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L'iniziativa

La storia della sanità a Bergamo diventa accessibile a tutti

Grazie alla piattaforma digitale xDams i risultati dei progetti di ricerca dell’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo sono consultabili da chiunque

Per la prima volta i risultati delle ricerche dell’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo sono a disposizione di tutti. Basta consultare il sito dell’associazione culturale: “La piattaforma digitale xDams è il regalo che ci ha fatto la Fondazione della Comunità Bergamasca, sostenendo la nostra ricerca. È uno strumento interrogabile, dialogante, open source, aperto al pubblico”, spiega la Presidente dell’associazione, Maria Mencaroni Zoppetti. “Non sarà dunque più necessario toccare documenti storici, che così verranno tutelati. Tutto è stato fotografato, trascritto in lingua latina e spiegato in lingua italiana”. La piattaforma ospita tutti gli archivi ad oggi in possesso dell’associazione, sia quelli ricavati dalla catalogazione dei beni librari, documentali, artistici di proprietà dell’Istituzione, sia quelli dispersi per vicissitudini varie, recuperati virtualmente e messi a disposizione di studiosi e utenti attraverso i database elaborati nella piattaforma. Le potenzialità dello strumento digitale hanno già permesso all’Ateneo di intraprendere il progetto “Per una storia della sanità a Bergamo”, rendendo consultabili online testamenti di uomini e donne nella Bergamo del Duecento. Il progetto si arricchisce ora della ricerca dedicata ai “Calamitosi tempi di contagio”, i terribili anni della grande peste manzoniana del 1629-1630. Si tratta di 43 testamenti di uomini e donne – tra queste c’è anche una quattordicenne – in cui si è imbattuta del tutto casualmente la studiosa “per passione”, così si definisce, Laura Billa, durante una ricognizione di documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Bergamo.

Generico maggio 2022

Le ultime volontà raccolte in fretta e furia. Oggi chiameremmo cluster quello individuato tra Rosciano e Ponteranica da Billa, come lei stessa racconta: “Stavo facendo delle ricerche riguardanti la mia famiglia e ho trovato questi documenti tutti riconducibili allo stesso territorio, allo stesso momento storico e soprattutto rogati dallo stesso notaio della Misericordia Maggiore, Marco Antonio Benaglio”. Il notaio viene chiamato in fretta a furia a raccogliere le ultime volontà di uomini e donne, anche di sei persone in un giorno. Non c’è tempo, la peste decima la popolazione. I sani devono lasciare la città, come raccomanda la Commissione di sanità per la peste, di cui fa parte il medico Paolo Benaglio, fratello di Marco Antonio.

Nazzarina Invernizzi, ricercatrice indipendente, ha collaborato alla trascrizione dei documenti e ha ricostruito il contesto: “In quel momento storico i testatori erano solitamente estremamente scrupolosi nella redazione del testamento, indicando precisamente quali averi destinare a chi. Il fatto che i documenti siano così sintetici e scarni (con la formula: “lascio tutti i miei averi a ….”) ci manifesta la drammaticità del momento. Come del resto, il fatto che il testatore individuasse un primo erede (di solito il figlio maschio) ed un secondo erede, qualora il primo morisse di peste (di solito si tratta della Chiesa)”. C’è un altro elemento di interesse sottolineato da Invernizzi: “Per la prima volta nei miei studi ho consultato tre atti di persone che chiesero di farsi seppellire in campagna, pagando il contadino che coltivava le terre di proprietà, per non finire nelle fosse comuni, sulle rive del Morla. In un secondo tempo il contadino avrebbe dovuto riesumare il corpo e provvedere alla sepoltura nella tomba, in chiesa per coloro che potevano permetterselo”.

Generico maggio 2022

Curioso che Laura Billa abbia trascritto i testi proprio durante il lockdown: “C’erano tante assonanze con quello che stavamo vivendo tutti. Anche nel Seicento c’erano persone che negavano l’evidenza della malattia, comprese le autorità in alcuni casi, e questa è stata la causa di migliaia di morti, perché non sono state prese le precauzioni date dai medici e dai commissari. Inoltre, inizialmente molte attività non si sono fermate, come ad esempio la Fiera di Bergamo”.

Il testamento come atto di cura. L’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo ha già avviato una nuova ricerca su alcuni documenti dell’Ottocento relativi alla formazione degli operatori sanitari, perché la storia della sanità a Bergamo ha ancora molto da raccontare, come sottolinea la Presidente Mencaroni Zoppetti: “Vediamo tanta lungimiranza nella scelta di Fondazione di sostenere il nostro progetto, che potrebbe sembrare di nicchia, ma non lo è. Stiamo costruendo trame di memoria collettiva attraverso la conoscenza. Il testamento non è un documento sanitario sulla malattia, ma è un atto che racconta la cura. Quella di chi desidera lasciare un segno riconoscibile delle proprie scelte, pensando a quelli che rimangono. Lasciando indicazioni, perché le donne siano tutelate, ad esempio perché alla moglie resti la casa”. Di cura parla anche Simona Bonaldi, vicepresidente Fondazione Comunità Bergamasca: “Grazie alla libera consultazione consentita dalla piattaforma digitale e al contributo delle due studiose, tutti potranno approfondire la conoscenza di uno dei periodi più bui della storia di Bergamo, e che pure presenta tante assonanze con quello che abbiamo vissuto negli ultimi due anni. La Fondazione rinnova con convinzione il sostegno al progetto di ricerca sulla ‘Storia della sanità a Bergamo’, perché crede nel valore della cultura e si impegna perché sia partecipata, condivisa e accessibile. Cultura e sviluppo civile sono strettamente connesse e, volendo fare nostra la visione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, anche in questo caso dall’esperienza della vulnerabilità può nascere una condivisione di storie, memoria, risorse. È la cultura che cura e pacifica”.

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