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Appunti & virgole

È un’Ata-lenta: fa quello che può, ma fino all’ultimo non deve mollare fotogallery

Si invertono le parti: la Salernitana gioca come la Dea dei bei tempi. Nerazzurri avanti piano, con la forza dei nervi

Ma quante volte abbiamo commentato: quella squadra ha fatto l’Atalanta? Cioè ha giocato come tante volte avevamo visto giocare la Dea? Troppe, ormai.

La Salernitana del posticipo sembrava l’Atalanta delle notti magiche, nel Gewiss dove i nostri eroi non riescono più a vincere e sono passati ormai, in campionato, più di due mesi.

Ma per vincere serve quel furore agonistico che l’Atalanta da qualche tempo ha perso, abbinato a una precisione che pure è venuta a mancare nel girone di ritorno. Il dato dei tiri è purtroppo esemplare: 20 dell’Atalanta, ma in porta solo 5, per la Salernitana 11 tiri e in porta ne finiscono 9. Fortunatamente Musso ha fatto buona guardia e dopo il gol non si è lasciato più superare.

Così ancora una volta la missione per i tre punti subisce una brusca frenata, col Toro applaudiamo ai due gol rimontati, con la Salernitana tiriamo un sospiro di sollievo per il pari rimediato da Pasalic: il cannoniere con 12 gol, uno che dovrebbe giocare sempre, per la sua capacità di essere decisivo in zona gol.

Sono rimasti lui e Muriel e purtroppo per Lucho non è serata, anche lui finisce intrappolato e senza possibilità di nuocere nel mucchio selvaggio delle maglie granata, loro sì che arrivano ovunque e prima dei nostri.

Sarà pure la fame, la voglia di salvarsi, ma certo se non hai questo spirito non prendi i punti per restare in A e nemmeno quelli per andare in Europa. Quello spirito che l’Atalanta ha mostrato di avere soprattutto nelle serate europee o nella prima parte del campionato.

Che cosa è successo? L’Atalanta di oggi resta appesa alla forza dei nervi, alla voglia di non mollare mai che comunque è nel Dna di questo gruppo. Quella forza che le permette di recuperare anche negli ultimi minuti, almeno per non perdere e segnare ancora una volta sotto la Nord, la Curva che trascina alla rimonta.

Andare oltre è più complicato. Una volta l’Atalanta finiva sotto e poi riemergeva più forte segnando due, tre gol.

Oggi c’è uno Zapata, fisicamente in campo, ma lo Zapata normale avrebbe fatto due gol solo nel primo tempo: di piede o di testa, la mira è ancora approssimativa, i contrasti con gli avversari finiscono spesso con Duvàn che allarga le braccia come impotente dopo aver perso palla, se non arriva dopo.

Però Zapata lotta come un leone, chiaro che l’infortunio lo ha penalizzato e dopo quattro mesi attendiamo sempre fiduciosi.

Da Boga ci si aspetterebbe molto di più. E, a parte una punizione conquistata nel primo tempo, i suoi dribbling restano quasi sempre fini a sè stessi, senza avere le intuizioni di Muriel per come sa inventare un assist, o di Malinovskyi che l’assist lo fa, quando manda in gol il bravissimo Pasalic. Insomma, Boga salta anche qualche volta l’avversario, ma poi gli manca la sintonia con i compagni per concludere a rete. L’Atalanta ne soffre tantissimo, perchè oggi manca di qualità, quando bisognerebbe arrivare al dunque e trovare la porta dopo aver fatto girare palla e gli avversari hanno invece tempo per piazzarsi e chiudersi.

Palomino anticipa e tampona e suona la carica. Ce ne vorrebbero undici come lui, ma non è colpa degli altri se le gambe non rispondono più come dovrebbero, perché diversi giocatori sono in riserva di energie. O corrono male, non più con la lucidità di prima, quando poi perdono palla è un invito a nozze per chi con tre passaggi sa arrivare nella tua porta.

La classifica? Sembra che stia diventando un braccio di ferro con la Fiorentina, che pure non sta benissimo, le aveva già prese dalla Salernitana e ora se la vedrà con la Roma.

L’Atalanta guardi a sè stessa e stringa i denti, senza alzare le mani dal manubrio.

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