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L'analisi

Donne e industria: una strada lunga, le differenze di genere nel metalmeccanico

Venerdì 10 giugno il Consiglio generale FIM su una “contrattazione al femminile”. Luca Nieri, segretario generale della categoria dei metalmeccanici orobici: “Elaborare proposte da portare ai prossimi rinnovi contrattuali”

“Esplorare quanto abbiamo fatto in tema di tutela della parità di genere, ma soprattutto cosa possiamo fare ancora in futuro”. Questo il senso della giornata che Fim Cisl Bergamo ha dedicato oggi alla presenza femminile nel mondo metalmeccanico, una presenza che negli anni si è fatta via via più consistente, e negli ultimi tempi anche nella parte operaia del “sistema fabbrica”.

“Il tema è attuale e su questo si stanno muovendo Cisl e Fim con i loro coordinamenti donne – ha detto Luca Nieri, segretario generale della categoria dei metalmeccanici orobici. Da qui, dobbiamo partire per elaborare le nostre proposte da portare ai prossimi rinnovi contrattuali”.

Nel 2020 ci sono state 42.000 dimissioni di genitori di bambini da zero a tre anni. Il dato arriva dall’Ispettorato nazionale del lavoro che segnala come le donne siano il 77% del totale delle persone che si sono dimesse.

In Lombardia le donne in età lavorativa scelgono di partecipare al lavoro al 63%, a Bergamo al 57%. Il 13,5% per “carenza o inadeguatezza degli strumenti di supporto e servizi per infanzia, anziani e disabili”. Il 34 % delle donne occupate lavora a tempo parziale e anche qui , al 10% , la richiesta del part-time avviene per carenza e inadeguatezza dei servizi.

A Bergamo, il 24% delle donne è occupate nell’Industria in senso stretto; il 22, 27% in Istruzione, Sanità e Servizi, il 14,54% nel Commercio. La retribuzione netta oraria nell’Industria, per le donne è inferiore del 5,71% rispetto agli uomini, quella mensile (dato l’alto tasso del part time tra le donne) è inferiore del 20%.

“Dobbiamo pensare a progetti specifici per la parte femminile del mondo metalmeccanico – dice Teresa Cubello, operatrice FIM a Bergamo, con delega al coordinamento Femminile: formazione specifica per superare stereotipi, iniziative di sensibilizzazione contro molestie e violenza, e intese con istituzioni per un tavolo di contrattazione sociale e territoriale per il welfare. Il divario retributivo di genere costa all’Italia l’8% di PIL ogni anno, perché colpisce tutto il sistema”.

Il lavoro di contrattazione Fim Cisl nelle fabbriche bergamasche, tra il 2016 e il 2021, ha d’altronde portato a risultati positivi in 43 aziende interessate da accordi su temi delle conciliazione, per un totale di 52 accordi, con introduzione di permessi aggiuntivi; creazione di commissioni ad hoc, formazione dedicata al rientro dalla maternità, istituzione di Smart Working per la nascita di un figlio o per la DAD.

Le storie di lavoro metalmeccanico al femminile, così come raccontate nella tavola rotonda alla quale hanno preso parte quattro delegate di grandi aziende, parlano di ritorsioni e “ricatti” sulla difficoltà della conciliazione tra tempo di lavoro e tempi di cura famigliare, demansionamenti legati a pregiudizi di genere. “Ma di cosa hanno effettivamente bisogno le donne?”, si è chiesta la FIM durante il consiglio generale: la risposta è stata percorsi di carriera, diminuzione del peso degli stereotipi di genere, allargamento della conciliazione vita-lavoro, Salute e Sicurezza con attenzione alle differenze di genere, abolizione delle differenze salariali e maggiore rappresentanza.

“A Bergamo, ci sono donne anche nei reparti di produzione delle fabbriche metalmeccaniche, e se è vero che ce ne sono di meno forse è arrivato il momento di indagarne i motivi – dice Elena Scippa, della segreteria provinciale Fim Cisl -. Per molto tempo con la contrattazione ci siamo occupati di “liberare” il tempo delle donne, consapevoli che la maggior parte degli obblighi di cura ricadesse su di esse. Lo Stato non ci ha aiutato, in quanto la carenza di servizi sul territorio è conosciuta e dibattuta e l’emergenza sanitaria del Covid, con le scuole chiuse e le fabbriche aperte, non ha fatto altro che accendere la miccia di una bomba pronta a esplodere già da tempo.

Le aziende ci hanno aiutato solo in parte: quelle più illuminate hanno compreso come il tempo fosse una risorsa preziosa, da gestire con la stessa attenzione data al salario. Poi la componente del tempo ha cominciato ad essere apprezzata anche dagli uomini, in un contesto in cui i modelli familiari stanno cambiando e quello del “male breadwinner” (uomo procacciatore del pane) e del “female caregiver” (donna dedita alla cura) non può più essere il paradigma principale. Ora la sfida deve diventare un’altra: siamo in grado come sindacato di contribuire, con la contrattazione, alla costruzione di percorsi di carriera per le donne “dentro” le fabbriche? Siamo in grado di costruire percorsi virtuosi di “attivazione” delle potenzialità femminili? Non è detto che si debba scegliere tra carriera e famiglia, o perlomeno non in maniera perentoria. Il lavoro agile lo dimostra: quando si riesce a lavorare per obiettivi, laddove lo si capisce per lo meno e le aziende che lo hanno capito sono molto poche, si può “conciliare”.

Ma conciliare non basta – conclude Scippa -, perché come dicevamo all’inizio non si parte tutti dallo stesso punto per arrivare al traguardo e non ci si arriva attraverso percorsi lineari. Quello che ci serve è lavorare tutti insieme per rimuovere i maggiori ostacoli”.

“Il contributo di riflessione e analisi delle operatrici sindacali, le testimonianze delle delegate confermano ancora una volta quanto la contrattazione, soprattutto quella di prossimità, di secondo livello e territoriale, sia fondamentale per favorire e implementare politiche di genere che favoriscano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro – ha detto nelle conclusioni Candida Sonzogni, della segreteria provinciale Cisl. Fondamentali sono le misure e gli interventi – legislativi e contrattuali – per la conciliazione vita – lavoro, famiglia – lavoro, per la genitorialità e la valorizzazione della “cura” di donne e uomini. Ma la contrattazione può e deve andare oltre, favorendo la piena valorizzazione dell’intelligenza e delle competenze delle donne: la contrattazione è uno strumento irrinunciabile per la costruzione di realtà lavorative inclusive, per generare effettiva parità e cambiare la vita delle persone. Impegnarsi per potenziare le misure a sostegno dell’occupazione femminile, nelle sue varie declinazioni, è un impegno imprescindibile che la Cisl si è data a tutti i suoi livelli, a partire dal proprio mandato congressuale”.

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