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Bombassei: “I salari vanno aumentati. Noi imprenditori lo sappiamo”

Intervista di di Giovanni Pons e pubblicata su La Repubblica al fondatore di Brembo: "Il governo deve approvare la paga minima che molti Paesi europei hanno già adottato"

Alberto Bombassei è il fondatore e presidente emerito della Brembo, l’azienda bergamasca globale (5 stabilimenti in Cina) che produce i freni per le automobili di mezzo mondo. Ma con una esperienza politica importante, essendo stato eletto in Parlamento nel 2013 con il partito dell’ex premier Mario Monti, Scelta Civica.

Ingegner Bombassei, in Italia e in Europa l’inflazione ha superato l’8%, come non si vedeva dagli anni ’70, secondo lei cosa l’ha provocata?

Credo che sia la sommatoria di diversi fattori abbastanza evidenti. Il primo è il costo dell’energia, in secondo luogo il costo delle materie prime che sta crescendo anche da prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Il conflitto poi ha di fatto limitato l’offerta e inasprito i prezzi e da ultimo c’è stata anche una componente speculativa.

Secondo lei è corretto che le banche centrali abbiano deciso di contrastare l’inflazione con un aumento deciso dei tassi di interesse?

Penso che sia una necessità inevitabile anche se la situazione economica degli Stati Uniti è diversa, in Europa il rischio di recessione è meno probabile. E comunque se con l’aumento dei tassi riuscissimo a contenere l’inflazione sarebbe un bel risultato. Ma alle misure di politica monetaria occorre aggiungere anche una volontà politica nel combattere il caro vita.

Che cosa bisognerebbe fare per proteggere le classi meno abbienti, le più colpite dall’erosione del potere di acquisto della moneta?

È indubbio che l’inflazione impatta maggiormente sui redditi dei ceti più bassi. Bisogna fare previsioni affidabili e controllare affinché non diventi un fenomeno strutturale. E il governo deve trovare dei meccanismi per mettere più soldi nelle tasche dei lavoratori.

Suggerimenti da parte sua?

Da una parte lo Stato ha un beneficio dall’inflazione perché questa erode il valore reale dell’enorme debito pubblico. Dall’altra il governo dovrebbe rivedere l’aspetto fiscale della componente dei salari in modo che le buste paghe dei lavoratori si irrobustiscano. E poi approvare il salario minimo che molti Paesi europei hanno già adottato.

In pratica lei sta parlando della sostanziale riduzione del cosiddetto cuneo fiscale?

Sì esatto, in pratica lo Stato potrebbe rinunciare a una parte dei suoi introiti per favorire i percettori di redditi.

E alle aziende lei non chiederebbe alcun sacrificio in termini di aumento dei salari?

Certo, anche le aziende devono fare la loro parte perché in questo momento l’obbiettivo principale è difendere le buste paga di chi prende 1300-1500 euro al mese. E vorrei ricordare agli imprenditori che oggi grazie alla tecnologia il costo del lavoro incide molto meno di una volta sul valore totale del prodotto finito. Ma è un nodo da affrontare, non si può ignorare il problema, c’è anche un aspetto sociale da considerare, se si lascia andare potrebbe anche esplodere.

Ma gli imprenditori sono terrorizzati che si possa innescare la spirale prezzi-salari come negli anni ’80 quando c’era la scala mobile.

È chiaro che bisogna stare molto attenti a non instaurare un meccanismo automatico di aumenti salariali, l’esperienza degli anni ’80 è stata negativa. Ma è anche vero che i salari vanno in qualche misura adeguati, occorre rinnovare i contratti in scadenza con un approccio diverso. E posso dirle che da ex vicepresidente di Confindustria ho percepito un atteggiamento di buon senso tra gli imprenditori, mi sembra che i pareri negativi non prevalgano.

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