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Il compleanno del campione

Giacomo Agostini, 80 anni di un mito: “Mi tengo stretti i miei record”

Il 15 volte campione del mondo sulle due ruote festeggia l'80° compleanno: "Vedo tanto affetto e mi fa molto piacere, non avevo realizzato che fosse così importante".

“Non mi rendevo conto che compiere 80 anni fosse così importante”. A dirlo è una leggenda eterna, che tra il 1963 e il 1977 ha vinto 15 campionati del mondo, che ha reso importante l’Italia e Bergamo nel mondo in sella ad una moto.

Oggi, giovedì 16 giugno, il mito Giacomo Agostini festeggia l’80° compleanno e ancora non ha intenzione di fermarsi: sempre in movimento, in giro per il mondo, vive ancora per le due ruote. Come del resto in tutta la sua carriera.

“Nel fine settimana sono stato in Francia e poi all’Isola di Man, per il Tourist Trophy (una gara motociclistica tra le più importanti della storia, ndr). Anche se purtroppo succedono tanti incidenti mortali, è un posto meraviglioso per il motociclismo, girare lì ti dà un’emozione, una gioia unica. Purtroppo chi corre non può pensare al pericolo: si gira intorno ad un’isola, è una strada aperta al traffico. Io l’ho vinto per 10 volte, sono stato anche fortunato e graziato: sono scivolato una volta sola. Lì non ci si può permettere di cadere: bisogna essere attenti, precisi, scrupolosi… Un giro sono 60 km, ricordarselo non è facile”.

Torniamo a 80 anni fa. Lei è nato a Brescia.

“Sì, ma per motivi di lavoro di mio padre, che aveva un’azienda di trasporti, ci siamo trasferiti a Lovere. Infatti motoristicamente sono nato a Bergamo. Il mio primo Motor club è stato a Costa Volpino”.

I suoi ricordi bergamaschi legati alle moto quali sono?

“Sono sempre molto legato al giro di Città Alta, è meraviglioso. Dà un’emozione incredibile. Una volta ci si correva anche, anche se io non l’ho mai fatto. Ed è persino difficile. Ma Bergamo è sempre stata motoristicamente molto importante, specialmente nelle valli. Basti pensare a Carlo Ubbiali, che negli anni ‘50 ha vinto nove volte il Mondiale, i miei 15 tra i ’60 e i ‘70… Da Bergamo sono arrivati anche tanti piloti nell’Enduro”.

Dov’era la prima volta che è salito in sella ad una moto? Quali sono i suoi primi ricordi con le due ruote?

“Quando avevo 8-9 anni rubavo la moto a mio padre e andavo a fare un giro per il paese, mentre lui il pomeriggio faceva la ‘siesta’. Abitavo a Cividate Camuno, andavo nella piazza a divertirmi, non c’era quasi nessuno…”

E poi è arrivata la sua prima moto.

“Un Aquilotto Bianchi”.

È quella a cui è più affezionato?

“Mi sono affezionato di più alle moto di gara, dalle Morini, alla MV Agusta, fino alla Yamaha. La prima mi ha dato la prima gioia: ho vinto con una moto privata e poi ho avuto il contratto ufficiale. Poi con la MV sono diventato campione del mondo. Anche in Yamaha si pensava che non avrei più vinto, invece ho vinto altri due titoli mondiali. Non posso dimenticare il primo e nemmeno l’ultimo, ma neanche quello in mezzo”.

Giacomo Agostini ci svela la sua tre cilindri

Ho letto la sua massima: la moto è come un’arma carica.

“Perché può partire un colpo in qualsiasi momento, quindi va rispettata, avere soggezione e non prenderla sotto gamba: altrimenti poi si vendica, come le donne”.

Durante la sua carriera nelle corse ha portato sul casco la bandiera italiana. Ha mai avuto un talismano, un adesivo, una spilla o un dettaglio che le ricordasse Bergamo?

“Ho sempre corso con moto italiane e quindi mi sentivo rappresentato dal casco tricolore. Non ho mai portato nulla di Bergamo con me nelle gare, ma ho sempre avuto il santino di Papa Giovanni XXIII con me nel portafogli. E ce l’ho ancora”.

Lei ha lottato contro la resistenza di suo padre per salire in sella ad una moto e gareggiare. Quanto è stato difficile dire alla  fine dire ‘basta’ e ritirarsi dalle corse?

“Smettere è difficilissimo: arriva il momento in cui devi lasciare il tuo grande amore, la cosa che hai amato più di tutti, a cui hai pensato dall’inizio della tua vita. Non vorresti smettere perché tu pensi sempre di andare come andavi prima, invece c’è qualcosa che ti frena. Ti senti ancora forte, ma non è così. Il cronometro è bastardo. Io ho smesso a 37 anni”.

Un altro mito come Valentino Rossi è arrivato a 42, ma non è riuscito a battere i suoi record di 123 gare vinte e 15 titoli mondiali.

“Rossi è stato bravo, ha vinto, anche io sono stato un po’ bravo… Diciamo che la mia pagella aveva più voti”.

Li ha visti in pericolo? Pensa che qualcuno possa batterla?

“Prima o poi qualcuno arriverà, ma in questo momento no, perché Valentino si è fermato e Marc Marquez purtroppo, lo dico con grande dispiacere, non sta bene fisicamente. Entrambi erano vicini. Magari Marquez tornerà come era prima, glielo auguro perché se lo merita. Ma se i record restano a me va benissimo! Qualcuno dice che se gli portano via il record è felice, ma non ho capito per quale motivo bisogna essere felici… è più felice quello che glielo porta via. Me li tengo stretti”.

Sentiamo un altro numero mostruoso: quante coppe ci sono nella sua sala trofei?

“380. Tutti i trofei sono particolari, poi ovviamente i campionati del mondo e i campionati italiani sono sicuramente i più importanti. Sono tutti in una sala che si trova nel mio giardino. Una volta al mese incontro sportivi che vengono a farmi visita, andiamo al museo e ceniamo insieme”.

Giacomo Agostini

A 80 anni, come vive Giacomo Agostini oggi il mondo delle moto?

“Mi piace sempre guardare la MotoGP, anche oggi, con tanti giovani ragazzi italiani che stanno crescendo. Spero riescano a tenere alta la nostra bandiera: li seguo, mi piace, anche se per i miei gusti c’è troppa elettronica, si toglie un po’ del lavoro del pilota, ma con tanta potenza bisogna farlo per forza. Io sarei anche per togliere un po’ di potenza e lasciare più al pilota”.

Citandola: ora che si è reso conto dell’importanza di questo traguardo, come lo festeggerà?

“Intanto vedo che c’è tanto interesse e questo mi fa molto piacere. Sento tanto affetto e tanta amicizia, già da settimana scorsa hanno cominciato a farmi gli auguri”.

Ci scuserà se anche noi siamo arrivati in anticipo…

“Speriamo non porti sfortuna…”.

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