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L'intervista

Omicron 4 e 5, Ariela Benigni: “Protezione dei vaccini in calo, vanno aggiornati”

Queste due sottovarianti vengono chiamate rispettivamente con la sigla BA.4 e BA.5: ecco le loro caratteristiche e i sintomi

“Rispetto alla sequenza registrata all’inizio della pandemia a Wuhan, il virus è mutato molto. Con la diffusione delle nuove varianti, l’efficacia dei vaccini sta diminuendo: è necessario aggiornarli”. Così la dottoressa Ariela Benigni, coordinatore dell’Istituto Mario Negri, traccia il punto della situazione su Omicron 4 e 5.

Queste due sottovarianti, che vengono chiamate rispettivamente con la sigla BA.4 e BA.5, sono state identificate per la prima volta in Sudafrica a inizio marzo e nelle scorse settimane sono stati segnalati casi in diversi Paesi del mondo.
Per saperne di più, abbiamo intervistato la dottoressa Benigni, chiedendole informazioni su caratteristiche e sintomi.

Cosa sappiamo delle nuove varianti Omicron 4 e 5?

Si tratta di sottovarianti di Omicron, che vengono chiamate utilizzando le sigla BA.4 e BA.5. Sono state scoperte e sequenziate in Sudafrica all’inizio del marzo scorso e nelle settimane successive hanno fatto registrare una diffusione crescente e rapida: inizialmente solo il 5% dei casi in Sudafrica era dovuto a queste due sottovarianti, mentre ad aprile l’incidenza è aumentata in maniera significativa, raggiungendo il 50% dei contagi. BA.4 e BA.5, quindi, mantengono l’elevata trasmissibilità che contraddistingue la variante Omicron.

Oltre al Sudafrica, sono state riscontrate in altri Paesi?

La sottovariante BA.4 al momento è stata rilevata soprattutto in Sudafrica, ma sono stati evidenziati casi anche in Botswana, Belgio, Danimarca e Regno Unito. Casi di BA.5, invece, sono stati segnalati in Cina, Francia, Germania e Portogallo oltre che in Sudafrica. Secondo gli ultimi aggiornamenti del ministero della salute (survey) che risalgono allo scorso aprile, non ne è stata rilevata la presenza nel nostro Paese. Dati preliminari dell’Istituto Superiore di Sanità invece suggeriscono che ci possono essere casi, per ora pochi, in Italia e particolarmente in Lombardia. Proprio dei giorni scorsi è la notizia della rilevazione di quattro casi di Omicron BA.4 in Lombardia, di cui uno a Monza. La situazione viene tenuta costantemente monitorata.

Ma cosa differenzia Omicron 4 e 5 dalle sottovarianti precedenti?

BA.4 e BA.5 presentano una particolare mutazione nel sito di attacco della proteina Spike al recettore ACE2, che costituisce la “serratura molecolare” che il virus deve aprire per entrare nelle cellule per infettare il nostro organismo. Alla luce di questa peculiarità, il problema è che gli anticorpi che produciamo in seguito alla vaccinazione anti-Covid-19 vengono sviluppati soprattutto contro la proteina Spike, quindi bisogna capire quanto i vaccini siano in grado di proteggerci da queste sottovarianti.

Ci spieghi

Potrebbero sfuggire alla protezione della vaccinazione perché i vaccini che abbiamo a disposizione sono stati disegnati sulla proteina Spike relativa al ceppo individuato a Wuhan all’inizio della pandemia. Nel frattempo il virus è cambiato moltissimo ma i vaccini non sono stati ancora aggiornati: bisogna capire la protezione che sono in grado di fornirci la vaccinazione e l’immunità naturale rispetto a BA.4 e BA.5. Uno studio molto recente che non è ancora stato pubblicato ha indagato la capacità degli anticorpi di neutralizzare il virus.

Di cosa si tratta?

È un lavoro effettuato da un gruppo molto folto di ricercatori sparsi in tutto il mondo. Sono stati coinvolti studiosi di prestigiose università e laboratori, spaziando fra Sudafrica, New York, Londra, Berlino e Seattle. Vi ha preso parte anche il professor Tulio de Oliveira, leader del team che ha identificato la variante Omicron in Sudafrica e sta studiando le sue varianti. Per realizzare questo studio sono state reclutate due tipologie di soggetti: la prima comprende persone vaccinate con Pfizer o Johnson&Johnson, mentre la seconda pazienti che non avevano effettuato la vaccinazione ma avevano contratto Omicron 1. Isolando gli anticorpi in laboratorio, si sono ricavate indicazioni sulla capacità di neutralizzazione del virus in entrambi i profili.

Cos’è emerso?

La capacità di neutralizzazione del virus è risultata maggiore nei pazienti vaccinati rispetto a quelli che non avevano effettuato la vaccinazione ed erano stati infettati da Omicron 1. La copertura, però, in entrambe le tipologie di pazienti, è in calo in confronto a quanto avveniva con le varianti precedenti. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature nel febbraio 2022 ha evidenziato che la capacità di neutralizzare Omicron da parte degli anticorpi indotti da vaccino o da vaccino più immunità naturale era ridotta del 22%. Osservando i dati raccolti dalla nuova ricerca si è notata un’ulteriore riduzione di questa capacità. Il calo si aggira attorno al 2-3% nei soggetti vaccinati e al 7% in quelli non vaccinati che sono stati infettati da Omicron 1. Non va dimenticato, più in generale, che la protezione del vaccino è limitata nel tempo e man mano si riduce. Al momento fortunatamente, in assenza di gravi patologie che possono compromettere le condizioni del paziente, il rischio di contrarre la malattia in forma severa viene prevenuto. Questa considerazione, però, non vale per la re-infezione.

In che senso?

Le persone che hanno avuto Covid-19 da Omicron 1 possono infettarsi con BA.4 e BA.5, quindi bisogna continuare a stare molto attenti. Non ci si deve sentire sicuri: il rischio di re-infettarsi c’è per tutti, ma è maggiore per chi non è vaccinato e rimane alto per chi è guarito da Omicron 1. La vaccinazione, dunque, resta il cardine: ci protegge dalla forma grave ma non è possibile avere un vaccino che sia efficace per tutte le sottovarianti perché con ogni probabilità il virus continuerà a mutare.

Ma bisognerà vaccinarsi ancora?

Bisogna osservare l’andamento della pandemia. In futuro, magari in autunno, si potrebbe pensare a una somministrazione simile a quella dell’antinfluenzale che si riceve annualmente. Bisognerebbe, però, aggiornare i vaccini per renderli più efficaci contro le nuove varianti. Ci stanno lavorando diverse aziende tra cui Pfizer eBioNTech, anche se il virus muterà ancora. È utile avere anche nuovi anti-virali: per ora quello in grado di dare i risultati migliori è Paxlovid (la pillola prodotta dalla Pfizer, ndr), ma va preso precocemente, entro cinque giorni da quando si è positivi. Con Paxlovid sono stati segnalati casi che hanno avuto una ripresa dei sintomi, anche se in forma più lieve, pochi giorni dopo la fine del trattamento. La particolarità di Paxlovid risiede nella possibilità di essere prescritto dal medico di base: si può assumere a casa senza essere ricoverati in ospedale.

Per concludere, quali sono i sintomi di BA.4 e BA.5?

I sintomi che sono stati riferiti consistono nel “naso che cola”, spossatezza, vertigini, dolori addominali e otiti, mentre rispetto alle varianti precedenti sembrano essere meno frequenti febbre e tosse. Non si esclude che la malattia possa evolvere in una polmonite, quindi bisogna stare molto attenti. Per quanto riguarda la gravità, in Sudafrica, dove è stata segnalata per la prima volta, non si sono annotate particolari variazioni nel numero dei ricoveri in ospedale, ma se si verificasse un significativo aumento dei contagi – per una questione matematica – potrebbero crescere anche i casi gravi.

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