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L'intervista

L’impresa di Nicola Fiananese, da Bergamo ad arbitro mondiale di braccio di ferro

Da trent'anni vive a Campagnola lavorando come guardia giurata e personal trainer. Ha fondato l'associazione braccio di ferro Bergamo e pochi giorni fa è stato ufficialmente riconosciuto dall'IFA

Bergamo. Da Campagnola al mondo. Nicola Fiananese, 47 anni, è originario di Manfredonia, ma vive a Bergamo da trent’anni. Di lavoro fa la guardia giurata e il personal trainer ad Azzano San Paolo. Soprattutto, però, è arbitro mondiale di braccio di ferro e presidente dell'Asd Braccio di Ferro Bergamo.

Il 28 maggio scorso ha conseguito l’attestato dall’IFA — International Federation of Armwrestling, la federazione internazionale di braccio di ferro. Fino a 6 anni fa, Nicola era un atleta. Da una decina d’anni ha iniziato il percorso da arbitro, che lo ha portato ad essere capo nazionale degli arbitri della federazione italiana. E, da pochi giorni, è arbitro mondiale IFA: “Personalmente ho chiuso un percorso. Vengono scelti i primi due arbitri nazionali, si segue un corso mondiale. Eravamo 54 persone, due per ogni nazione”.

E ora il prossimo obiettivo è quello di essere selezionato per i campionati mondiali di Dieppe, nel nord della Francia, dal 26 settembre al 2 ottobre 2022. La competizione più importante del braccio di ferro: fino a 62 categorie tra maschile e femminile, divisi per peso, per età, per braccio, con oltre 50 Nazioni in gioco.

“Spero nella convocazione: vorrei iniziare ad arbitrare seriamente i grandi campioni, quando la pressione è davvero alta. Abbiamo firmato un contratto con la Federazione, siamo a loro disposizione e ci chiameranno. Ci sono anche arbitri molto più esperti, che sono stati i nostri formatori. Ci sono cinque livelli, ovviamente cercano di aiutarci a formarci anche nei Mondiali. Sicuramente faremo gavetta con i giovani”.

Nicola Fiananese

Ci può spiegare anzitutto qual è il ruolo di un arbitro nel braccio di ferro?

Per ogni tavolo ci sono quattro arbitri, due che iniziano e due di scorta se la gara si prolunga. La priorità è la messa in sicurezza degli atleti, per tenere sotto controllo le articolazioni. Ci sono delle regole, dei falli, dei "warning". L’arbitro deve controllare che tutto si svolga regolarmente, ma soprattutto prestare attenzione alla salvaguardia fisica.

A 47 anni ha raggiunto un traguardo di altissimo livello in un mondo poco radicato in Italia. Come è nata questa passione?

È nata da quando ne ho memoria. Per me è sempre stata una cosa naturale. Ho iniziato con papà a 6 anni, poi con gli amici a 11-12 anni. Nel 1987 con "Over The Top" (film con Sylvester Stallone sul tema, ndr) mi si è aperto un mondo. Ho realizzato che si trattava di una vera e propria disciplina. Solo nel 1995 però in Italia è nata la prima associazione. Ne sono venuto a conoscenza nel 1998 tramite una gara amatoriale al bowling di Mozzo.

E oggi, quasi trent’anni dopo, a che punto è il movimento in Italia? Si parla sempre di dilettantismo?

È uno sport molto diffuso nell’est Europa. Sei anni fa abbiamo aperto una federazione italiana, che al momento conta 10 associazioni. È ancora tutto dilettantistico: è uno sport riconosciuto dal Coni, ma lontano dal professionismo. Non c’è un ritorno economico, anche gli sponsor fanno fatica, servirebbero dei salari che al momento non ci sono, se non in America. Speriamo di portare un campionato internazionale in Italia, a Milano o a Roma con campioni da tutta Europa, ma per muoversi ovviamente vogliono avere un riscontro. In Italia abbiamo Ermes Gasparini, quattro volte campione del mondo: ha vinto il suo primo mondiale a 16 anni, la sua è una passione tramandata dai genitori.

Come state lavorando per la diffusione dello sport a livello nazionale?

Nel 2021 ho partecipato a una puntata di "Italia’s Got Talent" con la mia allieva Laura Collura, che è vice-campionessa europea. Gli autori hanno visto qualche post sulla mia pagina Facebook con Laura e mi hanno chiamato. Laura ha anche sfidato e battuto Frank Matano. Federica Pellegrini ci ha fatto i complimenti perché abbiamo portato qualcosa di diverso in televisione. Dopo Italia’s Got Talent mi hanno chiamato in 30, ma purtroppo ho dovuto disdire tutto perché eravamo in periodo Covid, le palestre erano chiuse e c’era paura del contatto.


Quanto è stato pesante lo stop alle attività in palestra dovuto al Covid sulla vostra crescita?

Anche oggi alcune palestre faticano a farci allenare, perché vogliono la sicurezza totale. Al momento molti sport da contatto sono proibiti. Per due anni siamo stati completamente fermi. La squadra che avevo si è un po’ diradata, il fattore economico e gli impegni hanno influito. Stiamo cercando di rinsaldare il tutto in tempi rapidi, ma non è facile. Dobbiamo ripartire da zero, quello che abbiamo costruito fino ad ora è stato raso al suolo.

Lei è uno dei co-fondatori della federazione italiana e uno dei principali promotori di questo sport al livello nazionale. Da dove vuole ripartire?

Prima del Covid avevo speso migliaia di euro per creare un programma mondiale personalizzato da portare nelle scuole ed ero stato chiamato da alcuni istituti, poi quando li ho richiamati mi hanno detto di non essere più interessati. Vogliamo partire dai ragazzi per fargli fare un’esperienza. Se riusciamo ad entrare nelle scuole riusciamo a creare davvero grandi eventi e grandi corsi. Da un po’ di tempo si parla anche di Olimpiadi. Lo sport si sta diffondendo, ma non si sta radicando. Cerchiamo qualcuno che ci aiuti a farlo conoscere negli istituti scolastici.

Ha detto che a 12 anni, conoscendo il film Over The Top, le si è aperto un mondo. Quale pensa che sia il modo migliore per coinvolgere i ragazzi?

Noi stiamo cercando di coinvolgere il più possibile i ragazzi attraverso le scuole, sono loro il futuro. Vogliamo creare dei campionati studenteschi a livello dilettantistico partendo da istituti in giro per l’Italia, ma non tutti si vedono in questo sport perché sono indottrinati dai genitori. In tanti ci chiedono se ci si fa male, come capita in tutte le discipline. Altri mi chiamano chiedendo cosa c’è da guadagnare… In Italia non c’è una visione sportiva a 360 gradi: è difficile dare un’apertura. Dobbiamo cercare di arrivare almeno a parlare con i ragazzi. Posso portare i campioni nelle scuole, ma qual è il passo successivo?

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