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La denuncia

Legambiente: edifici e colonie fatiscenti ad Ardesio, Selvino, Foppolo, Piazzatorre e Castione

L'associazione ambientalista fotografa il paesaggio italiano d’alta quota attraverso un’inedita rassegna degli edifici fatiscenti e abbandonati nella bergamasca

C’è anche “Sciesopoli”, la colonia di Selvino che nel ’45 accolse 800 ragazzi scampati alla Shoah, tra gli edifici fatiscenti censiti da Legambiente.

In 66 schede l’associazione ambientalista italiana fotografa il paesaggio italiano d’alta quota tempestato da una consistente quantità di edifici abbandonati, per lo più in stato di decadimento.

“Sono davvero tante queste strutture, più di quanto si possa immaginare, ma non si tratta di antichi borghi disabitati. Sono edifici di dimensioni medie o grandi, per lo più legati all’industria dello sci anche se non esclusivamente”, si legge nella prefazione del report “Abitare la montagna nel post Covid-19″ pubblicato da Legambiente ad aprile.

“Difficile ipotizzarne le cause dell’abbandono: per gli hotel possono essere riconducibili al cambiamento della domanda turistica per assenza di neve, o alla necessità di ingenti reinvestimenti di ammodernamento, mancati adeguamenti tecnici o più semplicemente a scelte imponderate rispetto ai flussi turistici, se non a speculazioni di basso cabotaggio. Nell’elenco ci sono anche strutture usate nel passato a scopi diversi e che una volta cessato il bisogno sono state abbandonate, lasciate senza una prospettiva. È il caso delle caserme di confine o delle colonie” come Sciesopoli progettata dall’architetto Vieti Volli di Milano.

“Sciesopoli è stata inaugurata nel giugno del 1933 e fino agli anni ‘80 ospitava una colonia estiva. Negli anni l’edificio di 4 piani è stato saccheggiato e vandalizzato. Il sito si estende su 29.000 mq. La proprietà Immobiliare Schiavo di Vallo della Lucania, vorrebbe vendere ma pare impossibile. La popolazione ha recentemente firmato una petizione per salvare la memoria di Sciesopoli”.

Le altre colonie bergamasche censite da Legambiente sono la “Colonia Montana bergamasca” di Piazzatorre e la colonia alpina “Mario Garbagni” di Castione della Presolana.

“L’inaugurazione della colonia montana bergamasca, nota anche come Opera Bergamasca per la salute dei fanciulli, di Piazzatorre – scrive l’associazione ambientalista – venne fatta nel giugno del 1903 e l’Opera Bergamasca operò fino alla fine degli anni ‘90 del XX secolo. Oggi è in stato di abbandono e visibilmente degradata”.

La colonia alpina “Mario Garbagni” è stata voluta dalla società Dalmine che “decise nel 1930 di costruire una colonia alpina per ospitare i figli dei dipendenti. Dagli anni ottanta ci sono state diverse ipotesi di riconversione della struttura: casa di riposo, albergo, struttura per il fitness e altro. Poi il destino della colonia Dalmine sembrava quello di ospitare l’istituto alberghiero, un campus per l’università o una “summer school”, ma ad oggi l’edificio è in stato di abbandono e degrado e non si sa ancora nulla del suo futuro”.

Le strutture bergamasche in stato di abbandono, sempre in quota, riportate da Legambiente sono: l’Albergo Pià Spiss di Ardesio e il rifugio Giretta di Foppolo.

“La società privata Valcanale srl, in liquidazione dal 1997, è proprietaria del comprensorio (250 ettari nel Par- co delle Orobie bergamasche). Nel 2013 è stato interdetto l’accesso all’ex albergo. Sotterrata nel piazzale antistante all’hotel è stata trovata moquette, che ARPA Lombardia ha dichiarato non pericolosa. La strada, costruita per raggiungere l’albergo, è chiusa con una sbarra e presenta crolli”.

“L’ex rifugio alla partenza dell’impianto di risalita della Val Carisole, tra Foppolo e Carona, aperto negli anni ‘70 era molto frequentato quando era in funzione lo skilift. Chiuso dal 2005, è ormai un rudere abbandonato e una discarica di materiali di cantiere. L’ultimo aggiornamento a dicembre 2021, è l’intenzione da parte della società Devil Peak, proprietaria dei terreni e dell’impianto di risalita Valgussera realizzato a pochi metri di distanza, di demolirlo nel 2022 e ricostruirlo in una posizione più sicura dal punto di vista idrogeologico perché attualmente è nei pressi del Rio Caricole”.

“Quale futuro per questa molteplicità di edifici? Potrebbero costituire nuove soluzioni alla domanda di edilizia popolare? O di servizi? O più semplicemente possono servire per evitare nuovi consumi del suolo?” si domanda Legambiente e l’associazione “ricorda che per un mercato immobiliare post Covid- 19, rinvigoritosi nelle aree montane in montagna, c’è sempre il rischio di una ripresa consistente del consumo di suolo, che invece dovrebbe essere azzerato, privilegiando la riqualificazione e il riuso del costruito”.

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