• Abbonati
L'anniversario

“Araberara” festeggia 35 anni con un numero speciale: “Test per rinnovare la grafica”

Il direttore Bonicelli: "Per sondare il gradimento del pubblico, abbiamo chiesto a una decina di edicolanti di domandare a chi compra il nostro giornale cosa pensa della nuova veste e invitiamo tutti a inviarci un'opinione"

Clusone. Un traguardo importante, ma anche un nuovo punto di partenza per guardare al futuro mantenendo uno stile unico, originale e ben riconoscibile. È ricco di significati il 35esimo compleanno di “Araberara”, periodico bergamasco che racconta la vita, la politica, le storie, l’economia e la cronaca di un territorio che spazia fra laghi, valli e tanti paesi. Sulla copia cartacea che si può trovare in edicola ogni 15 giorni e sul suo sito internet, infatti, si possono trovare tante notizie relative a Bergamo, l’area del Sebino, la Val Seriana, la Val Cavallina, la Valcalepio e la Val di Scalve, oltre a inchieste, interviste e approfondimenti.

La testata, fondata nel 1986, è uscita con il primo numero il 10 maggio 1987: nel tempo è cresciuta, si è consolidata e ha rafforzato il proprio legame con il territorio e i suoi lettori. È il frutto del lavoro quotidiano svolto dalla redazione, guidata dal direttore Piero Bonicelli affiancato dalla sua vice Aristea Canini: assieme formato un affiato team che, con passione e impegno, riesce sempre a essere sul pezzo.

“Quando è nato Araberara – spiega il direttore Bonicelli – il mondo era molto diverso da oggi. Non era ancora caduto il muro di Berlino e non esistevano i social e nella società, tra gli individui, c’erano grandi speranze. Il Sessantotto aveva disegnato tante nuove prospettive che, poi, sono state mortificate dagli anni di piombo. Prima di arrivare al drammatico periodo del terrorismo, si era vissuta una sorta di primavera culturale e politica che poi è stata soffocata ed è fallita. Una generazione, così, ha perso quelle speranze e le sue battaglie, buone o cattive che fossero. Quella speranza aveva portato a un certo fermento anche nel campo dell’informazione: per avere un’idea basta pensare all’apertura delle radio libere, che hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione nella metà degli anni Settanta. In questo contesto, contraddistinto da tanti cambiamenti e da notevoli trasformazioni, ha conosciuto un nuovo sviluppo la stampa locale ed è nato Araberara. Non abbiamo scelto un nome classico, che si riferisse a un’area geografica particolare, perché volevamo fare un giornale che non fosse legato a un paese o a una valle: ci sembrava di mettere confini territoriali, di imprigionarci per conto nostro. Araberara saltò fuori dall’inizio di una filastrocca, quelle che si usavano da bambini per stabilire l’appartenenza a una squadra, ma anche il ruolo nel gioco delle parti, oggi tocca a me e domani a te, dipende dalla sorte, dalla “conta”, da mille occasioni e situazioni che possono incrociarsi, capovolgersi, sfuggirti o toccarti”.

“Le radici del termine Araberara – annota – si possono rintracciare in una storiaccia che incrocia Venezia Genova e Milano, noi che siamo stati dalla parte veneziana e coltivavamo le leggende sul Fornaretto di Venezia e sulla sua esecuzione “sulla Piazza di S. Marco dove ci sta scritta la tua sentenza. C’era una ricerca e raccolta di queste filastrocche, che era stata redatta da Marino Anesa e Mario Rondi. Ara berara / la melga l’é cara / l’é car al fomét / cosa ‘m gh’ai da fà det? (Leffe). Ara berara / cuncera curnara / curnara di spì / curnara di soch/ salta fò / chesto pitoch (Vilminore). A Tavernola però il significato era stravolto e diventava totalmente agricolo: Ara bè, ara / la melga l’é cara / l’é car al fomét / crusanda fo det. Notate che le prime lettere, quelle di Ara, sono sempre distinte dal resto. Infatti sono riferite a una storia di una principessa, la “bella Ara”, adottata dalla famiglia Cornaro di Venezia. Un Cornaro venne nominato ambasciatore presso il Ducato di Milano dove c’era un giovane nobile un po’ scapestrato, di orgini genovesi, il conte Tommaso Marino, megalomane che si costruì un palazzo fastoso (Palazzo Marino, sede del municipio di Milano). Ateo e prepotente il conte Marino si invaghì della principessa Ara Cornaro. Cornaro, di famiglia nobile veneziana e rigido nel giudizio sui costumi del Conte, respinse il suddetto Marino. Che fece rapire, stile Innominato nei Promessi Sposi, la bella Ara. Ma la storia finì malissimo, perché il Conte Marino, si dice per gelosia, la uccise. E non essendoci ancora i settimanali di gossip, la cronaca nera finì in filastrocche e cantastorie. Ecco la versione milanese della storiaccia. “Ara bell’Ara / discesa Cornara / de l’or e del fin / del Conte Marin / strapazza bordocch / dent e foeura trii pitocch, trii pessitt e ona mazzoeura / quest l’é dent e quest l’é foeura”. I “bordocch” erano i preti. I “pessit” erano i pesci dello stemma del Marino, la “mazzoeura” era la mazza. Ma già anche in questa versione si trattava di una filastrocca per il gioco delle parti”.

C’era una profonda necessità di portare nelle case le notizie del territorio. “Le persone – evidenzia il direttore – volevano capire cosa succedeva attorno a loro. Tanti paesi non trovavano spazio sui quotidiani esistenti fino a quel momento: le notizie c’erano ma non venivano riportate dai giornali. In questo scenario abbiamo fondato Araberara per fare un’informazione in cui venissero rappresebntate tutte le comunità che, per gli abitanti, costituiscono il centro del mondo. Il nostro scopo era e continua a essere quello di raccontare il territorio e le sue storie, i paesi e le loro qualità, i servizi ma anche la mancanza dei servizi basilari per la vita delle famiglie e dei cittadini, le loro gioie e la fatica di vivere o sopravvivere. Questo stretto rapporto con il territorio ha ispirato anche la scelta del nome, che si riferisce a un’espressione contenuta in un’antica filastrocca che veniva narrata dai cantastorie in versioni diverse nelle varie comunità”.

Mantenendo questa sua peculiarità, nel corso degli anni il giornale ha saputo innovarsi rimanendo al passo coi tempi e, talvolta, anticipando le tendenze dell’editoria. L’ultima evoluzione si può constatare guardando il numero speciale arrivato in edicola per celebrare il 35esimo di fondazione. “Il formato – conclude Bonicelli – è pensato per essere ben leggibile, colorato e comodo da consultare. La sua grafica dà respiro a chi lo legge per renderne più confortevole la lettura. È una prova per un eventuale rinnovamento della nostra pubblicazione: se dovesse piacere ai nostri lettori, a partire dall’inizio del nuovo anno, potrebbe essere la scelta definitiva per il nuovo look di Araberara. Per sondare il gradimento del pubblico, abbiamo chiesto a una decina di edicolanti di fiducia di domandare a chi compra il nostro giornale cosa pensa della sua nuova veste e invitiamo tutti a inviarci la propria opinione contattando la nostra redazione”.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI