dell’Adda, saranno turbinati qualcosa come 5 milioni e 600 mila metri cubi al giorno di acqua. Confermato anche il milione di metri cubi fino alla fine di luglio per quanto riguarda il lago d’Iseo, quindi il bacino dell’Oglio”. “La situazione è pesantissima – denuncia Alberto Brivio di Coldiretti Bergamo -. Senza precipitazioni rischiamo di dimezzare i raccolti di foraggio e mais, destinati all’alimentazione degli animali. Di questo passo, i nostri allevatori potrebbero anche essere costretti a vendere i loro capi”.

Il problema delle criticità idriche, tuttavia, non è legato solo ai fenomeni climatici, ma anche all’elevata “vulnerabilità dei sistemi di approvvigionamento idrico, dei processi produttivi e dei modelli di consumo, oltre che dalla capacità di implementare adeguate misure di mitigazione”, osserva l’Istat in un rapporto presentato nei giorni scorsi alle Camere. La dispersione idrica – le perdite per i tubi rotti, in parole povere – in Bergamasca si attesta mediamente al 33%, con punte del 40-55% nelle valli Seriana e Brembana.

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