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La protesta

Stop ai buoni pasto: il 15 giugno non si potranno spendere in pubblici esercizi, alimentari e supermercati

Stop all’accettazione in segno di protesta per le commissioni elevate e le difficoltà della rete. “Una tassa occulta che grava sulle imprese e mette a rischio la stessa spendibilità dei ticket”. Per ogni buono da 8 euro si stima che ne vengano incassati poco più di 6

Bergamo. I ripetuti appelli delle ultime settimane da parte del mondo dei pubblici esercizi e della distribuzione commerciale, che lamentano commissioni sui buoni pasto troppo alte, sono caduti nel vuoto. Mercoledì 15 giugno, in segno di protesta, non accetteranno i ticket gli esercizi aderenti a Fipe-Confcommercio, Fida – Federazione italiana dettaglianti alimentari, Federdistribuzione,

Confesercenti, Coop e Ancd-Associazione nazionale cooperative dettaglianti Conad. Un blocco necessario per far arrivare alle istituzioni l’appello, troppe volte ignorato, per una strutturale riforma di un sistema che, per via di commissioni al 20% (la media è di oltre il 18% del valore facciale del ticket), non è più economicamente sostenibile. Per ogni buono da 8 euro si stima che ne vengano incassati poco più di 6, al netto delle commissioni. Allo sciopero dei buoni pasto aderiscono potenzialmente più di 800 tra trattorie, bar, ristoranti, negozi di alimentari (stime Ascom Confcommercio Bergamo). Il valore annuale dei buoni pasto tra città e provincia è di oltre 70,3 milioni di euro (dato 2022, in crescita di oltre 4 milioni di euro rispetto al 2021, secondo stime Ascom); sono interessati 58.200 lavoratori.

“Con questa giornata di sospensione del servizio vogliamo sensibilizzare i lavoratori, e più in generale i consumatori, sulle gravissime difficoltà che le nostre imprese vivono quotidianamente a causa delle elevate commissioni richieste – dichiara Diego Rodeschini, presidente Gruppo Bar Caffetterie Ascom Confcommercio Bergamo– . Una vera e propria tassa occulta che supera anche il 20% del valore del buono, in un momento di grande difficoltà, tra caro energia e consumi ancora sottotono in pausa pranzo”.

A rischio è la stessa spendibilità dei buoni per chi ne dovrebbe beneficiare: “La nostra è una protesta che ha l’obiettivo di salvaguardare la funzione del buono pasto perché se si va avanti così sempre meno aziende saranno disposte ad accettarli, a discapito dei lavoratori che vedrebbero così perdere di ulteriore valore quello che dovrebbe essere un benefit. Insomma, il buono pasto rischia di diventare davvero inutilizzabile – continua Rodeschini- . C’è bisogno di una vera riforma che renda il sistema economicamente sostenibile anche per le nostre imprese che in fin dei conti sono quelle che danno il servizio ai lavoratori. Ma è altrettanto urgente far si che la prossima gara Consip da 1,2 miliardi di euro non venga aggiudicata con la logica del massimo ribasso e gli sconti delle precedenti perché saremo sempre noi esercenti a pagarli”.

Nicola Rotasperti membro di Giunta Confesercenti Bergamo sottolinea: “La trasversalità con cui è stata accolta questa protesta è il primo dato che deve farci riflettere. Le sigle del commercio si sono unite, al di là delle tipologie e delle dimensioni d’impresa, per sottolineare un problema che riguarda tutti indistintamente, dal bar al supermercato. Una commissione che varia mediamente dal 20 al 25%, infatti, è insostenibile sia per le piccole che per le grandi realtà. Con questa giornata di protesta vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica, ma anche chi questo strumento può e deve riformarlo. Nessuno di noi è contrario ai buoni pasto, che restano un’agevolazione importante per i lavoratori, ma devono essere rivoluzionati per non trasformarsi in una perdita economica per chi li accetta”.

Protesta in vista della prossima gara Consip Buoni Pasto 10
Le sei organizzazioni, in vista della prossima gara Consip, avevano già invocato un intervento del ministro dell’economia Daniele Franco sulle gare Consip e la promozione di una strutturale riforma del sistema dei buoni pasto. Una battaglia contro i meccanismi di gara previsti dal codice degli appalti e soprattutto contro un sistema che impone, di fatto, nelle gare pubbliche una tassa occulta a danno delle imprese che vale oltre 200 milioni di euro.
Una situazione che mette a rischio l’esistenza stessa di una misura di welfare integrativo apprezzato e diffuso e, peraltro, già sostenuto da politiche di decontribuzione a favore dei datori di lavoro e defiscalizzazione a vantaggio dei lavoratori. È infatti indispensabile riformare al più presto le modalità di acquisto dei buoni da parte delle pubbliche amministrazioni e occorre intanto intervenire subito sulla prossima gara Buoni Pasto 10 ( che si stima abbia una base d’asta di oltre un miliardo e duecentocinquanta milioni di euro) per evitare che si scarichino ancora una volta sugli esercizi convenzionati i rilevanti sconti di cui beneficia lo Stato in sede di gara.

“Le dichiarazioni di Consip – sostengono ANCD Conad, ANCC Coop, FIEPeT, Federdistribuzione, Fida e Fipe – rafforzano i contenuti delle nostre denunce sull’anomalia del sistema italiano, che consente alla centrale pubblica di comprare buoni sottocosto a spese altrui, ossia degli operatori presso i quali i buoni pasto vengono utilizzati dai lavoratori. Di fatto, con tali dichiarazioni, Consip conferma che le commissioni a carico della rete degli esercizi convenzionati dipendano esclusivamente dal risparmio di spesa per le casse dello Stato. Per questo parliamo di una tassa occulta sulla ristorazione e distribuzione del valore di oltre 200 milioni l’anno, che pagano solo ed esclusivamente gli esercenti convenzionati”.

“Così non si può andare avanti – concludono le organizzazioni – chiediamo al Governo e ai Ministeri competenti, il MEF e il MISE, un incontro urgente per chiarire la situazione ed evitare che la prossima gara Consip BP10 riproponga i noti problemi, con sconti richiesti da Consip fino al 20% del valore del buono”.

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