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La testimonianza

Oriocenter, negozi a caccia di personale: “Via anche colleghi di lungo corso, cercano più equilibrio vita-lavoro” fotogallery

Parla una commessa, da anni dipendente in un punto vendita del centro commerciale

“Aperture fino a tardi. Domeniche sempre aperti e senza orario ridotto. Festività al minimo. So bene perché non si trova personale: anche colleghi che lavoravano qui da anni hanno mollato, non reggevano più certi ritmi”.

Una dipendente in un negozio di Oriocenter ha scritto alla redazione di Bergamonews dopo la notizia che vede più o meno un terzo della realtà presenti all’interno del centro commerciale in cerca di personale: circa 150 i profili richiesti.

Per ovvi motivi, preferisce rimanere anonima. “È successo anche nel mio negozio. Ragazze di 30, ma anche più anni, che dopo tanto tempo hanno deciso di lasciare il loro posto di lavoro per un altro. E quando non si riesce a trovare gente, i dipendenti che restano devono cercare di coprire il più possibile le fasce orarie del centro”.

Il tema è complesso e di grande attualità, ma la testimonianza evidenzia ancora una volta quelle che, ad oggi, sembrano essere riflessioni condivise da molti lavoratori. “Credo che se si tornasse ad un maggiore equilibrio tra vita lavorativa, familiare e sociale non si avrebbero questi problemi – sostiene la dipendente -. Fino a qualche anno fa si lavorava solo due domeniche al mese, era così impossibile mantenerle? Le festività da condividere con amici e parenti come Natale, capodanno, Pasqua sono davvero riducibili ad un solo giorno? Impossibile chiudere – come si faceva – a Natale, Santo Stefano, San Silvestro e Primo dell’anno?”.

Se lo erano chiesto anche i dipendenti del centro commerciale Le Due Torri di Stezzano, che avevano organizzato una raccolta firme per chiedere la chiusura della struttura il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano. Il direttore aveva spiegato la scelta, parlando della necessità di tenere aperto soprattutto dopo le chiusure, le aperture a singhiozzo e le regole in continuo cambiamento che hanno messo a dura prova il settore durante la pandemia, “per garantire la continuità economica e preservare attività e dipendenti”.

 

“Mi domando – conclude la dipendente del negozio – se non sarebbe il caso di rieducare certi contesti lavorativi non più alla frenesia del guadagno, ma all’equilibrio tra lavoro e quotidianità”.

Il tema riguarda moltissimi settori, tant’è che anche in Italia si è parlato del piccolo grande boom delle “dimissione volontarie”, che non significa abbandono del lavoro, ma spostamento verso uno nuovo dove trovare motivazioni e condizioni migliori. Nel 2021, secondo i dati del ministero del Lavoro, si contano 2 milioni di abbandoni volontari da parte dei dipendenti (+33% rispetto al 2020).

Capire le ragioni del fenomeno non è semplice, ma tra le prime motivazioni pare esserci proprio il tempo. O meglio, la ricerca di una maggiore autonomia e di un maggiore equilibrio vita-lavoro. “Se è vero – come spiegano dall’agenzia per il lavoro Randstad – che l’equilibrio tra vita privata e professionale è stato messo a dura prova durante il lockdown, è anche vero che la sua rilevanza è aumentata esponenzialmente”.

Oggi i lavoratori sarebbero meno propensi a sacrificare il tempo libero, preferendo condizioni in cui l’attività professionale non invade troppo quella privata. “Poche realtà – è la riflessione dell’agenzia – conducono indagini di clima e misurano la soddisfazione dei dipendenti per individuare le ragioni profonde che spingono le persone a restare o abbandonare il proprio lavoro”. Insomma, la forte competizione in atto imporrebbe nuove strategie, “con due obiettivi prioritari per ogni business: attrarre e trattenere le proprie risorse”.

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