• Abbonati
A bergamo

Bearzot, il ct del mitico Mundial 1982 raccontato dalla figlia Cinzia

Sabato 18 giugno alle ore 16,30 alla Domus Orobica di via Mascagni un incontro introdotto da Pier Carlo Capozzi e Stefano Corsi

Bergamo. È forse il Mondiale più celebrato e spettacolare, quello di Spagna e di cui in questi giorni ricorrono 40 anni esatti. 1982: “Campioni del Mondo! Campioni del Mondo! Campioni del Mondo!”, tutti ricorderanno l’esultanza di Nando Martellini nella telecronaca Rai, che aveva anche accompagnato con un “Rossi, Rossi, Rossi!” i gol di Pablito, protagonista indiscusso di quella edizione. Naturalmente col ct Bearzot, forse l’unico che alla vigilia credeva nella vittoria, come ha ricordato la figlia Cinzia, in un recente incontro: “Nessuno se lo aspettava, papà sì e fin dall’inizio”.

Cinzia Bearzot, docente di Storia greca all’università Cattolica di Milano, tornerà su questo e tanti altri spunti per riscoprire Enzo Bearzot, anche nel privato, nell’incontro in programma sabato 18 giugno alle ore 16,30 alla Domus Orobica di via Mascagni 85 a Bergamo. L’evento sarà introdotto da Pier Carlo Capozzi e Stefano Corsi.

Bearzot è stato raccontato dalla penna magistrale nel libro “Azzurro tenebra” da Giovanni Arpino: proprio lui ha inventato per il ct il soprannome ‘il Vecio’, Arpino che allora scriveva per il Giornale di Montanelli dove per diversi anni ha collaborato anche Pier Carlo Capozzi.

Ma Bearzot è stato raccontato anche da Luigi Garlando nel suo libro “L’amore ai tempi di Pablito – storie di un grande Vecio) e alla fine Garlando ringrazia, oltre ai colleghi Alberto Cerruti e Gigi Garanzini, anche Stefano Corsi “che mi ha prestato Quintiliano”. Ma perché Quintiliano? Beh, il ct non era solo uomo di campo e di calcio. Prima e anche durante la sua attività di allenatore, è sempre stato innamorato dei classici, di Orazio e della storia greca e romana. Ma anche grande amante del jazz, come l’indimenticabile Titta Rota, allenatore dell’Atalanta nella promozione di 45 anni fa (1977) e che da calciatore non poté giocare la finale di Coppa Italia perché si era fratturato la tibia, a dicembre.

Era lui, infatti, il Titta il terzino titolare e al suo posto subentrò Alfredo Pesenti, che ritroviamo nella partita di San Siro vinta dall’Atalanta per 3-1, il 2 giugno 1963. E Bearzot in campo col numero 4, nel Torino: in maglia granata disputò ben 422 partite e proprio lì il Vecio ha imparato il mestiere dell’allenatore, da un maestro come Nereo Rocco, friulano anche lui ma triestino (Bearzot era nato in provincia di Udine e aveva iniziato la carriera nella Pro Gorizia) e che poneva al centro del suo lavoro la cultura del gruppo.

Cinzia Bearzot racconterà quindi anche come mai il padre, che voleva fare il medico, decise di fare il calciatore e poi l’allenatore, costruendo la sua Nazionale Mundial come una orchestra di jazz, anche se Spillo Altobelli non era Charlie Parker, ma aveva fiato per suonare. Ma soprattutto il suo Pablito, quel Paolo Rossi in cui più di tutti Bearzot aveva creduto e con cui, lasciato il calcio, condivideva la passione per l’arte e assieme a lui frequentava artisti come Guttuso.

Enzo Bearzot riposa dal 21 dicembre 2010 al cimitero di Paderno d’Adda, appena entrati da Bergamo nella provincia di Lecco, accanto alla moglie Luisa Crippa, che l’ha raggiunto quattro anni dopo.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
leggi anche
Demiral Lipsia
A sorpresa
Atalanta, prima mossa di mercato: riscattato Demiral, 20 milioni alla Juve
Bearzot Mondonico
L'incontro
“Come Bearzot? Papà si riconosceva in Mondonico e anche Prandelli”
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI