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In inghilterra

“The Working Hands of a Goddess”: un libro per raccontare l’Atalanta all’estero

Tom Underhill, giornalista inglese di 23 anni, ha racchiuso in un libro i primi 5 anni di Gasperini sulla panchina nerazzurra: "Tutto è cominciato da Atalanta-Everton del 2017".

Bergamo. Un libro per raccontare l’Atalanta all’estero. Si chiama “The Working Hands of a Goddess” – traducibile in “le mani da lavoratrice di una Dea” – è scritto in lingua inglese e narra l’ascesa della Dea sotto la guida di Gian Piero Gasperini. 320 pagine scritte da Tom Underhill, giornalista inglese di 23 anni, che dal sud dell’Inghilterra ha voluto dedicare la sua prima opera letteraria all’epopea nerazzurra.

Dal Somerset a Bergamo, oltre 1300 km. Come è nata la sua passione per l’Atalanta e per la storia nerazzurra?

“L’Atalanta ha iniziato ad affascinarmi nel 2017. Era la prima stagione in Europa League, ricordo che un giovedì sera giocava contro l’Everton. Io volevo seguire la partita, non da tifoso, ma perché l’Everton aveva appena venduto Lukaku e aveva acquistato tantissimi giocatori nuovi. Ero curioso di vedere come sarebbe andata. Conoscevo un solo giocatore dell’Atalanta: Marten de Roon, ma solo perché aveva giocato in Premier League nel Middlesbrough. Sono rimasto sorpreso da quanto quell’Atalanta fosse affascinante. Vinse 3-0, spazzò via l’Everton, con il Papu Gomez che partiva da sinistra e tagliava dentro il campo. Così ho cominciato a seguire con frequenza la squadra. Fino a che non ne sono diventato veramente un tifoso”.

Che rapporto ha con l’Italia?

“Non ho legami diretti o parentele. Sin da quando sono piccolo ho sempre voluto venire in Italia per seguire la Serie A. Ero innamorato del Milan di Carlo Ancelotti. Non ho mai parlato  l’italiano. Ho cercato di fare qualche lezione online per imparare qualche parola, di modo da avere qualche frase da usare quando l’avrei visitata”.

Anche la sua prima volta a Bergamo è stata molto recente.

“A marzo di quest’anno, per un weekend. Era un regalo di San Valentino alla mia ragazza, ma anche per me: volevo vedere l’Atalanta… Avevo quasi finito il libro, ma a causa del Covid non ero mai riuscito a visitare la città. Mancavano 3 settimane alla consegna della bozza. Mi sono reso conto di quanto sia facile arrivare a Bergamo da Bristol (grande città vicina al Somerset, ndr): con un volo diretto ed economico. Ed è un città fantastica di cui mi sono innamorato, in cui potrei pensare di vivere. È stata anche la mia prima volta in Italia, in assoluto, anche se non vedo l’ora di tornarci”.

Da dove nasce l’idea di racchiudere in un libro gli ultimi anni dell’Atalanta?

“Ho notato che online ci sono molti articoli che analizzano le tattiche di Gasperini, ma non c’era qualcosa che raggruppasse tutto il percorso e tutta l’evoluzione. L’idea prese piede quando Andrea Agnelli, presidente della Juventus, si chiedeva se fosse giusto che l’Atalanta andasse in Champions League. E curiosamente il mio editore accettò la mia proposta nello stesso giorno in cui scoppiò il caos Superlega”.

Ci racconta cosa possiamo trovare all’interno di queste 320 pagine?

“Il libro vuole essere una mia riflessione. Principalmente parlo di tattica, è l’area calcistica di cui ho scritto maggiormente e che mi interessa molto di più. All’inizio non volevo entrare troppo nello specifico delle altre storie culturali e storiche, ma poi il Covid, l’orgoglio bergamasco e il modo in cui l’Atalanta rappresentava la città mi ha convinto a scrivere molto anche di identità. Volevo ci fosse del contesto, raccontare un po’ la storia a persone che non hanno idea di cosa sia l’Atalanta. Sono sicuro di aver mancato qualcosa, ma spero che chi legga il libro potrà comprendere quanto sia affascinante”.

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Ci sono delle storie in particolare in cui si è imbattuto durante la fase di stesura che l’hanno colpita?

“Ce ne sono due che mi hanno affascinato particolarmente. La prima riguarda la Coppa Italia vinta nel 1963, che non fu festeggiata per la morte di Papa Giovanni XVIII il giorno successivo alla vittoria. L’altra riguarda Musa Barrow: il suo agente mi ha raccontato di come l’Atalanta sia andato a scoprirlo quando era in Gambia. Quando è arrivato all’Atalanta è partito bene, poi però ha iniziato a giocare meno, sono arrivati altri giocatori. E Musa non riusciva a fare quello step in più. Così è andato a Bologna. Qualunque giocatore sarebbe arrabbiato con l’allenatore, invece Barrow pensa ancora a Gasperini come un secondo padre. E il suo agente non sarebbe sorpreso se un giorno Musa dovesse voler tornare a Bergamo per lavorare con Gasp”.

Quale giocatore pensa sia il più rappresentativo di ciò che è stata la crescita dell’Atalanta negli ultimi 6 anni?

“Forse in molti potrebbero dire Josip Ilicic, ma io sono convinto al 100% che sia Papu Gomez. Prima di Gasperini, era semplicemente un buon giocatore che segnava qualche gol e dava alcuni assist, era molto incostante. E nella prima stagione fa 16 gol e 7 assist. E poi diventa il giocatore più continuo della Serie A. Diventa capitano, sviluppa una relazione viscerale. Voleva ritirarsi e vivere per sempre a Bergamo. È diventato uno dei principali motivi per cui guardavo volentieri l’Atalanta. Il mondo si è accorto di quanto fosse forte solo quando aveva oltre 30 anni”.

E invece il suo preferito?

“Cristian Romero, il miglior difensore degli ultimi anni dell’Atalanta. Faceva tanti errori, ma interpretava perfettamente il pensiero di Gasperini di attaccare la palla. Penso sia il migliore nel farlo”.

Il libro al momento è disponibile solo in lingua inglese. C’è nei progetti una versione in italiano?

“Ovviamente dipende dall’editore. Certamente a me piacerebbe, ma non è indispensabile. Ci sono tanti libri sull’Atalanta in italiano che parlano di storia. Io volevo scrivere questo libro perché non ho trovato nulla sull’Atalanta in inglese, e ci ho messo la mia esperienza, la mia vita. Però ci sono molte persone che vivono a Bergamo e seguono l’Atalanta da molti più anni di me. Io voglio che questo libro sia per le persone che non conoscono la storia della società. Voglio far conoscere l’Atalanta a chi finora non l’ha mai conosciuta”.

Una missione non facile.

“In Inghilterra c’è l’opinione diffusa che tutti gli altri campionati siano inferiori, ed è una cosa fastidiosa. Quando il Manchester United ha giocato con l’Atalanta lo scorso anno in Champions League e in entrambi i casi è servito un super CR7, in Inghilterra han pensato che l’Atalanta fosse scarsa perché aveva perso contro una squadra in difficoltà come lo United. Ma il calcio non funziona così”.

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