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L'assessore messina

“Il Reddito di cittadinanza? Assitenzialismo che non prevede formazione o riqualificazione professionale”

La titolare delle Politiche sociali del Comune di Bergamo: "Non basta aiutare economicamente i beneficiari, bisogna permettere loro di affrancarsi dalla situazione di bisogno"

Bergamo. I dati dei primi 6 mesi del 2022 sulle richieste di Reddito di cittadinanza fotografano una situazione preoccupante nella città di Bergamo. L’aumento del numero delle domande segnala un incremento delle situazioni di povertà delle famiglie.

Ma questa misura favorisce la disoccupazione? Le persone preferiscono chiedere il reddito piuttosto che cercarsi un lavoro?

L’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Bergamo Marcella Messina dice di no, anche se evidenzia delle criticità in questa misura di sostegno economico ai nuclei con fragilità.

“Innanzitutto si tratta di una misura di tipo assistenzialistico, che non prevede nessuna formazione o riqualificazione professionale, nessun sostegno o educazione finanziaria – spiega -. Questo disincentiva le persone a creare i presupposti per permettere loro di trovare un’occupazione e uscire così dalla situazione di difficoltà economica nella quale si sono venute a trovare”.

Inoltre il Reddito di cittadinanza non parte dal Comune, come invece succedeva per il Rei, il Reddito di inclusione. È difficile quindi per i Servizi sociali tenere monitorata la situazione. “La domanda per ottenere il Reddito di cittadinanza viene presentata autonomamente presentandosi al Caf o ad altre realtà di questo tipo, o inoltrata direttamente online dallo stesso richiedente – continua l’assessore -. Al Comune la domanda arriva direttamente dall’Inps attraverso una piattaforma, ma spesso non conosciamo la realtà della famiglia che ne fa richiesta e diventa così difficle seguire e cercare di aiutare il nucleo a trovare delle modalità per affrancarsi dalla situazione di povertà”.

Il Rei invece veniva gestito direttamente dal Comune e i richiedenti dovevano effettuare un colloquio preventivo con i Servizi sociali prima di ottenerlo. “Il controllo da parte dell’ente era fondamentale, anche perché si evitava di erogare la misura a persone che non ne avevano i requisiti – dichiara Messina -. Per presentare la domanda per il Reddito di cittadinanza bastano delle autocertificazioni e tante persone magari non comprendono bene la normativa e i requisiti specifici necessari per ottenerlo. Così dai controlli a volte emergono situazioni in cui il richiedente non aveva diritto a percepire il reddito”.

A Bergamo però la stragrande maggioranza dei nuclei controllati ha i requisiti necessari, solo al 7% viene revocata per non averne diritto.

“Sì, perché il sistema che è stato costruito per i controlli anagrafici risulta molto efficace ed efficiente. Questo facilita poi l’assegnazione delle pratiche dei beneficiari, in tempi molto rapiti, al case manager e alla equipe multidisciplinare che si occuperà della progettualità. Equipe costituita da più figure professionali: assistente sociale, tutor educativo, educatore per gli adulti, educatore per minori, mediatore culturale”.

Il capitolo legato alla formazione secondo l’assessore è estremamente rilevante: “Non essendo prevista una formazione o una riqualificazione professionale, diventa difficile trovare un impiego a queste persone che possa conciliare domanda e offerta. Mi spiego meglio: se oggi servono 600 baristi e io non ho la possibilità di formare o riqualificare chi magari prima faceva altro, non risolvo la situazione. I bar continueranno a non trovare personale, chi percepisce il reddito non troverà lavoro e andrà avanti a richiedere il sostegno”.

Le persone che vengono prese in carico dai Servizi sociali che tipo di fragilità hanno?

“Spesso hanno problemi di dipendenza, fragilità di tipo sanitario o psicologico”.

E le altre?

“Sono soggetti che non hanno competenze specifiche, o che non hanno mai lavorato, o che hanno fatto piccoli lavoretti in nero. Non avendo percepito uno stipendio certificato, diventa molto complicato anche solo stendere il loro curriculum”.

Come avete cercato di ovviare alle lacune di questa misura di sostegno?

“Attraverso il Patto per l’inclusione sociale. A Bergamo la dislocazione nelle sedi decentrate dei servizi sociali di primo accesso e dell’equipe multidisciplinare del Reddito di cittadinanza, ha permesso di strutturare un lavoro per la costruzione di un con il beneficiario e la famiglia, all’interno del proprio quartiere cittadino di appartenenza. Questo pensiamo possa facilitare nel tempo aspetti di prossimità e di sussidiarietà orizzontale e verticale. Il Patto per l’inclusione sociale è frutto di un’elaborazione condivisa tra famiglia e servizi, finalizzata a supportare un processo di cambiamento e di attivazione da parte dei componenti del nucleo ed è da essi sottoscritto”.

 

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