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Report 17 – 23 maggio

Covid: in Italia ottava settimana di calo dei contagi; a Bergamo -34%

Per la terza settimana i valori di riduzione sono importanti (in doppia cifra) dopo una prima fase di lentissima decrescita

Si è chiusa l’ottava settimana consecutiva con un calo dei nuovi casi individuati, la terza con valori di riduzione importanti (in doppia cifra) dopo una prima fase di lentissima decrescita.

Purtroppo dobbiamo segnalare che, parallelamente, siamo anche arrivati alla sesta settimana consecutiva di calo dei test eseguiti: una carenza che impedisce di valutare correttamente la reale presenza del Sars-CoV-2 sul territorio nazionale. Dobbiamo quindi affidarci ad altri indicatori, tutti in chiaro ribasso.

I nuovi casi a livello nazionale sono stati 183.308 (-27,5% dai 252.960 del periodo precedente); media giornaliera 26.187 (da 36.137).

Finalmente ripiega in modo più deciso, nonostante il calo dei test, anche il rapporto positivi/tamponi totali, dal 14,18% all’11,46%, segno di una minore circolazione virale.

Ancora in calo i decessi: questa settimana i morti sono stati 686, mentre lunedì scorso ne contavamo 773.

Scendono in maniera importante anche i ricoveri, sia quelli nei reparti Covid: ora 6.388 (erano 7.631), sia quelli in Terapia Intensiva: da 353 a 291.

Diminuisce anche il numero dei nuovi ingressi in Terapia intensiva: da 239 a 178.

In decremento l’indice di occupazione nei Reparti Covid: dall’11,8% al 9,9% e quello nei Reparti di Terapia Intensiva: dal 3,6% al 2,9%.

In calo anche i pazienti in isolamento domiciliare: sono ora 826.368 (erano 974.384).

Come detto, continua da settimane il numero dei i tamponi effettuati: in questa se ne sono effettuati 1.567.445 (- 11,1% rispetto ai 1.763.250 nel periodo precedente), il 76% dei quali di tipo antigenico rapido.

In diminuzione anche tutti gli altri indici:

Curva dei contagi: da 0,22 a 0,16.

Rt nazionale: da 0,94 a 0,90.

Indice di contagio ogni 100 mila abitanti: da 480 a 330.

Lombardia e Bergamo

Anche in Lombardia si registra un deciso calo nel numero dei positivi: sono stati infatti 25.342 che, rispetto ai 36.898 della settimana precedente, evidenziano una diminuzione del 31,3%.
Scende anche il numero dei ricoverati in Area Covid: da 876 a 744; mentre per i pazienti in Terapia Intensiva si passa da 40 a 34.

In aumento invece il numero dei nuovi ingressi in Terapia intensiva che passano da 9 a 20.

I numeri determinano quindi una diminuzione nell’indice di occupazione nei Reparti di Terapia Intensiva: dall’2,2% all’1,9%, mentre per quello relativo ai Reparti Covid si passa dall’8,4 % al 7,1%.

Scende il numero dei decessi: nel periodo sono stati 111 rispetto ai 153 del precedente.

Per quanto riguarda gli attualmente positivi, si registra ancora una diminuzione: sono ora 120.673 (erano 132.971 la settimana scorsa); lo stesso calo che riguarda le persone attualmente in isolamento domiciliare, che sono ora 119.895 (erano 132.055).

Scende l’incidenza dei casi ogni 100mila abitanti: da 370 a 260; così come l’indice medio settimanale di positività, che passa dal 13,26 % al 10,25%.

Importante calo dei nuovi casi anche in provincia di Bergamo: nel periodo osservato sono stati 2.219 rispetto ai 3.387 del periodo precedente (-34,5%).

Da sottolineare la percentuale contagi/popolazione, che per la nostra provincia è al 20% (da inizio pandemia), mentre il dato regionale è al 28,6%.

Stabile la situazione per quanto riguarda il numero dei pazienti ricoverati nell’ospedale cittadino: in Area Medica nel periodo si è passati da 40 a 38; in Terapia Intensiva da 5 a 6.

Nel periodo osservato si sono registrati 8 decessi (12 nel precedente).

Scende l’indice di contagio ogni 100 mila abitanti: da 308 a 200.

Il problema del monitoraggio in ritardo

Monitorare la presenza delle varianti virali in Italia è da sempre un problema: l’ultima flash survey fotografa la situazione al 3 maggio (tre settimane fa). A quella data la variante Omicron era di fatto la sola circolante, con una netta prevalenza (93,8%) della tipologia Omicron 2 (B.A.2). Per quanto riguarda le due sub-varianti oggi al centro dell’attenzione, sempre il 3 maggio erano stati rilevate 12 sequenze riconducibili a Omicron 4 (B.A.4) e 6 riconducibili a Omicron 5 (B.A.5). Si tratta di valori sicuramente superati dagli eventi, perché il vantaggio di crescita rispetto a Omicron 2 (stimato intorno al 10%) porterà inevitabilmente a una sostituzione della variante meno diffusiva. In Sudafrica, dove sono state individuate già lo scorso aprile, le due sub-varianti sono passate in poco meno di un mese da una quota residuale (poche unità, esattamente come nell’ultima flash survey italiana) ad oltre il 70% del totale.

Il problema del monitoraggio condotto con le flash survey è quindi sempre lo stesso ormai: fotografa una situazione pregressa e relativa a un solo giorno preso come base statistica, perdendo purtroppo di vista l’evolversi della situazione nel tempo. Un elemento, quest’ultimo, che invece riveste una fondamentale importanza per avere informazioni tempestive: sia sulle continue mutazioni del Sars-CoV-2, sia sulle eventuali diverse manifestazioni cliniche legate a varianti non ancora rilevate. In altri termini, veniamo a conoscenza solo con qualche settimana di ritardo della reale tipologia virale che dobbiamo fronteggiare.

Il rischio di reinfezione

Il rischio di reinfezione, ormai arrivato alla soglia del 6% contro il 3,6% medio del periodo compreso tra il 24 agosto 2021 e l’11 maggio 2022, è maggiore per i soggetti che:

1) hanno superato la malattia da oltre 210 giorni;

2) per i non vaccinati, o per i vaccinati con dose singola da oltre 120 giorni, rispetto ai vaccinati con almeno una dose da meno di 120 giorni;

3) per le fasce di età più giovani, in particolare al di sotto dei 60 anni, probabilmente a causa di comportamenti a maggior rischio;

4) per i soggetti di sesso femminile rispetto a quelli maschile. Anche questo elemento, come il precedente, potrebbe trovare una giustificazione “esterna” al rapporto tra virus e organismo ospite: ovvero la maggiore presenza di soggetti di sesso femminile in ambito scolastico, dove viene condotta una rilevante attività di screening.

Cercando più attivamente i positivi, inevitabilmente se ne trovano in numero maggiore. A dimostrazione di quanto possa essere importante un’attività di testing condotta in modo capillare e senza le forti riduzioni a cui stiamo purtroppo assistendo.

Situazione mondiale

A livello mondiale, secondo i dati dell’ultimo Bollettino epidemiologico dell’Oms riferito al periodo 9-15 maggio, il contagio ha segnato una lieve ripresa (+4,3% con 3.699.960 casi) dopo 7 settimane di calo costante. Da segnalare al proposito che l’aumento dei casi ha visto coinvolte 4 delle 6 zone di monitoraggio Oms: Pacifico Occidentale, Americhe, Africa e Mediterraneo Orientale. In controtendenza Europa e Sud-Est Asiatico. Per la prima volta da inizio pandemia sono stati segnalati ufficialmente all’Oms casi di Covid-19 in Corea del Nord. I Paesi con il numero maggiore di nuovi casi individuati sono Usa (605.547 positivi; +33%); Cina (389.901; +94%); Germania (376.959; -20%); Australia (332.451; -23%) e Giappone (279.620; +54%). Ancora in riduzione, invece, il dato globale sui decessi: -18,4% a quota 9.806.

In breve

FDA dà l’ok a terza dose per i bambini

L’agenzia statunitense che regolamenta farmaci, la FDA, ha approvato la terza dose del vaccino anti Covid di Pfizer nei bambini di 5 – 11 anni. La decisione arriva per contrastare l’attuale ondata di variante Omicron e delle sue sotto varianti che si sono dimostrate molto più contagiose anche nei bambini.

New York: sale l’allerta

Il livello di allerta per il contagio è passato dal livello “medio” a quello “alto”, a New York, dopo che l’aumento del numero di casi e dei ricoveri ha raggiunto numeri che potrebbero esercitare una pressione sostanziale sul sistema sanitario. Attualmente, però, pare scongiurata l’ipotesi di una reintroduzione di alcune restrizioni (come l’obbligo delle mascherine nei luoghi pubblici).

Sudafrica, quinta ondata al picco

La nuova ondata sudafricana, spinta dalle sub-varianti BA.4 e BA.5, secondo gli esperti locali è arrivata al suo picco.

Epatiti nei bambini, gli indizi che portano al coronavirus

Continuano le segnalazioni nel mondo. La Gran Bretagna sembra puntare all’adenovirus, come causa, ma diverse ricerche guardano a Sars-Cov-2: ci sono studi supportati da casistiche che puntano il dito contro il coronavirus come origine del recente aumento di epatiti infantili.

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