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La celebrazione

Università di Bergamo e del Missouri inseme da vent’anni: “Come andare negli Usa, senza spendere un euro”

Il rettore Cavalieri: “Quello che auspico e che ho proposto come sfida futura è di ragionare su una reciprocità, cioè la possibilità per i nostri studenti di partecipare a un summer program, magari con alternanza, nell’Università del Missouri”

Bergamo. Per una collaborazione internazionale tra università vent’anni non sono pochi. Soprattutto con una pandemia di mezzo che ha fatto quasi temere la fine dei rapporti. Oggi invece l’Università degli Studi di Bergamo e la Mizzou, la University of Missouri festeggiano il primo ventennale della loro collaborazione tramite il Business Summer Program. Una settimana di attività da maggio a giugno in cui studenti della Mizzou e dell’UniBg lavorano insieme nelle aule di via dei Caniana. Un programma di scambio nato da una visita informale, e che nel corso degli anni è stato frequentato da oltre 2000 studenti.

“Questo programma – racconta il professor Mauro Cavallone, docente di International Marketing al dipartimento di Scienze Aziendali e uno dei pionieri della partnership – è nato 20 anni fa quando è venuto a Bergamo con 20 studenti il professor Chuck Franz della University of Missouri per fare il suo corso di Project Management. Durante la sua permanenza mi ha chiesto se volessi tenere il mio corso di Marketing internazionale in inglese. Ho detto di sì, e così è partita quest’avventura. L’anno dopo abbiamo fatto tre corsi in inglese, quello dopo 4 e negli anni seguenti 6 e poi 8. In questi vent’anni coinvolgendo professori italiani, americani e belgi abbiamo tenuto corsi per oltre 2000 persone. Ci sono storie, amicizie e relazioni che durano da molto tempo – continua Cavallone -. Mi piace definire il Summer Business Program come l’opportunità per gli studenti italiani e per gli studenti Erasmus di Bergamo di andare in America stando a casa loro, senza spendere un euro. Questo è lo spirito, mettere insieme italiani ed americani per lavorare insieme in inglese, con professori internazionali”.

Le celebrazioni si sono svolte nell’aula magna di Sant’Agostino, dove dalle 9 alle 13 si è tenuto un convegno per rinsaldare il legame e per ripercorrere l’evoluzione di questi venti anni. L’emozione del ritorno dal vivo è doppia per il Rettore dell’Università di Bergamo Sergio Cavalieri: “Quest’anno è ancora più rilevante, non soltanto perché ricorre il ventennale ma perché finalmente dopo due anni di pandemia e di programma online abbiamo avuto di nuovo insieme a lavorare i nostri studenti e quelli americani che sono venuti a trovarci. Questo ha permesso di popolare il nostro campus di Caniana, di dare freschezza e di nuovo una serenità e una positività anche sul futuro delle attività del nostro ateneo”. Come è cresciuta durante questi anni, la collaborazione si propone di continuare a farlo anche in futuro innovandosi. Per Cavalieri la strada è chiara: portare a Bergamo studenti dagli Usa, ma anche il viceversa. “Quello che auspico e che ho proposto come sfida futura è di ragionare su una reciprocità, cioè la possibilità per i nostri studenti di partecipare a un summer program, magari con alternanza, nell’Università del Missouri. Finora sono stati gli americani a venire a trovarci, ma sarebbe molto bello che anche i nostri studenti avessero la possibilità di andare negli Stati Uniti per avere questo ulteriore slancio di multiculturalità al quale crediamo molto”.

La conferenza in Sant’Agostino è stato anche un modo per approfondire com’è cambiato, dagli inizi degli anni duemila, lo scenario internazionale nella prospettiva del legame Italia-Usa. Tra i temi al centro di questo cambiamento c’è l’informazione.

È intervenuto Oliviero Bergamini, vicedirettore di RaiNews24 ed ex docente di Storia del Giornalismo dell’UniBg. Dal primo telefono cellulare all’era social, la rivoluzione digitale ci ha dato strumenti positivi. Ma ci ha anche avvicinati, secondo Bergamini, a quella che in America chiamano “end of truth”: “È sempre più difficile trovare una verità condivisa e accettata da tutti. Perché i social media diffondono tantissime notizie false e non verificate, ma soprattutto con gli algoritmi tendono a dare a chi è conservatore notizie, opinioni e visioni del mondo di marca conservatrice e ai democratici visioni del mondo progressiste. Manca un terreno comune, e spesso queste due diverse camere dell’eco, come vengono chiamate, nutrono versioni dei fatti diverse. Un esempio è il fatto che Biden abbia vinto legittimamente o meno le elezioni: i repubblicani per il 70% pensano che l’elezione di Trump sia stata rubata da Biden”.

Come si può allora uscire dalla gabbia delle fake news? “Non è facile. Facebook e altri social media adesso utilizzano meccanismi per depurare le piattaforme dalle fake news, ma gli algoritmi tendono comunque a rinforzare questi mondi diversi. È un problema per la democrazia, perché se non abbiamo una verità condivisa, anche tra persone di opinioni diverse, diventa difficile legittimarsi a vicenda, dialogare e andare avanti”.

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