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Protesi d’anca, l’esperto: “L’importanza della riabilitazione post-operatoria”

Ne parliamo con il dottor Michele Massaro, responsabile del Centro Ortopedia Protesica Robotica e Ricostruttiva Avanzata Mininvasiva del Policlinico San Pietro

Settimana scorsa vi abbiamo parlato di artrosi all’anca, di quando diventi necessario ricorrere a un intervento di protesi e in cosa consista questa operazione. Torniamo ora sull’argomento, sempre con il dottor Michele Massaro – specialista in Ortopedia e Traumatologia, esperto nella chirurgia protesica mini-invasiva di anca e ginocchio, responsabile del Centro OPRAM – Ortopedia Protesica Robotica e Ricostruttiva Avanzata Mininvasiva del Policlinico San Pietro – per approfondire altri aspetti, sempre legati alla protesi d’anca, tra i quali le diverse tipologie di intervento e la fase della riabilitazione post-operatoria.

Tipi di operazione di protesi all’anca

“Per dare un’idea delle diverse tipologie di protesi a disposizione dei pazienti, possiamo dire che l’intervento di protesi, a seconda dei casi, può prevedere la sostituzione completa dell’articolazione malata o solo di una parte di essa, sempre con l’obiettivo di offrire la soluzione più efficace ma allo stesso tempo meno invasivo possibile. Dopo l’intervento, il paziente ha la possibilità, se lo desidera, di proseguire il ricovero in regime riabilitativo con l’assistenza di fisiatri specialisti e fisioterapisti specializzati nella riabilitazione protesica che lavorano in team e sinergia con il chirurgo ortopedico” osserva il dottor Massaro.

Recupero e riabilitazione post-operatoria

In Italia gli impianti di protesi articolari hanno raggiunto cifre impressionanti: oltre 170 mila impianti all’anno. Gran parte di questi impianti sono proprio dovuti all’artrosi all’anca. “Il problema coxartrosi potrebbe avere anche numeri più alti visto che non tutte le persone afflitte da questa malattia degenerativa si affidano all’intervento chirurgico” sottolinea lo specialista. “Questa grande diffusione della problematica ha però portato a sviluppare protocolli di riabilitazione molto efficienti e che, compatibilmente con le condizioni generali del paziente, offrono un recupero molto rapido. Ci sono molte variabili in questo delicato ambito legate prevalentemente all’età dei pazienti e alle condizioni di salute generale, ma nella stragrande maggioranza dei casi i tempi di recupero sono davvero molto brevi”. Solitamente dopo l’intervento il paziente, se non vi sono complicazioni specifiche, viene dimesso dall’ospedale nel giro di pochissimi giorni (quattro o cinque).
A questo punto sarà necessario seguire un piccolo percorso di riabilitazione post operatoria finalizzato ad abituarsi alla protesi e a fare abituare il corpo alla presenza della stessa. “A questo proposito abbiamo approntato una brochure che viene consegnata al paziente al momento del ricovero che spiega tutto quello che bisogna fare nel post operatorio compresi gli esercizi di rinforzo muscolare da eseguire quando si ritorna a casa” dice l’esperto. In poche settimane, seguendo gli esercizi di mobilità e di fisioterapia, si potrà arrivare a un recupero totale andando a riprendere l’utilizzo normale dell’articolazione, senza più dolore. I tempi di recupero dipendono molto, oltre che dalle condizioni di salute del paziente, anche dall’impegno che dimostrerà durante il processo di riabilitazione: ad alcuni più determinati bastano poche settimane, altri avranno bisogno di qualche settimana in più.

Come prevenire i rischi dell’intervento di protesi

La riabilitazione, come abbiamo visto, può fare la differenza nel recupero dell’articolazione, ma quello che è certo è che la qualità della vita del paziente, dopo l’intervento, subirà una vera e propria impennata, facendo sbiadire il ricordo delle preoccupazioni prima dell’intervento. “L’intervento chirurgico all’anca per quanto sia assolutamente mini invasivo è pur sempre un intervento chirurgico e presenta dei rischi legati principalmente a infezioni o trombosi. Le infezioni possono essere prevenute curando con molta attenzione la cicatrice dopo l’operazione andando a disinfettare la zona attenendosi alle istruzioni dei medici. La trombosi è invece solitamente da considerare come un rischio legato all’immobilità dell’articolazione. Questo rischio si presenta maggiormente per gli interventi di protesi al ginocchio visto che vi sono casi in cui sarà necessario tenere la gamba ferma. In questi casi specifici, durante l’inattività della gamba sarà prevista una cura a base di farmaci anticoagulanti per prevenire la formazione di questo tipo di pericoli.
È bene ricordare, come regola generale, che nella fase post operatoria il nemico numero uno è la mancanza di movimento. Fare esercizi riabilitativi, con costanza, ha un’importanza cruciale in questo tipo di contesto” conclude lo specialista. Le complicanze legate all’inserimento della protesi all’anca sono davvero poche, soprattutto quelle tardive. I tassi di complicazione sono al di sotto dell’1%. “Vi sono però da considerare, come ipotesi, delle problematiche che si potrebbero verificare anche a distanza di molto tempo dall’intervento chirurgico. In questi casi, piuttosto rari, la protesi non fa il suo lavoro in maniera corretta: si potrebbe avere infatti un movimento della protesi non perfetto che porterebbe alla necessità di un nuovo intervento per la revisione della stessa e del suo funzionamento. Problemi di questo tipo, seppur rari, possono presentarsi qualora la protesi venga malposizionata o si saldi in modo sbagliato all’interno dell’articolazione. Per prevenire questa tipologia di problemi è bene tenere sott’occhio l’articolazione rivolgendosi allo specialista qualora si sentano dolori o fastidi alla protesi. Prestare attenzione al funzionamento della protesi di anca, magari anche con qualche consulto periodico dallo specialista, può essere un modo per evitare ulteriori interventi chirurgici” conclude il dottor Massaro.

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