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Il caso

Bimbo di due anni al pronto soccorso con la mamma incinta: “Nessuna priorità per noi, sono tornata a casa”

Il piccolo aveva sbattuto il labbro a terra e si era lesionato la lingua: "Avevo davanti 30 persone solo per l'accettazione, adulti compresi". La replica del Papa Giovanni: "Il percorso seguito è corretto: i traumi cranici vanno trattati nel pronto soccorso generale"

Bergamo. Un bimbo di due anni con il labbro spaccato, in braccio alla sua mamma, incinta, arriva al pronto soccorso dell’ospedale Papa Giovanni. La donna chiede informazioni, le dicono di aspettare, deve fare la fila come tutti gli altri al triage: “Avevo davanti almeno trenta persone, bambini e adulti insieme, una mamma mi ha detto che era in attesa da un’ora e mezza. Così ho preso il mio bambino e sono andata via”, racconta.

Lunedì mattina, 6 giugno, il bimbo si trovava all’asilo nido e stava giocando con i suoi compagni quando è inciampato ed è caduto sbattendo il labbro a terra. Le maestre hanno soccorso il piccolo ed hanno avvisato la madre, che è andata a prenderlo. “Sono cose che succedono, non ero particolarmente preoccupata anche se mio figlio aveva un taglio sul labbro inferiore, perdeva parecchio sangue, la lingua era lesionata e la parte inferiore del volto si era gonfiata – racconta la donna -. Le insegnanti però mi hanno consigliato di portarlo al pronto soccorso per un controllo perché potevano esserci lesioni non visibili anche gravi. Per sicurezza ho chiamato mio cugino, che è un chirurgo, e anche lui mi ha detto la stessa cosa”.

Così la donna ha caricato il figlio in auto e lo ha portato a Bergamo: “Ho scelto il papa Giovanni proprio perché sapevo che c’era il pronto soccorso pediatrico, sono arrivata lì alle 14 e pensavo di avere la priorità data l’età di mio figlio, credevo mi mandassero in pediatria e invece mi sono ritrovata lì nella sala d’attesa, piena di gente, adulti, bambini, anziani. C’era una piccola di 4 anni che vomitava in un sacchetto, una signora sulla sedia a rotelle che si lamentava. Quando mi hanno detto che dovevo fare la fila, considerato anche il mio stato di gravidanza, ho deciso di tornare a casa ed ho chiamato il mio pediatra. Il mio bambino la sera aveva 38.5 di febbre. Due giorni dopo il labbro è migliorato ma la lingua è ancora molto gonfia. Ho preso appuntamento da un medico privato per farlo visitare”.

Spiegano dall’ospedale: “L’ASST Papa Giovanni XXIII ringrazia la redazione di Bergamonews per questa segnalazione che permette di fare chiarezza rispetto all’uso corretto del Pronto Soccorso.

Dal racconto della signora si deduce, come poi abbiamo effettivamente constatato, che ha preferito non far valutare il bambino al Triage. Non risulta infatti un caso di trauma di un bimbo piccolo registrato quel giorno. Non è quindi possibile rispondere al pensiero della mamma che spontaneamente ha deciso di non accedere al Triage per una valutazione che gli avrebbe permesso di conoscere i reali e non presunti tempi d’attesa e di seguire il percorso più corretto per la cura del trauma. E non è nemmeno possibile rivolgere delle scuse alla signora, che comunque invitiamo a rivolgersi al PS qualora avesse dubbi rispetto alle condizioni del suo piccolo.

Al di là del caso, che ci auguriamo possa risolversi positivamente quanto prima, si ricorda che il bambino che accede al Pronto soccorso in seguito a trauma cranico, viene valutato nel percorso degli adulti. Questo per garantire al paziente pediatrico la massima sicurezza. La valutazione deve infatti essere effettuata da medici e infermieri esperti in gestione del trauma e la visita deve avvalersi della disponibilità del rianimatore, della strumentazione TAC e della shock room per i casi di emergenza. Le eventuali suture di ferite a livello cranio-facciale, così come la valutazione e la effettuazione della profilassi antitetanica vengono eseguite nel PS generale. Solo dopo aver escluso traumi gravi, il bambino può essere trasferito per la valutazione finale al Pronto Soccorso pediatrico.

Infine, rispetto allo stato di gravidanza della madre del bambino, si ricorda che il Triage (primo momento d’accoglienza delle persone che giungono in PS) garantisce a tutti la massima sicurezza ed equità di trattamento, valutando la reale scala di urgenza dei singoli casi ed assegnando a ciascuno un codice colore. Non sarebbe quindi corretto, dal punto di vista clinico, sovvertire questa scala di priorità sulla base di circostanze ulteriori e aggiuntive, quale appunto lo stato di gravidanza dell’accompagnatrice. La decisione delle priorità è vitale per il corretto funzionamento del Pronto Soccorso e per assicurare a tutti gli individui le migliori cure, adeguate alle proprie condizioni”.

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