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Per il giudice petillo

“Bara si lanciò nel burrone in cui morì senza rendersene conto, ma non perchè era inseguito” video

Le motivazioni della sentenza di primo grado che ha assolto i tre che la notte del 23 luglio 2017 a Ubiale, secondo l'accusa, avrebbero rincorso il 20enne senegalese provocandone il decesso

Bergamo. Bara si lanciò nel burrone senza rendersene conto poiché alterato da alcol e droghe e non perchè era inseguito da qualcuno. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado della Corte d’Assise presieduta dal giudice Giovanni Petillo, che lo scorso 12 maggio ha assolto dall’accusa di omicidio preterintenzionale il 59enne Claudio Brioschi e il 29enne Raul Magitteri, a processo con la fidanzata di quest’ultimo, Ingrid Bassanelli, sua coetanea, accusata (come gli altri due) di omissione di soccorso.

La vicenda – ormai tristemente nota – è quella che portò alla morte del 20enne senegalese Mamadou Lamine Thiam, detto Bara, la notte del 23 luglio 2017 nei pressi della Ubiale Power Sound Festival. Quella notte, intorno all’una, il giovane ebbe un litigio con un ragazzo in servizio alla festa, al quale rifilò una testata provocandogli lesioni al sopracciglio e al naso. Vedendolo sanguinare e appreso cosa era successo, Brioschi – anch’esso nello staff dell’evento – si mise a caccia del responsabile.

Bara però si era già allontanato correndo. Dopo aver colpito con un calcio un’auto e aver ricevuto una sberla dal proprietario, si chiuse nella vettura di un amico. Lì lo raggiunse Brioschi, che non riuscì ad aprire la portiera ma stizzito rifilò un calcio alla carrozzeria.

Dopo qualche istante il senegalese uscì dalla macchina e fuggì via correndo. Il 59enne lo inseguì per un tratto ma poi, vista la velocità del giovane, desistette, per la Corte senza accorgersi del volo di Bara nel precipizio di 18 metri.

Sulle tracce del 20enne si misero anche Magitteri e la sua compagna. Ma su questo c’è una discrepanza tra la tesi dell’accusa e quella della Corte. Secondo il pm Chiara Monzio Compagnoni (che aveva chiesto pene fino a 11 anni) Bara era inseguito dai due perchè aveva sottratto loro della marijuana oppure aveva rubato il borsello alla ragazza. Secondo il giudice, invece, i tre non ebbero mai contatti quella sera e la coppia, con in tasca sì della droga, stava solo scappando dalla festa poiché aveva appreso dell’arrivo dei carabinieri per l’episodio della testata di Bara. Una circostanza che li rende estranei alla vicenda.

Sempre secondo le motivazioni, dall’autopsia sul cadavere della vittima è emerso che al momento della caduta “si trovava in uno stato di ubriachezza conclamata, tale da renderlo poco lucido e non permettergli di accorgersi dello strapiombo in cui trovò il decesso. Che sopraggiunse nel giro di pochi minuti per la frattura del muro posteriore del canale vertebrale, rendendo altamente improbabile l’ipotesi che potesse essere salvato anche se tempestivamente soccorso”. 

In sintesi, secondo il verdetto, né Brioschi e nemmeno Magitteri possono essere condannati per omicidio preterizionale. Il primo perché inseguiva Bara solo per assicurarlo alla giustizia “come dovrebbe fare ogni cittadino”, scrive Petillo, mentre il secondo stava correndo come la fidanzata per altri motivi. Il reato di omissione di soccorso invece non regge poiché nessuno dei tre avrebbe visto il 20enne cadere nel burrone. Resta solo la condanna a otto mesi, con sospensione della pena, per tentata violenza privata al 59enne, che dovrà rimborsare la famiglia della vittima con quattromila euro per le spese processuali.

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